Federico De Rosa, Corriere della Sera 11/6/2014, 11 giugno 2014
CORSA ALL’MPS, CAMBIA L’INDICE DI BORSA
Il maxi aumento di capitale da 5 miliardi sta creando un cortocircuito attorno ai titoli del Montepaschi che per il secondo giorno consecutivo non sono riusciti a fare prezzo in Borsa, se non nell’asta di chiusura segnando un rialzo del 19,91% a 2,21 euro, che vuol dire +40% in due sedute. Di contro, le opzione che danno diritto a sottoscrivere le nuove azioni Mps a 1 euro, sono state negoziate normalmente e hanno chiuso la seduta in perdita del 7% a 19,9 euro.
I movimenti sono dovuti a ragioni tecniche ma hanno provocato comunque smarrimento in Borsa, in particolare tra i risparmiatori che devono decidere se tenere o vendere le azioni oppure muovere i diritti. Nelle sale operative spiegano tuttavia che si tratta di un effetto distorsivo tipico delle ricapitalizzazioni fortemente diluitive (per Mps è circa il 98%) come appunto quella di Rocca Salimbeni che ha chiesto al mercato 5 miliardi di euro, pari a oltre 2 volte la capitalizzazione di Borsa. Le azioni, tante, saranno disponibili tra un mese, quando terminerà l’aumento, ma nel frattempo il mercato deve fare i calcoli considerando un numero di titoli nettamente inferiore e questo crea grande distanza tra domanda e offerta.
La distorsione è evidente ed è un problema che impatta anche sull’indice di Piazza Affari e di conseguenza su quei fondi che replicano il Ftse Mib comprando le azioni del paniere in percentuale pari al peso che hanno nell’indice. In condizioni normali, essendo passato il valore di Mps da 25 a 1,5 euro (con 23,1 euro di valore assegnato ai diritti), i fondi avrebbero dovuto correre a comprare azioni per mantenere inalterati i pesi e il controvalore investito. Azioni che però non si trovano. Ieri la società che gestisce l’indice di Piazza Affari è corsa ai ripari annunciando che anche i diritti sono utilizzabili per replicare il Ftse Mib, neutralizzando quindi l’effetto dell’aumento.
C’è poi un altro elemento che sta determinando i forti scostamenti di prezzo: l’esercizio anticipato delle opzioni «call» su Mps. Una «call» dà diritto a chi l’ha comprata di chiedere in un dato momento i titoli sottostanti a chi gliel’ha venduta. In questo caso titoli Mps, di cui chi ha venduto l’opzione non deve avere necessariamente la disponibilità, se non nel momento in cui viene esercitata la «call». E sul mercato il cosiddetto «short» o «scoperto» su Mps, cioè la vendita di titoli che non si possiedono, è molto elevato e con la scarsità di titoli in circolazione (ieri ne sono stati negoziati appena 6 mila) chi deve coprire le opzioni non può fare altro che immettere ordini a un prezzo sempre più alto, sperando di trovare una controparte disponibile a vendere. Ecco perché da due giorni Mps non riesce a fare prezzo in apertura di seduta, e in asta sale del 20%, che è il limite di scostamento massimo degli ordini fissato dalla Borsa nel tentativo di calmierare la speculazione. Quanto durerà questo effetto? Secondo gli analisti le opzioni in circolazioni equivarrebbero a circa un terzo del capitale di Mps pre stacco e quindi potrebbe andare avanti così anche per altri dieci giorni.
Ieri intanto l’amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola, ha incastrato un altro tassello del piano cedendo a Fortress un portafoglio composto da 12 mila posizioni in sofferenza che in bilancio pesavano per 500 milioni di euro.