Antonio Armellini, Corriere della Sera 11/6/2014, 11 giugno 2014
Nel tanto rullare di tamburi sui malanni della burocrazia, è curioso che nessuno abbia dato un’occhiata più da vicino alla singolare anomalia rappresentata dallo spoils system all’italiana, un esempio di scuola su come importare modelli anglosassoni stravolgendone finalità e senso
Nel tanto rullare di tamburi sui malanni della burocrazia, è curioso che nessuno abbia dato un’occhiata più da vicino alla singolare anomalia rappresentata dallo spoils system all’italiana, un esempio di scuola su come importare modelli anglosassoni stravolgendone finalità e senso. Lo spoils system è in vigore da più di un secolo negli Stati Uniti ed è coerente col sistema costituzionale di quel Paese. Il presidente Usa è il capo dell’esecutivo e governa attraverso segretari — l’equivalente dei nostri ministri — e altri collaboratori che dipendono direttamente da lui. Svolgono funzioni analoghe a quelle dei nostri membri del governo, ma divengono funzionari dell’amministrazione: negli Stati Uniti non c’è una cesura formale fra livello politico e tecnico. Un sistema ben diverso da quello italiano, in cui il governo viene votato dal Parlamento. La durata del mandato di questi funzionari sui generis è legata a quello del presidente: lo spoils system è costruito per facilitarne il ricambio quando s’insedia un nuovo inquilino alla Casa Bianca: l’effetto è in sostanza lo stesso di quello che si produce con una nostra crisi di governo, anche se tempi e modalità sono diversi. Si applica alla sola componente politica (il resto dei funzionari è al di fuori del meccanismo) e chi lascia il proprio incarico non può rimanere all’interno della burocrazia ma cerca una collocazione altrove, nell’industria, nelle università o nell’attività politica. In questo modo si realizza fra l’altro quella mobilità orizzontale fra amministrazione pubblica, mondo accademico e settore privato, che da noi è praticamente sconosciuta. In Italia come negli altri sistemi parlamentari in Europa, vige il principio della separazione fra il livello politico dell’esecutivo e quello tecnico dell’amministrazione (sancito da noi dagli articoli 97 e 98 della Costituzione). La burocrazia è al servizio dello Stato indipendentemente da chi ne abbia la responsabilità politica, di cui applica imparzialmente le direttive. In Gran Bretagna, nell’imminenza delle elezioni i funzionari sono tenuti a informare anche l’opposizione della loro azione, in modo che chiunque risulti vincitore dalle urne possa contare da subito su un’informazione completa e oggettiva. Quello inglese è, perlomeno nella sua ufficializzazione, probabilmente un unicum , ma la necessità di tenere la burocrazia al riparo dalle ingerenze della politica è da sempre considerata alla base di una sana conduzione della cosa pubblica. O, per meglio dire, dovrebbe esserlo. La deriva partitica della burocrazia non è un male solo italiano ed è presente un po’ dovunque, anche perché la complessità della gestione degli Stati moderni rende a volte difficili certi steccati. Fra posizione di principio e prassi, tuttavia, s’è cercato di mantenere un equilibrio ed è forse per questo che in Italia — unico fra i Paesi europei — s’è pensato d’introdurre uno spoils system tutto nostrano. La giustificazione fu quella, consueta, dell’opportunità di assicurare una maggiore efficacia all’azione di governo, rafforzando il rapporto di fiducia fra direzione politica e gestione amministrativa, ecc. La Corte costituzionale ne ha confermato la costituzionalità e lo spoils system opera legittimamente nel nostro ordinamento. I dubbi non vertono sulla sua validità giuridica, bensì sulla fondatezza del ragionamento che lo sottende. In Italia, a ogni cambio di governo, i massimi dirigenti dei ministeri e di alcuni enti decadono automaticamente dall’incarico, se non vengono confermati entro novanta giorni dal nuovo ministro. Cosa che in molti casi accade, trasformando il tutto in una surreale pantomima. Non basta: la nostra burocrazia, essendo quella che è, chi perde il posto in seguito allo spoils system non deve cercarsi un’altra collocazione, ma diventa «consigliere ministeriale»: si sposta di qualche stanza in attesa che un prossimo cambio lo riporti al posto di prima, e releghi a «consigliere ministeriale» chi l’ha sostituito. Un girotondo che gonfia i vertici amministrativi dello Stato di figure un po’ alla Godot, che nel loro limbo temporaneo attendono di riprendere il potere senza perdere né stipendio, né benefici. Per non parlare della prassi invalsa di servirsi dello spoils system per collocare al vertice delle amministrazioni alcuni collaboratori politici dei ministri i quali, all’atto del cambio di governo, rimangono nei ranghi nella burocrazia, diventano a loro volta «consiglieri ministeriali» e possono guardare al futuro contando su una comoda copertura. Con buona pace di spending review ed efficientismi vari… Insomma: lo spoils system serve negli Usa a rendere fluido il ricambio che da noi è assicurato dalle crisi di governo, riguarda il solo livello politico e chi esce se ne deve andare davvero. Da noi, lo spoils system non tocca il livello politico, bensì l’alta burocrazia nell’assunto che questa debba essere competente, ma anche bene accetta al potere politico subentrante. È un sistema che non solo appare in aperto contrasto con l’idea che la pubblica amministrazione debba essere libera da condizionamenti politici, ma che stabilisce come proprio questo condizionamento sia il motore indispensabile della sua efficienza. Né vale l’obiezione che ovunque un ministro ha il diritto-dovere di servirsi di collaboratori di sua fiducia, perché a questo provvedono già le norme che disciplinano i cosiddetti uffici di collaborazione diretta, i cui componenti seguono naturalmente la sorte del loro referente politico. Qui invece si attua un finto ribaltone, che non comporta neanche un vero ricambio nell’amministrazione, visto che quelli che lasciano l’incarico rimangono funzionari pubblici. In Italia, dopo decenni di convivenza fra politica e amministrazione che da una Repubblica all’altra s’è spesso trasformata in connivenza, l’indipendenza della pubblica amministrazione è apparsa a molti un miraggio. Sono state annunciate tante riforme per porre rimedio a una situazione che, sotto sotto, faceva comodo agli uni e agli altri: come sia andata, lo si può leggere ogni giorno nelle cronache. La giustificazione vera sta forse nella considerazione che, se creare in Italia uno Stato moderno è impresa di Sisifo, tanto vale prenderne atto: ecco allora lo spoils system , non nella sua accezione americana di strumento d’efficienza della politica, bensì in quella molto più nostrana di spartizione — letteralmente — delle spoglie.