il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2018
Fantacronache
Il 15 giugno 2018, non riuscendo più a capire se l’impeachment dei 5Stelle c’è ancora o non c’è più e soprattutto chi sia il premier dopo il vaudeville del governo Conte I durato 4 giorni, del governo Cottarelli I durato 1 giorno e del governo Conte II durato 13 minuti, Sergio Mattarella si dimette da presidente della Repubblica. Matteo Renzi, dall’ospedale dov’è ricoverato per un principio di soffocamento causato da un pop- corn andato di traverso, ringrazia l’ormai ex capo dello Stato per aver salvato l’Italia dal populismo. La maggioranza parlamentare 5Stelle-Lega elegge nuovo capo dello Stato il professor Paolo Savona, malgrado la tenera età di 82 anni (pochini, al confronto degli 88 del rieletto Napolitano): una chiara provocazione politica e un risarcimento per il rifiuto a suo tempo opposto da Mattarella alla sua nomina a ministro dell’Economia del governo Conte per le sue opinioni critiche sul sistema dell’euro. Tocca dunque al neopresidente Savona sciogliere le Camere e fissare la data delle elezioni a settembre. Il governo Cottarelli intanto, prima di nascere e contemporaneamente defungere, ha fatto in tempo a nominare il nuovo vertice Rai: dg e ad Fedele Confalonieri; consiglieri di amministrazione Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Barbara D’Urso, Maria De Filippi e Alfonso Signorini; confermati i direttori delle reti e dei tg per l’ottima prova fornita.
La campagna elettorale su giornaloni, Rai e Mediaset ricorda quella del referendum costituzionale: tutti a favore dei vecchi partiti, tutti contro i barbari grillo-leghisti, tutti a terrorizzare gli italiani sulle conseguenze nefaste di un’ennesima vittoria populista. La Germania, previo Anschluss, ammassa truppe alla frontiera col Tirolo. La Francia dell’amico Macron dispone esercitazioni militari al confine di Ventimiglia. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker annuncia l’astinenza da whisky fino alle elezioni italiane come fioretto a Gesù. Commissari Ue e ministri tedeschi sfusi si divertono un mondo a fare battute non solo sull’istruttiva esperienza greca, ma anche sulla possibile riapertura di Auschwitz, Mauthausen e Buchenwald per rieducare gli italiani affetti da populismo. Il Viminale annuncia l’arresto di Di Battista padre e (in contumacia) figlio per vilipendio all’ex capo dello Stato. La Repubblica svela che, in un incontro segreto Casaleggio-Salvini-Putin, si è parlato dell’uscita dell’Italia dall’euro e dall’Ue in vista dell’annessione alla Russia. Uno scoop de La Stampa, sempre in prima linea contro le fake news italo-putiniane, rivela il nuovo contratto top secret M5S-Lega.
Prevede non solo il ritorno al sesterzio, ma anche l’abolizione degli stipendi, delle pensioni e – forse – dei semafori. Intanto la speculazione sui mercati impazza, il debito pubblico balza a 3 mila miliardi, lo spread sfiora quota 1000 e i titoli di Stato vengono ormai quotati non in rapporto al Bund tedesco, ma alla Pizza di Fango del Camerun. Nessuno però attribuisce il disastro alle oculate scelte di Mattarella, dei suoi sapienti consiglieri e di Cottarella (parlandone da vivo) o Contarella che dir si voglia: la colpa è ovviamente di chi non ha mai governato negli ultimi sette anni. Così gli elettori superstiti, sfibrati, sfiduciati e spaventati, imparano finalmente a votare (per usare una fortunata espressione del commissario europeo al Bilancio Günther Oettinger). E premiano finalmente i vecchi partiti Pd e FI che tante gioie hanno regalato agli italiani, punendo severamente le forze anti-sistema 5Stelle e Lega. L’astensione supera il 60%, soprattutto fra gli elettori grillini e leghisti, convinti ormai dell’inutilità del voto e dell’impossibilità di cambiare le cose secondo le regole democratiche. Renzi e Berlusconi, eletti entrambi senatori, si reincontrano al Nazareno come ai vecchi tempi per dare vita a un governo di coalizione presieduto da Emma Bonino (forte del 2% raccolto dalla sua lista +Europa, esclusa dal Parlamento e causa dell’orribile Rosatellum), di cui saranno vicepremier e ministri degli Esteri e della Giustizia.
La premier incaricata si presenta al Quirinale con la lista dei ministri e il programma (intitolato “Fiscal Compact”), ma ne esce dopo due ore di burrascoso colloquio con il capo dello Stato rimettendo il mandato e senza fornire ulteriori spiegazioni. Poi parla il presidente Savona, nel solco del predecessore: “Ispirandomi al fulgido esempio dell’amico Mattarella, ho accettato obtorto collo di nominare una premier non eletta e ho fatto di tutto per agevolare la nascita del governo politico espresso dalla maggioranza parlamentare. Tant’è che ho approvato l’intera lista dei ministri, con l’eccezione di uno soltanto: quello di Carlo Calenda che, oltre a non essere eletto, ha più volte manifestato posizioni inaccettabili a favore di questo sistema dell’euro e un’adesione acritica agli accordi e ai trattati europei che mettono a serio repentaglio i risparmi degli italiani. Voi mi direte: come fai a dirlo? Dove sono le prove? E io vi rispondo: sticazzi le prove. Forse che Mattarella, quando disse – a dispetto delle mie smentite – che volevo uscire dall’euro e incenerire i risparmi degl’italiani, ne tirò fuori qualcuna? Ecco, quindi muti. Purtroppo la maggioranza e la premier incaricata, che ringrazio con affetto, hanno insistito su quell’unico nome per me improponibile e alla fine, con mio grande dolore, hanno prevalso le mie prerogative ai sensi dell’articolo 92 della Costituzione, così come modificato il 27 maggio scorso dall’illustre precedente Mattarella-Savona. Tra pochi minuti riceverò il nuovo presidente del Consiglio, professor Giuseppe Conte, per un governo di minoranza sostenuto da 5Stelle e Lega, dunque rigorosamente neutro. Grazie a tutti, buonasera”.