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 2018  maggio 30 Mercoledì calendario

Jonas Kaufmann: «Molestato anch’io»

«Il divorzio all’italiana? L’ha inventato Otello» ride Jonas Kaufmann, tenore superstar per voce, fascino e simpatia, ormai ben addentro alla psicopatologia del Moro per averne indossato i panni nella applauditissima edizione di Londra diretta da Tony Pappano e ora anche in Dvd Sony. 
Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca con Shakespeare e Verdi... 
«Otello è davvero pericoloso, non solo per Desdemona. È un grumo di emozioni difficili da padroneggiare per chi lo interpreta. Coraggioso e fragile, facile preda del dubbio, si fa trascinare in un’ineluttabile discesa agli inferi». 
Un eroe nero dell’opera, lei però non si è tinto il viso... 
«È un nordafricano, il re dei Berberi. La sua carnagione è ambrata, di certo aveva tanti ricci, lo sguardo scuro. Insomma come me... Tedesco di nascita, ma per indole e gusti mediterraneo». 
Geloso anche lei?
«Dopo averne sperimentato in scena le conseguenze ci vado cauto... Ma la tragedia è di attualità straordinaria: lo straniero visto con sospetto, lo scontro tra culture, la violenza sulla donna...»
Tema caldissimo. A proposito, il #MeToo del cinema inizia a diventare virale anche nella lirica?
«E non solo per le ragazze! Anche noi uomini siamo a rischio! Conosco bene la situazione, da giovane è successo pure a me. Ero agli inizi di carriera, un agente mi offrì un concerto, un’occasione fantastica. Ma in cambio avrei dovuto andare con lui in una sauna... Un baratto molto esplicito. Ho avuto paura, ho detto no».
La sua carriera è decollata lo stesso...
«I ricatti sessuali sono orrendi e alla fine non servono. Bisogna avere il coraggio di smascherarli. Anche se ormai è sempre più difficile distinguere tra proposte indecenti e semplici avances».
Si sta esagerando con le denunce?
«Negli Usa ormai nessun uomo osa più restare solo in una stanza con una donna senza la telecamera accesa... Il rischio di ritrovarsi accusati di molestie è troppo grande. Si è tornati alla separazione tra i sessi, i maschi sempre più terrorizzati dalle donne si aggrappano alle gonne delle mamme oltre ogni limite... E questo non è bene».
Non tutto è buono quel che è politicamente corretto? 
«Bisogna stare attenti persino a quel che si canta! C’è una canzone anni ‘20, Girls are Made to Love and Kiss, ironica e ammiccante. Fino qualche tempo fa quando la cantavo tutti stavano allo scherzo, adesso la prendono sul serio. Non mi pare un insulto dire che le donne sono fatte per essere amate e baciate... Sono cose piacevoli, per le quali non ho mai chiesto permesso. E nessuna si è mai lamentata». 
Le crediamo. Se poi la regola si applicasse all’opera...
«Un disastro. Quasi tutte le trame liriche prevedono che le donne finiscano malissimo, vittime di uomini brutali e traditori. Qualcuno ha provato persino a cambiare i finali, Desdemona che strangola Otello, Butterfly che denuncia Pinkerton... Assurdo. Non si possono applicare all’arte le regole della vita. Se no si chiama censura». 
Quali crimini l’aspettano prossimamente?
«Sarà un’estate di tutta castità. A fine giugno a Monaco di Baviera, direttore Kirill Petrenko, canterò Parsifal, il più puro degli eroi. E il 13 luglio sarò nell’anfiteatro della Waldbühne di Berlino con La Dolce Vita, arie di Puccini, Leoncavallo, Rota, il mio omaggio all’Italia». 
Si era parlato di una sua presenza all’Arena di Verona...
«Non so da dove sia nata quella voce, all’Arena sono legato da antichi ricordi, da ragazzo andavo in vacanza sul Lago di Garda e lì ho visto le prime opere. Ma a luglio sono impegnato, anche per i prossimi anni». 
In Italia viene poco. Perché?
«In Italia i teatri lirici non programmano a lungo termine. Quelli importanti sono rimasti pochi, la Scala, Santa Cecilia... Da voi la cultura è maltrattata, sarà difficile ristabilire la fiducia con gli artisti. Ma nel mio calendario un po’ d’Italia resiste: il 7 e l’8 agosto canterò con Maria Agresta alla Reggia di Caserta, il 28 settembre sarò alla Scala per un recital di lieder. E nel ‘20 vi tornerò per un bellissimo progetto, un’opera italiana poco frequentata, Fedora di Giordano».
Lei va di meno anche negli Usa? 
«Non voglio stare troppo lontano dalla mia famiglia, ho due figli in età cruciale, 12 e 14 anni. Due settimane oltreoceano vanno bene, due mesi no. In questi termini tornerò al Met con Fanciulla del West. E poi l’America di Trump mi piace poco. Il mondo non lo può evitare. Ma io sì».