Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 11 Mercoledì calendario

«BRUTI DOVEVA COINVOLGERE ROBLEDO NELL’INCHIESTA RUBY»


ROMA — Il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, avrebbe dovuto motivare meglio l’assegnazione del caso Ruby a Ilda Boccassini: «avvenuta nella prima fase solo verbalmente» e «successivamente confermata con provvedimento formale privo tuttavia di motivazione». Avrebbe dovuto anche mettere in atto un «formale coinvolgimento» del suo aggiunto Alfredo Robledo per l’inchiesta Ruby bis e Ruby ter. Anche se né questo, né gli altri rilievi denunciati nell’esposto al Csm dal suo vice, hanno comportato «conseguenze pregiudizievoli per le indagini».
Ma saranno gli organi disciplinari ai quali «gli atti devono essere trasmessi» a vagliare queste e le altre anomalie emerse riguardo alle inchieste Sea ed Expo: dal «ritardo nella trasmissione del fascicolo» da parte del procuratore capo, all’«inerzia di Robledo a sollecitare» quegli atti, al presunto doppio pedinamento, via via fino alla «prospettata messa a rischio delle indagini per effetto delle trasmissioni degli atti al Csm» inviati da Robledo.
Ecco la proposta al plenum della settima commissione del Csm, chiamata a valutare se dal punto di vista organizzativo Bruti Liberati abbia compiuto illeciti o violazioni. La relazione della presidente Giuseppina Casella, sulla scia di quanto assicurato al Csm dal procuratore generale di Milano Manlio Minale, conclude che a Milano non ci sono stati né insabbiamenti, né depistaggi. Anzi: «La risposta impersonale dell’ufficio è stata tempestiva ed efficiente».
Ma ora si attende l’esito dei lavori della prima commissione: quella che si occupa di eventuali incompatibilità ambientali. Ieri la riunione è finita in un nulla di fatto, con i consiglieri divisi su tre orientamenti: se sembra ormai scontata l’archiviazione, ci si divide sull’accento da porre nella relazione sugli aspetti disciplinari relativi a entrambi i magistrati, da trasmettere per competenza al procuratore generale Gianfranco Ciani, che ha già avviato la fase istruttoria di un procedimento. C’è chi vorrebbe che fosse una trasmissione formale, chi ritiene che non sia necessario. E chi, come il consigliere Racanelli, prepara una relazione di minoranza. Scontata la trasmissione alla quinta commissione, competente per gli incarichi direttivi, che sta per valutare le riconferme dei ruoli di Bruti Liberati e Robledo, entrambi in scadenza. Il tutto, salvo altri ritardi, potrebbe concludersi il 18 giugno con la votazione finale del plenum.
Chissà se farà prima Bruti Liberati a cambiare i criteri organizzativi del suo ufficio. Il procuratore ha già inviato ai suoi aggiunti e sostituti un documento che contiene nuove indicazioni anche per le assegnazioni delle inchieste. Secondo quelle disposizioni gli aggiunti non potrebbero essere più co-assegnatari delle inchieste assieme ai pm. Se ne discuterà presto in un’assemblea.
Proprio di organizzazione parla la relazione della settima commissione. Mancanza di una precisa disciplina sulle assegnazioni delle inchieste, «prassi disomogenee», motivazioni poco trasparenti o omesse. Come nel caso Ruby, assegnato alla Boccassini, per l’«effetto trascinamento» dovuto all’arrivo nel suo pool del pm che se ne occupava. Motivando meglio questa assegnazione, fa notare la commissione, si sarebbe «scongiurata qualunque possibilità di rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica di indagini delicate concernenti un esponente di spicco della politica nazionale». Leggi Silvio Berlusconi. Anche nel caso del Ruby bis e Ruby ter la «prassi» sulla base della quale il fascicolo fu assegnato al pm Pietro Forno, per i consiglieri, «non si pone in linea» con «i criteri organizzativi dell’ufficio». Sarebbe stato necessario un coinvolgimento formale di Robledo. Come quando, si rileva, nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffaele «si è proceduto all’iscrizione di fatti corruttivi e non è stata attivata la necessaria interlocuzione» con il procuratore aggiunto. Un passaggio che doveva essere compiuto per «verificare la possibilità di una coassegnazione» dell’inchiesta, che era nelle mani del dipartimento guidato da Francesco Greco.
Le criticità vengono ripercorse negli episodi ricostruiti. La vicenda del San Raffaele nella quale Robledo lamenta di aver ricevuto da Bruti l’ordine «di non disporre alcuna nuova iscrizione e di non prendere alcuna iniziativa di indagine». Essendo state, come ha fatto notare l’aggiunto Francesco Greco «in corso trattative sulle quali Bruti non vorrebbe che le indagini influiscano». L’inchiesta Sea con la «deplorevole dimenticanza», ammessa da Bruti Liberati, del fascicolo lasciato nel cassetto per il ponte di Sant’Ambrogio e qualche mese oltre. La vicenda Expo, assegnata alla Boccassini malgrado l’istruttoria abbia poi «consentito di effettuare solo contestazioni di episodi corruttivi nella sanità lombarda». La settima commissione però spiega che il progetto organizzativo della procura milanese è nato a cavallo della riforma dell’ordinamento e «mostra oggi significative lacune». Bruti Liberati già corre ai ripari.