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 2014  giugno 11 Mercoledì calendario

LA SQUADRA DEL TORINO SCOMPARE NEI CIELI DI SUPERGA


Una terrificante tragedia aeronautica è avvenuta quest’oggi. Il Fiat G 212 che trasportava i giocatori del Torino, di ritorno da Lisbona, è andato a cozzare contro la Basilica di Superga. Tutti coloro che erano a bordo dell’aereo - trentuno persone - sono perite. Essi sono i giocatori del Torino: Bacialupo, Ballarin I, Martelli, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loich, Gabetto, Mazzola, Ossola, Maroso, Operto, Bongiorni, Subert, Ladini Ballarin II e Grava, il direttore generale del Torino Agnisetta, gli allenatori Lievesley ed Erbstein, il massaggiatore Cortina, il segretario Civalieri, i giornalisti Renato Casalbore direttore di «Tutto Sport», Luigi Cavallero redattore de «La Stampa», e Renato Tosatti della «Gazzetta del Popolo», i piloti dell’aereo ca. Pier Luigi Meloni e Bianciardi, il capo marconista ten. Antonio Pangrazi, il motorista Celestino Dinca, ed Ercole Boaiuti, uno dei più noti ed apprezzati piloti, che aveva seguito la carovana come tecnico accompagnatore.
La prima notizia del disastro, avvenuta verso le 17,05 è giunta a Torino alle 17,30. Era molto vaga e diceva soltanto di un aeroplano che, data la scarsissima visibilità, a causa delle piogge e delle nubi bassissime aveva avuto un incidente nei pressi di Superga. L’eventualità che si trattasse dell’apparecchio con a bordo la squadra dei calciatori campioni d’Italia, non fu presa in considerazione, giacché, dato il maltempo, si riteneva che l’aereo dovesse giungere a Torino con ritardo sull’orario fissato. Purtroppo successive informazioni giunte all’aeronautica, alla questura e ai giornali cittadinida parte dei carabinieri della stazione di Superga, confermavano trattarsi proprio dell’apparecchio proveniente da Lisbona.
Più tardi si apprendevano i particolari precisi del grave incidente. Verso le 17 gli abitanti di Superga avevano udito il rombo di un aeroplano, che si aggirava nelle vicinanze, come per cercare la possibilità di attraversare lo spesso ostacolo delle nubi e di scorgere nella pianura oltre il Po il campo dell’aeronautica. Dopo qualche minuto di evoluzioni, il rombo dei motori a un tratto s’interruppe, per essere seguito subito dopo da un rombo più forte e più netto, quasi uno scoppio tonante e pauroso, che si ripercosse lugubremente nella vallata che dall’alto del colle, dove è sita la Basilica con le tombe dei Principi di Savoia, digrada verso il corso del Po da una parte, e dall’altra verso la catena collinosa che poi va a unirsi con quella del Monserrato. Immediatamente dopo questo scoppio, un chiarore improvviso divampò nella spessa caligine che avvolgeva il colle: era la fiammata dell’apparecchio che, nell’urto tremendo contro la collina, andava in frantumi e la benzina nei serbatoi pieni s’infiammava in un rogo immenso e pauroso. La deflagrazione e la fiammata furono di tale intensità che gli abitanti dei vari casolari sparsi per la collina e quelli ristoranti, delle ville, e delle poche abitazioni di Superga, subito ebbero la percezione del disastro avvenuto.
Qualcuno si diresse di corsa nel luogo donde era pervenuto il rombo e giunto sul posto uno spettacolo orrendo si presentò ai primi soccorsi. Su un vasto spazio della collina, erano sparsi relitti dell’aeroplano, qua un frammento d’ala o un pezzo metallico del motore, là i resti di una valigia e, fra essi, visione ancor più raccapricciante, i corpi quasi tutti carbonizzati ed irriconoscibili degli infelici passeggeri. L’urto dell’apparecchio era avvenuto contro il terrapieno sul quale si erge la Basilica si Superga, l’insigne opera del Juvara che da oltre due secoli domina dall’alto dei 700 metri della collina, la pianura, il Po e la città.
L’aereo rotava da un quarto d’ora sulla città, facendo perno sulla stazione radio del Pino. Era l’unica indicazione di cui potesse valersi il pilota, il quale credeva però di essere molto più in alto, a duemila metri, e cercava di mettersi in linea d’atterraggio, evitando la collina. Con ogni probabilità la sciagura è stata provocata da questo errore. Quando il pilota ha scorto la massa scura del colle, era troppo tardi. Forse ha sperato di schivare la chiesa, passando sulla destra, ma non ha tenuto conto del terrapieno e comunque non è riuscito ad allontanarsene abbastanza.
Il parroco fu il primo ad accorrere sul posto, insieme a un contadino; e ai suoi occhi apparve un’orrenda scena: le fiamme che avvolgevano l’apparecchio, straziavano le carni dei viaggiatori. I corpi degli infelici apparivano in terrificanti condizioni, mutilati e carbonizzati. Tutta Torino stasera è in lutto, senza distinzioni di classi, di famiglie, di rioni, di ceto; già centinaia di telegrammi sono giunti da ogni parte d’Italia alla sede del club granata e ne esprimono l’universale solidarietà per la tragedia che ha privato di colpo lo sport italiano, della sua gemma più fulgida.
Vittorio Varale