Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Gli svizzeri votano oggi un referendum sul salario minimo, che non deve essere confuso con l’indennità di disoccupazione (che già esiste). “Salario minimo” significa che nessun lavoratore, in quel paese, potrà guadagnare meno della cifra stabilita e scritta addirittura in Costituzione. Se vinceranno i sì, naturalmente.
• E quanto sarebbe questo salario minimo?Quattromila franchi al mese. Cioè 3.300 euro.
• Ma è una cifra enorme!
Bisogna tenere conto del fatto che in Svizzera la vita è molto cara. Nonostante questo, 4.000 franchi sembrano tanti un po’ a tutti. In questo momento il Paese che ha il salario minimo più alto è il Lussemburgo, dove nessuna busta paga può essere inferiore a 1.874 euro. Il Lussemburgo è un altro paese molto ricco, con un Pil pro capite di 59 mila euro. Badi che il salario minimo viene pagato in moltissimi paesi, per esempio in Francia è di 8 euro l’ora, in Germania di 8,5 euro e mezzo, eccetera. I 3.300 euro corrispondono a una paga oraria di circa 18 euro. Il concetto di “salario minimo”, che da noi non esiste, appartiene a una definizione dello stato sociale piuttosto particolare e certamente con un sindacato meno invadente dei nostri. Dico questo, anche se in Svizzera l’iniziativa di proporre un referendum sul salario minimo è stata presa proprio dai sindacati (Uss, Unione sindacale svizzera) e dai partiti di sinistra, sostenuti da una raccolta di 112 mila firme. E però in quel Paese la pratica dei contratti collettivi nazionali è molto meno diffusa che da noi, i padroni, specie nelle zone di confine, adoperano sapientemente i frontalieri per tenere a freno le richieste salariali degli interni. Introducendo il salario minimo, queste pratiche verrebbero rintuzzate. Gli oppositori ribattono che, se vinceranno i sì, molte aziende licenzieranno o apriranno fabbriche in qualche altro posto. I sindacati e i partiti di sinistra ribattono che la Svizzera è un paese troppo ricco per non potersi permettere i 4000 franchi al mese.
• Questi 4.000 franchi sarebbero poi netti?
No, bisogna togliere un 15% di tasse e contributi. In Svizzera inoltre è obbligatorio assicurarsi alla cassa malattie, ma su questo non posso dare dettagli perché le cifre variano da cantone a cantone e c’è anche una concorrenza accanita tra le varie società di assicurazione, che si guardano bene dal fare cartello (in Svizzera, per evitare sprechi e imbrogli, ogni assicurato deve comunque partecipare, magari con una percentuale del 10%, alle spese per curare la propria malattia). Ma calcoliamo pure, al netto di tutto, che restino in tasca 2500-2600 euro. Sembra un salario anche troppo buono per essere minimo, e tuttavia bisogna considerare che la Svizzera, essendo mediamente ricca, ha un costo della vita molto più alto del nostro. Il 30-40 per cento in più, di solito, e nel Canton Ticino, grazie anche ai nostri frontalieri, un 20 per cento in più.
• Il referendum andrebbe a modificare la Costituzione? Cioè, il salario minimo sarebbe addirittura stabilito in Costituzione?
Sì, si introdurrebbe un nuovo articolo nella Costituzione federale, il 110a: «La Confederazione stabilisce un salario minimo legale. Quest’ultimo vale per tutti i lavoratori come limite inferiore vincolante del salario». Più in là si fissa la paga oraria di 22 franchi. Con il principio per cui al variare del costo medio della vita varierebbe anche il salario minimo. Questo somiglia alla nostra vecchia scala mobile, da noi abolita perché produceva inflazione. È uno dei problemi.
• Mi figuro che i sì vinceranno alla grande.
Non è detto, e anzi i sondaggi dànno come probabile una vittoria dei no che sarebbe, secondo le ultime proiezioni della vigilia, oltre il 60%. Quelli del gfs.bem dànno ai no il 64% dei voti. Il salario minimo introdurrebbe, tra l’altro, un principio politico abbastanza estraneo alla tradizione svizzera: quello secondo cui lo Stato è autorizzato a impicciarsi delle paghe che le aziende private riconoscono ai loro dipendenti. I partiti di centro-destra e le associazioni degli imprenditori si sono riuniti in comitati per il no, e hanno fatto una campagna elettorale “feroce” (come dicono quelli del sì): «Quattromila franchi sono una cifra elevatissima – spiega Fabio Regazzi, parlamentare del Partito popolare democratico e attivista del no – che non tiene conto delle differenze regionali. E che paradossalmente penalizza quei soggetti deboli che vorrebbe tutelare». Sul sito del comitato, infatti, si sostiene che la vittoria dei sì porterebbe all’abbassamento dei salari, all’aumento dei prezzi, a una maggiore difficoltà dei giovani nel trovare lavoro. «Con un salario minimo di 4mila franchi, la Svizzera diventerebbe ancora più attrattiva per la manodopera straniera, il che complicherebbe una situazione già difficile», dice Regazzi.
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