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 2018  maggio 30 Mercoledì calendario

Commedia, mon amour


Eravamo i migliori. E gli stranieri non si stancano di ricordarcelo. Non c’è regista, attore o sceneggiatore del mondo che, interrogato sui modelli da seguire o sui film preferiti, non faccia il nome di Risi, Monicelli, Scola. Quel particolare tipo di commedia che racconta il contemporaneo, valorizzandone la dimensione sociale, senza dimenticare i sentimenti e coniugando sempre l’ironia con il dramma, la risata con la riflessione, è stata, per anni, una nostra specialità.
In quella scia si sono mossi con gran successo Gabriele Muccino, Paolo Genovese, Carlo Verdone, Daniele Luchetti, Edoardo Leo, Sydney Sibilia, Riccardo Milani e altri, ma il rischio del sorpasso francese incombe sempre più, e le opere d’oltralpe che parlano di problemi della gente comune, della nostra difficile attualità, dei risvolti comici del progresso, delle questioni legate all’immigrazione, della solitudine e delle relazioni al tempo dei cellulari e della connessione perenne, continuano a moltiplicarsi e a fare scintille.
«Le grand bain»
Non a caso le risate più lunghe e liberatorie dell’ultimo festival di Cannes restano legate alle immagini di Le grand Bain di Gilles Lellouche (in arrivo in autunno), una sorta di nuovo Full Monty, dedicato a un gruppo di uomini infelici che ritrovano sorriso e fiducia in se stessi impegnandosi in una squadra di nuoto sincronizzato: «I miei protagonisti – spiega il regista – sono fragili, complessati, sottovalutati, insomma rappresentano l’altra faccia del “machismo”. Insieme, però, riescono a raccontare una bellissima storia di solidarietà maschile». Interpretato da attori francesi amati e celebrati (Guillaume Canet, Benoit Poelvoorde, Jean-Hughes Anglade), il film secondo Mathieu Amalric che interpreta Bertrand, disoccupato in piena crisi depressiva, funziona per merito di «una sceneggiatura-capolavoro che dimostra come l’unico antidoto al senso di fallimento e di solitudine che tutti noi avvertiamo, siano solo nell’amore e nell’amicizia».
«L’arte della fuga»
Teoria esemplare ripresa dall’Arte della fuga (da domani nelle sale), campione d’incassi in Francia, diretto da Brice Cauvin e tratto dal romanzo omonimo di Stephen McCauley. Stavolta le pulsioni inconfessate, le malinconie autodistruttive e gli innamoramenti fuori posto riguardano tre fratelli, Antoine (Laurent Lafitte) che vive con il compagno Adar ma coltiva l’attrazione per Alexis, Louis (Nicolas Bedos) in procinto di sposare Julie ma innamorato di Mathilde, Gérard (Benjamin Biolay) che ha perso la moglie, il lavoro e la voglia di vivere: «Il linguaggio – dice il regista – è fondamentale. Costruisco tutto come se ogni attore fosse uno strumento che interagisce con gli altri come in un gruppo jazz».
Ad Agnes Jaoui, regista e sceneggiatrice, stavolta solo attrice nel ruolo di Ariel, la donna accogliente e stravagante che forse aiuterà Gérard a uscire dall’impasse, tocca uno splendido assolo: «Interpreto l’amica sempre disponibile, di quelle che si possono chiamare anche alle 3 di notte». Di commedie francesi intelligenti e spumeggianti ne ha scritte tante, basti pensare al Gusto degli altri, che nel 2000 è stato candidato all’Oscar e ha poi vinto il David di Donatello: «I maestri in questo campo siete sempre stati voi italiani. È un peccato che adesso non sia così. Noi francesi abbiamo semplicemente la possibilità, grazie alla legge di Jack Lang, di fare tanti film e di raccogliere fondi dalla distribuzione dei film americani. Siamo fortunati».
«Le Brio»
Se ci fosse ancora bisogno di conferme, basterebbe vedere Le Brio, regia di Yvan Attal, protagonisti Daniel Auteuil e Camelia Jordana, vincitrice del César 2018 per la migliore promessa femminile. In arrivo nella prossima stagione con I Wonder Pictures (dopo l’anteprima al «Biografilm Festival» di Bologna), il film descrive con ritmo e dialoghi strepitosi l’incontro tra la studentessa araba Neila della banlieu parigina e il professore razzista e spocchioso Pierre Mazard, docente universitario. Sulla carta un confronto impossibile, nella realtà la contaminazione fruttuosa tra culture e caratteri opposti.