Avvenire, 30 maggio 2018
Libia, quelle 13 milizie che decidono tutto
I due principali protagonisti, Fayez al-Sarraj e il generale Khalifa Haftar, si erano seduti a Parigi attorno allo stesso tavolo dieci mesi fa, il 25 luglio dell’anno scorso. Ieri all’Eliseo, c’erano oltre a questi fratelli-nemici anche Aguila Salah, presidente della Camera dei rappresentanti con sede a Tobruk, e Khaled al-Mishri, presidente del Consiglio di Stato con sede a Tripoli. Il tavolo si è allargato, eppure rimangono ancora non pochi assenti. Insoddisfatti e minacciosi. Segno, questo, che la nuova Conferenza rischia di diventare lettera morta, come tanti precedenti accordi. A boicottare quella che hanno definito «un’ingerenza straniera» ben 13 potenti milizie della Tripolitania, tra cui spiccano la Brigata dei rivoluzionari di Sabrata, le Brigate di Zliten, e i Consigli militari di Misurata, Zintan, Janzour, Gharyan e Khoms e altre città dell’ovest libico.
Sono sulla carta decine di migliaia di combattenti che potrebbero vanificare sul terreno qualsiasi accordo. Nessuna meraviglia se l’International Crisis Group abbia ammonito in una nota dal rischio che il summit di Parigi «sia controproducente in mancanza di un più largo consenso che include altri attori politici e militari». Con 140 fra clan e tribù, la Libia è uno dei Paesi arabi più frammentati dal punto di vista sociale. Le principali tribù, quelle cioè capaci di condizionare l’esito di ogni trattativa sul futuro del Paese, sono gli Zintani, i Warfalla, gli Zuwayya, i Magarha e i Ghadadfa. Qui le alleanze si fanno e disfano a seconda degli interessi particolari. Basta osservare quanto era successo durante la rivolta del 2011 contro Gheddafi: alcune tribù si ribellarono al dittatore sulla base di vecchie ruggini, mentre altre lo difesero fino all’ultimo in nome dei benefici ricevuti.
A questo quadro si sovrappone, e spesso corrisponde, un puzzle di milizie. Nella Cirenaica, il generale Haftar dispone di una milizia di 60-70 mila uomini inquadrati nel cosiddetto Esercito nazionale libico, al cui controllo della parte orientale del Paese sfugge soltanto la città di Derna, ancora in mano a gruppi jihadisti. Nella Tripolitania, invece, Sarraj conta (ma è meglio dire contava) su alcune milizie locali, tra cui la Forza speciale di deterrenza, le milizie di Misurata (40mila uomini), protagoniste della liberazione di Sirte dalle milizie jihadiste, e la Guardia petrolifera (20mila) che avevano liberato le località di Ben Jawad, Nawfaliya e Harawa.
Assai intricata la composizione tribale nel vasto Fezzan, la parte meridionale del Paese. Accanto ai Mahamid arabi, troviamo le tribù dei Tebu, che popolano le zone di Qatrun e Sabha e l’oasi di Kufrah, mentre il confine con l’Algeria è tutto popolato dai Tuareg. Ufficialmente, la zona è sotto l’autorità del governo di accordo nazionale, ma in realtà – come in tante parti del Paese –, non vi è alcuna autorità.