il Giornale, 30 maggio 2018
Tutta l’Italia in un Villaggio. Gli intellettuali di sinistra? Mignotte che mostrano le tette
I POLITICI Porca puttana ci risiamo! Rieccoli, sorridenti, con foto di dieci anni fa e con facce più giovani. Ci sono le elezioni e tutti promettono e promettono.
«Io voglio il bene dell’Italia! A me di essere eletto non me ne frega niente, perché sono un cittadino onesto! Io non sono ambizioso, lo faccio perché voglio bene al mio paese e prometto un lavoro per tutti, anche se in questo momento tutte le grandi ditte italiane stanno andando a ramengo. Ma io farò miracoli!»
«È l’Italia il mio grande amore. Votate per me, vi prego, perché ne ho molto bisogno. Prometto un dimagrimento rapido a tutte le massaie, una ricrescita di capelli a tutti i pelati e un’attività sessuale normale a tutti gli ottantenni. E questa nostra patria diventerà un paradiso, senza quei maledetti extracomunitari, che sono tutti delinquenti. Le massaie potranno andare a Riccione in bikini, e i nostri figli presenzialisti in Sardegna, a spese dello Stato. E tutti potremo volare gratis alle Maldive. Ma eccovi la sorpresa finale: se voterete per me voi, amici sessantenni, avrete a disposizione tutto l’anno veline e ballerine, per ora dominio di quei fortunati calciatori di successo. E le massaie? Niente paura, stiamo addestrando degli extracomunitari disperati di ventidue anni».
GLI AMICI Una volta si diceva: «Chi trova un amico trova un tesoro». Ma stiamo parlando di tempi in cui, oltre al nucleo familiare che non si poteva scegliere, ma accettare semmai con grande rassegnazione, chi aveva una coscienza speciale e una particolare curiosità, in un clima inadeguato alle proprie esigenze, cercava istintivamente non storie d’amore, ma un compagno di viaggio. Quando lo incontrava nasceva la stima reciproca e la voglia di affrontare insieme le asperità e le difficoltà che si possono incontrare in quella straordinaria avventura che è la vita. Eccola l’amicizia.
Poi ci è piombata addosso una cultura arida, pragmatica, quella americana, dove l’unica equazione è: «Più soldi più successo e, quindi, più felicità». In questo clima rimaneva sempre il bisogno di amicizia, ma si era svuotato di significato.
Andando avanti nel tempo tutti noi abbiamo cercato quell’amico ideale, ma la scelta, ormai, non era più dovuta alla stima reciproca o ad affinità elettive, ma al potere dei nuovi «amici» che incontravi.
Se poi uno ha molto successo, non ha più bisogno di nessuno, se non di chi ha il suo stesso potere o di una gerarchia superiore. Scelte di questo tipo ti possono dare anche un senso di solitudine. Credo di sì, ecco perché, quando il successo diminuisce, ricerchi i compagni di viaggio della tua infanzia.
FOOTBALL Gli inglesi, negli ultimi vent’anni dell’Ottocento, si sono inventati: il football, il basket, il croquet, il cricket, il rugby, il tennis, il polo, il volley, il golf, il football e la boxe. Le loro regole sono state codificate nel tempo. Erano solo giochi in cui erano protagoniste palle di cuoio, di legno e di gomma piena. La boxe era l’unico violento rispetto agli altri, tutti caratterizzati da un grande fair play. Quello che ha avuto più fortuna in tutto il mondo è stato il calcio, perché è il meno schematico e il più vario. Io lo vedo da cinquantotto anni e lo trovo irresistibile. In Italia, poi, è diventata una malattia nazionale: si parla di calcio con grande competenza e proprietà di linguaggio; giornali e televisioni vivono di calcio. Le veline si innamorano solo di calciatori.
Quello che era nato come un gioco, ultimamente è diventato uno spettacolo violento, feroce, dove il fair play anglosassone è scomparso del tutto. La televisione, però, ha smascherato il paradossale comportamento dei protagonisti in campo: si mordono le orecchie, si frantumano i nasi a gomitate, si spezzano le tibie con entrate assassine e, nei calci d’angolo, lo spettacolo diventa quasi buffo. Si prendono per i capelli, per le orecchie e si tirano le maglie fino a due metri. Ultimamente si sputano anche addosso. Lo vogliamo chiamare ancora gioco?
LA CULTURA DI SINISTRA Qualche volta ho scritto della mancanza di una cultura di destra. In realtà devo correggermi, la cultura di destra esiste! È una cultura forte, simbolica, popolare, ma esiste.
È vero che quella di destra è una cultura di facile consumo, ma attrae la piccola borghesia italiana. Esistono poi molti intellettuali che sono vestiti da Che Guevara, soprattutto quando si accorgono di essere circondati da ricchi borghesi. Insomma, esibiscono la loro cultura come fanno certe mignotte quando fanno vedere le tette nude nelle barche di lusso.
Ma il vero problema delle culture, di destra e di sinistra, è la voracità di raccattare informazioni e poi divulgarle senza avere paura che tornino indietro, smascherandole. Questo è l’atteggiamento tenuto per secoli dalla Chiesa, consapevole del fatto che sarebbe potuta crollare se certe informazioni fossero state rese note. Anche la Chiesa, però, adesso si duole e si pente. Ha capito che il nuovo consenso si ottiene con il populismo e la finta bontà.