Gianluca Veneziani, Libero 11/6/2014, 11 giugno 2014
MA SE IL MARITO CAMBIA SESSO IL MATRIMONIO È ANCORA VALIDO?
Un uomo sposa una donna. Poi l’uomo diventa donna. Il loro matrimonio è ancora valido? Dovrà porsi questa domanda rompicapo la Corte Costituzionale, che con ogni probabilità oggi deciderà se annullare o meno le nozze in cui uno dei due partner ha cambiato sesso. Il marito che da uomo è diventato donna si chiama ora Alessandra Bernaroli, e nel 2005 quando ancora si chiamava Alessandro ha sposato sua moglie con nozze regolarmente celebrate in chiesa.
È poi nel 2007 che comincia la vera e propria trasformazione: non è dato sapere ovviamente dei privati avvenimenti, resta il fatto che Bernaroli va negli Stati Uniti per sottoporsi a un intervento di cambio della voce, e l’anno successivo è in Thailandia per un’operazione di “riattribuzione chirurgica” del sesso. A quel punto Alessandro, ormai Alessandra, si reca in anagrafe a Bologna (dove risiede) per chiedere la modifica sulla carta d’identità. Gli addetti dell’ufficio comunale gliela rilasciano. Ma i problemi si pongono quando Alessandra domanda al Comune uno stato di famiglia necessario per la denuncia dei redditi: la Bernaroli ha infatti a carico la coniuge, con cui vive in comunione di beni. Il Comune si rifiuta di concedere il documento: rilasciare lo stato di famiglia significherebbe riconoscere un matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Per questo gli uffici comunali emettono addirittura un incartamento in cui risulta che Alessandra e la moglie sono due nuclei familiari distinti.
È l’inizio della battaglia legale. I coniugi la moglie di Bernaroli è decisa a portare avanti il matrimonio, nonostante il cambio di sesso del marito si rivolgono al tribunale di Modena. Il quale dà loro ragione, annullando la notifica di scioglimento del matrimonio da parte del Comune. Il ministero dell’Interno fa tuttavia ricorso in Corte di Appello, sostenendo che mantenere il vincolo matrimoniale tra due persone dello stesso sesso va «contro l’indispensabile principio di legittimità»: in sostanza è contro la legge. Il matrimonio viene così dichiarato nullo. E però Bernaroli e consorte si rivolgono in Cassazione, la quale tiene conto degli argomenti dei legali della coppia. E sostiene che decidere per legge l’annullamento del vincolo coniugale sia una violazione che «sopprime la volontà individuale e cancella in modo imperativo una relazione affettiva duratura». Il procedimento finisce alla fine alla Consulta, che per l’appunto oggi, riunita in Camera di Consiglio, deciderà l’esito della vicenda giudiziaria. Con una sentenza in ogni caso destinata a far discutere.
Se infatti la Corte Costituzionale considerasse ancora valido il matrimonio tra Alessandra Bernaroli e sua moglie, si tratterebbe di un clamoroso riconoscimento ex post delle nozze gay o comunque di un precedente che darebbe per la prima volta dignità giuridica alle unioni omosessuali. Se viceversa bocciasse il ricorso dei due coniugi e annullasse il matrimonio, si andrebbe incontro a una sorta di divorzio imposto ex lege.
«Procedere all’annullamento – sostiene l’avvocato matrimonialista Gianni Pizzo sarebbe una forzatura, un vulnus giuridico, che non terrebbe conto del sacrosanto principio di autodeterminazione. Per di più, porrebbe problemi sul piano patrimoniale. Visto che i due coniugi sono in comunione di beni, e manca sia un divorzio consensuale che giudiziale, ci vorrebbe un ulteriore processo per stabilire come Bernaroli e la moglie dovranno dividersi le proprietà».
Il punto chiave resta comunque l’identità di Bernaroli. Se all’anagrafe è registrato come Alessandra, negli atti di matrimonio il suo nome è ancora Alessandro. Sciogliere la sua unione con la moglie implicherebbe dunque, almeno ufficialmente, la volontà dello Stato di rompere un matrimonio tra un uomo e una donna Allo stesso tempo, tuttavia, la Consulta dovrà tener conto della conformità della condizione vissuta oggi dai due coniugi con l’articolo 29 della Costituzione, che definisce la famiglia una «società naturale fondata sul matrimonio». È ancora «società naturale», e dunque famiglia, l’unione tra Alessandra e la coniuge? O siamo in una situazione che, di fatto, smentisce quanto è stato riconosciuto secondo diritto?
Oggi l’ardua sentenza. E ci sarà comunque da discutere.