Caterina Pasolini, la Repubblica 11/6/2014, 11 giugno 2014
ALESSANDRA, DA UOMO A DONNA “SFIDO LO STATO: NON DIVORZIO”
[Intervista ad Alessandra Bernaroli] –
ROMA.
«È cambiato il mio corpo, non il nostro legame, per questo mi batto nei tribunali: difendo il nostro amore, il nostro matrimonio. Mi sono innamorato di lei quasi 20 anni fa quando ero uomo e ci vogliamo bene come quel giorno, anche se dopo un lungo travaglio e tante operazioni sono diventato anch’io una donna. Perché allora lo Stato ci vuole separare, ci vuole divorziati contro il nostro desiderio? E poi, che delusione da Renzi». Alessandra Bernaroli quarantenne bolognese, ieri con sua moglie, anche lei Alessandra, è entrata in Corte Costituzionale assieme agli avvocati Bilotta e Tonioni che difendono la coppia contro lo Stato che ha annullato il loro matrimonio dopo il cambio di sesso. L’ultima tappa giudiziaria. Dopo aver vinto la causa in tribunale, l’hanno persa in appello, ma hanno fatto ricorso in Cassazione, che ha rimesso gli atti alla Consulta ora chiamata ad esprimersi sulla legittimità della norma che annulla il matrimonio in caso di cambio di sesso di uno dei coniugi.
Perché l’ha delusa Renzi?
«Abbiamo scoperto che oltre alla memoria dell’Avvocatura dello Stato all’epoca del governo Letta, contro la nostra richiesta se n’è aggiunta venerdì scorso una nuova, lunga ben 24 pagine, a nome della Presidenza del consiglio».
Cosa dice?
«In pratica che se uno sceglie di cambiare sesso dovrebbe sapere a cosa va incontro, ovvero allo scioglimento del matrimonio. Ne parlano come se cambiare sesso fosse una libera scelta, un divertimento. Se uno è un transessuale non ha scelta, si nasce stretti in un corpo che non si riconosce, che non corrisponde alla nostra anima. In altri Paesi europei per situazioni come questa hanno trovato soluzioni specifiche».
Com’era la vita da Alessandro?
«Da piccolo non capivo, mi piaceva stare con le bambine, volevo rubare i segreti della loro femminilità che mi attraeva, sognavo di diventare una donna, ma cosa fosse la transessualità non ne avevo proprio idea. Non c’era Internet, né informazioni per un ragazzino di provincia».
Cercava di essere femminile?
«Assolutamente no, cercavo di essere come pensavo di dover essere: un uomo. Andavo in palestra, avevo un fisico costruito con ore e ore di body building. Cercavo di non pensare, di soffocare l’insofferenza, il senso di estraneità quando mi guardavo allo specchio».
Poi è arrivata Alessandra.
«Ci siamo innamorati e dopo dieci anni ci siamo sposati. A lei ho nascosto il mio tormento interiore, questo mio sentirmi chiuso in una prigione, in un corpo che vivevo come un nemico. Facevo di tutto per allontanare questi pensieri, per soffocare la mia vera identità».
Quando è cambiato tutto?
«Da mia moglie mi sentivo amato, accettato, era il mio porto, il mio punto di riferimento tanto che alla fine ho trovato il coraggio di raccontarle quello che neppure a me stesso ero riuscito a spiegare per una vita».
E sua moglie come l’ha presa?
«È rimasta incredula, sconvolta, ma, forse anche perché credente, ha cercato di capire e alla fine ha deciso di dividere con me il faticoso percorso di cambiamento. Mi è stata sempre accanto, nelle operazioni fisiche e nel travaglio psicologico. Il nostro è un rapporto d’amore vero che non si è lasciato spezzare dalle difficoltà. È un progetto di vita».
Il Comune però non lo ha accettato.
«Quando ho chiesto la nuova carta di identità mi hanno scritto: matrimonio annullato visto il cambio di sesso. Da lì è cominciata la nostra battaglia».
Siete per i matrimoni gay?
«Siamo per i diritti di tutti coloro che si amano, ovviamente, ma la nostra storia è diversa. La norma dice che si può sciogliere il matrimonio in caso di cambio di sesso, non che si debba per forza farlo. E noi non lo vogliamo proprio. Siamo una coppia innamorata come tante, io lavoro in banca e mia moglie, vittima della crisi, ora è disoccupata e fa la casalinga. Mi tratta da vera regina quando torno a casa».
Problemi su lavoro?
«No, è stato un percorso lento il mio cambiamento, non mi sono imposta. Anche in famiglia gli ultimi a saperlo sono stati i miei genitori. Erano spaventati e perplessi poi, anche con l’aiuto di Alessandra, ci hanno visto felici e hanno capito».
Caterina Pasolini, la Repubblica 11/6/2014