Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Di Maio tenta di riaprire il gioco
Di Maio prova a rimettere in discussione tutto e ieri sera a Napoli, in un comizio salutato da un tripudio di tricolori, ha annunciato che non ci sarà nessun impeachment contro Mattarella («Salvini cuor di leone non vuole») e ha invitato Mattarella a prendere atto che in parlamento una maggioranza c’è, a rinunciare al governo Cottarelli e provare a rimettere insieme i cocci del «governo del cambiamento» tra M5s e Lega. Il passaggio è questo: «Se abbiamo sbagliato qualcosa lo diciamo: ma una maggioranza c’è in Parlamento. Fatelo partire quel governo ma basta mezzucci. Perchè di governi tecnici, istituzionali, non ne vogliamo. Perchè quelli traseno e sicc e si mettono e chiatte («nascono senza pretese poi si allargano»), come diciamo noi. La maggioranza in Parlamento c’è. Se si vuole risolvere questa crisi e rassicurare i mercati si faccia partire un governo che ha già un programma chiaro. Il problema non è neanche il Quirinale, sbaglia obiettivo chi lo dice. Dobbiamo decidere invece se i governi italiani li devono decidere i cittadini che votano o le agenzie di rating e la Germania».
• Mah, mah, mah.
Infatti. Come mai di Maio si sveglia di martedì sera, a 48 ore dalla doccia fredda di domenica scorsa? Intanto ci sono grosse difficoltà interne: l’idea dell’impeachment non è piaciuta né alla base né al vertice, il giudizio che si dà sul risultato ottenuto da Di Maio con quel po’ po’ di bottino elettorale è estremamente negativo («non ha portato a casa niente»), il dubbio se mantenerlo in corsa anche per la prossima tornata elettorale, con Di Battista che incalza e i sondaggi in discesa, è molto forte. Dunque, il discorso di ieri sera è intanto un tentativo disperato di recuperare terreno dentro il M5s. Poi, forse, c’è la chance che a questo appello qualcuno risponda. E però: Salvini farebbe un passo indietro su Paolo Savona? Mattarella farebbe un passo indietro su Paolo Savona? Io direi di no. Ma in questo caso l’appello («c’è una maggioranza in parlamento») è allora rivolto al Pd, perché col Pd si fa maggioranza, sia pure esigua. Il Pd risponderebbe? Risponderà? Renzi-Calenda-Martina hanno avuto un contatto di qualche tipo con Di Maio? Mattarella sarebbe pronto a ricominciare? La cosa è ridicola o seria? Basterà aspettare per saperlo.
• Intanto Cottarelli...
Cottarelli a quanto pare non trova gente di livello disposta a perdere tempo con un governo destinato a pigliare solo pomodori in faccia. Nessuno sta accettando l’idea e non è neanche decoroso pensare a un gabinetto formato da pensionati perditempo che accettano di fare i ministri solo perché non hanno di meglio da fare. Cottarelli arranca al punto che ieri, prima della sortita serale di Di Maio, M5s, Lega e Partito democratico hanno fatto sapere a Mattarella che forse conviene sbrigarsi e votare a luglio. In questo caso si potrebbe lasciar gestire a Gentiloni la fase di preparazione.
• Se si producesse lo stesso risultato del 4 marzo?
Pare di no. La Lega secondo i sondaggisti sta ben oltre il 25% e il M5s, ormai, ben sotto il 30. L’incontro dei consensi tra i due elettorati è vicino. Non è difficile prevedere che da qui al momento del voto Salvini avrà incrementato il bottino e sarà capace, da solo, di stare tra il 30 e il 35. Berlusconi potrebbe difendere l’attuale 10% (il 14% del 4 marzo è un miraggio). La Meloni riporterà a casa il suo 3,5-4. Insomma il centro-destra, se si presentasse unito, potrebbe avere davvero la maggioranza assoluta dei seggi e non vedo gli alleati o ex alleati di Salvini che in questa situazione si mettono a discutere su chi deve comandare al loro interno.
• E se la Lega si presentasse in asse con il M5s, inalberando come programma il famoso contratto che doveva dar vita al governo del cambiamento?
Intanto Salvini si guarda bene dal far sapere se correrà nella stessa formazione del 4 marzo - ossia col centro-destra - o se si alleerà con Di Maio. E terrà aperti i due forni, ci può scommettere, il più a lungo possibile.
• Mattarella è riuscito, con la sua mossa tanto controversa, a calmare i mercati e a difendere i risparmi degli italiani?
Non si direbbe, e ci si chiede anzi se un governo M5s-Lega con Savona all’Economia avrebbe fatto perggio di così. Lo spread ha chiuso a 303 dopo aver toccato 320. Lunedì stava a 235. Gli operatori guardano con preoccupazione anche i titoli a due anni: il differenziale con l’omologo tedesco ieri ha toccato quota 300, cioè è andaro molto vicino allo spread del decennale, un segnale, secondo quelli che se ne intendono, insolito e preoccupante. La borsa è andata giù del 2,65, trascinando al ribasso tutta l’Europa, in combutta con la Spagna dove il governo Rajoy è agli sgoccioli (Madrid ha perso il 2,8). Ieri il Tesoro doveva piazzare debito a sei mesi per 5 miliardi di euro, e lo ha piazzato, ma a caro prezzo. Dovrà pagare un rendimento dell’1,21%. Era dall’ottobre 2015 che gli interessi sui titoli del debito non si trovavano in zona positiva. All’asta di aprile il rendimento lordo medio era stato -0,41%. L’aggravio è di una quarantina di milioni, forse quattro soldi a quei livelli, però significativi. Non è un caso che Günther Oettinger, commissario europeo al Bilancio, uno che si tinge i capelli di biondo, ieri abbia commesso l’ennesima gaffe tedesca sostenendo che «i mercati insegneranno agli italiani a votare». Volontà di potenza o solo cretineria? Ne discutiamo a parte.
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