Mattia Feltri, La Stampa 11/6/2014, 11 giugno 2014
FORZA ITALIA, I VECCHI NEI GUAI CON LA GIUSTIZIA E I GIOVANI? PERDONO ELEZIONI
I vecchi vanno in galera, i giovani perdono le elezioni. La spietata e amara sintesi offerta da un buon peone di Forza Italia possiede una perfezione matematica. Anche se ieri alcuni capi del partito hanno diffuso note di rabbia e stupefazione per le notizie arrivate sul loro conto da Venezia: Gianni Letta, Renato Brunetta e Niccolò Ghedini hanno promesso querele a chi osasse proseguire nell’indicarli come centri mazzettari della spartizione Mose. Comprensibilmente, visto che i verbali diffusi a proposito di Ghedini non sono nemmeno contenuti negli atti (secondo l’avvocato Giulia Bongiorno), e visto che nessuno dei tre è iscritto nel registro degli indagati. E però la faccenda non contribuisce alla serenità del partito, sceso alle percentuali di cui si sa anche a causa del regime detentivo al quale è sottoposto il capo, Silvio Berlusconi. Ma sono le foto di gruppo che fanno venire i brividi. Quella del governo del 2008 - costituito al termine della più trionfale campagna elettorale berlusconiana - comprende una profusione di ministri finiti in cronaca nera, a cominciare da Giancarlo Galan, il più compromesso nell’inchiesta veneziana. E poi Giulio Tremonti, col suo imbarazzante braccio destro, Marco Milanese; Altero Matteoli, allibito dalle ricostruzioni di Giovanni Mazzacurati, che dice d’avergli portato soldi a casa; Claudio Scajola, trattenuto in una carcerazione preventiva che comincia a essere severamente lunga; Aldo Brancher, condannato per ricettazione nell’affare Antonveneta; Raffaele Fitto, condannato in primo grado per corruzione; Nicola Cosentino, arrestato e riarrestato per collusioni con la camorra.
Ci si augura che tutti ne escano con proscioglimenti o assoluzioni, ma è complicato immaginare una ricostruzione del partito con una classe dirigente inguaiata nella sua totalità. Uno dei fondatori, Marcello Dell’Utri, attende a Beirut di essere estradato in Italia dove lo aspetta il carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Denis Verdini, da che s’è impegnato in politica, ha accumulato un numero piuttosto competitivo di grane giudiziarie. L’elenco si sta facendo denso (e in arrivo ci sono le sentenze sulle varie evoluzioni dei processi Ruby), e quelli che sono riusciti a rimanere intonsi per una ragione o quell’altra non sono riusciti a dare un senso di particolare solidità alla loro presenza: si pensa a Mariastella Gelmini, a Mara Carfagna, cresciute molto ma non a sufficienza, e si pensa soprattutto a Giovanni Toti, nel quale Silvio Berlusconi aveva intuito - a dimostrazione che, con il titolo, il Cavaliere ha perso anche il fiuto - la novità buona a rilanciare la baracca. Il boss è così: vuole scegliersi da sé il suo rottamatore, perché li rottami tutti tra uno. Si è invaghito di Matteo Renzi. Ora gli batte cuore per quell’altro Matteo, cioè Salvini: «Ah, ce l’avessimo noi uno così...». Ci fu anche il periodo di luce di Alessandro Cattaneo, il formattatore, che Silvio volle incontrare e dopo tre o quattro volte gli venne a noia; Cattaneo da sindaco di Pavia risultava il più amato dagli italiani, secondo le bizzarre ricerche demoscopiche nostrane, ma ora è stato battuto, ha fallito il secondo mandato e così, a 35 anni (li compie amaramente domani), ha già la famosa brillante carriera alle spalle.
Di delfini, fra probabili e sedicenti, se ne sono visti molti. Anche qualche acciughina salata come i fratelli Luca e Andrea Zappacosta, conosciuti come i falchetti, e durati forse un paio di giorni. Erano amici del figlio di Daniela Santanchè, avevano bei ciuffi e bei colletti, e probabilmente la loro breve vicenda fu soprattutto folclore. Ma ricordarla serve a far capire. Infatti un giorno il grande erede è Marcello Fiori, il sergente dei club Forza Silvio, poi non se ne sente parlare per mesi. Licia Ronzulli fa il selfie con la superbadante, Maria Rosaria Rossi, ma alle Europee viene bocciata. Lasciamo perdere i ricchi retroscena sui Berlusconi jr. Ora tocca a ad Andrea Romizi, l’ultima grande speranza. Ha meno di quarant’anni, ha conquistato Perugia che, come Livorno, stava a sinistra dal 1946. Dicono che Berlusconi lo abbia già convocato ad Arcore per tastarlo. Predizione: sarà tutto meraviglioso fino al terzo incontro, quando il padrone comincerà a sbadigliare. E a pensare ai maledetti giudici, e a questo partito che non sa da che parte prendere.
Mattia Feltri, La Stampa 11/6/2014