la Repubblica, 30 maggio 2018
«Così trasformo in musica le onde dell’universo»
Usa la fisica per arrivare alla musica e la musica per esplorare l’universo. Domenico Vicinanza, fisico teorico, dottorato in Fisica delle particelle e master alla Berkeley School of Music di Boston in Orchestrazione per il cinema e la televisione, trasforma i dati che arrivano dal cosmo in melodie e poi in partiture per concerti. Partendo dai dati che inviano le sonde Vojager 1 e 2 dallo spazio o da quelli sperimentali raccolti dal Cern in 60 anni. O ancora da un fenomeno naturale come l’attività dei vulcani. È lo scienziato dei numeri e delle note.
Tutto è cominciato perché non ha voluto scegliere tra due grandi passioni?
«Proprio così. Per me era impossibile. Da un punto di vista scientifico la matematica offre gli strumenti più raffinati per l’interpretazione e la descrizione di proprietà, quali le simmetrie e le strutture complesse, che non erano mai stati applicati in modo sistematico all’ambito musicale. Ho cominciato al Cern di Ginevra. Lì ho potuto sperimentare».
Come si svolge praticamente il suo lavoro?
«Uso il cosmo come sorgente musicale. A ciascun dato sperimentale, quindi a ogni numero, associo una nota la cui altezza è proporzionale al valore del numero. Quindi più alto è il dato sperimentale, cioè la temperatura o il campo magnetico, e più alta è la frequenza della nota. Per cui se la temperatura cresce regolarmente e poi decresce bruscamente, io avrò una musica che cresce e poi decresce allo stesso modo».
È come ascoltare un grafico invece di leggerlo...
«Esatto. Posso utilizzare l’orecchio come strumento per ricercare e comprendere informazioni che sono codificate in un dato strumentale, invece di guardare un grafico, posso ascoltare la “storia” della temperatura che cresce e decresce. Se c’è qualcosa di affascinante nei dati strumentali la sento. Lo posso sentire in modo estetico».
Perciò ha lavorato per la Nasa?
«Mi hanno chiesto di trasformare in musica 40 anni di dati di Vojager 1 e 2. I dati di Vojager 1 arrivano in continuazione, ci mettono circa 20 ore alla velocità della luce per arrivare sulla Terra perché la navicella è oltre il Sistema solare, nello spazio interstellare. Quelli di Vojager 2 ci mettono “solo” 16 ore perché sta lasciando il Sistema solare. Questi dati sono stati trasformati in musica per un trio, violino, violoncello e pianoforte. Il concerto è stato fatto in Colorado, a Denver lo scorso novembre. Il titolo La musica del viaggio più lungo».
Come ha trasformato i dati?
«Li ho prima tradotti in una lunga melodia, associando i dati di uno strumento a bordo di Vojager che misura il campo magnetico in note musicali. Ho ascoltato mesi di melodie cosmiche. Poi ho estratto dei frammenti melodici che ho arrangiato per il concerto».
Così aveva già preparato un brano per la Convenzione del 1954 che costituì ll Cern...
«Sì, una sonificazione scritta da me sui dati sperimentali del Cern, Il concerto, eseguito dalla European Union Youth Orchestra, è stato diretto dal Maestro Vladimir Ashkenazy. Un grande onore».
E la previsione delle eruzioni vulcaniche?
«È uno dei casi in cui utilizziamo l’orecchio come strumento di analisi. L’orecchio riconosce meglio dell’occhio le simmetrie e la regolarità dei fenomeni. Indaghiamo le eruzioni, i fenomeni sismici, dove immaginiamo che le regolarità, i pattern, le simmetrie giochino un ruolo fondamentale. E analizziamo dove c’è una mutazione da un’attività standard. Un progetto fatto con geofisici e geologi».