Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 18/5/2014, 18 maggio 2014
I DENTRO E I FUORI
Vista dall’alto, l’ultima settimana di cronaca giudiziaria (cioè politica) ha le sembianze di un termitaio impazzito di potenti in fuga, inseguiti e perlopiù acciuffati dai gendarmi. Nel giro di pochi giorni Silvio B. ha raggiunto il suo status naturale, quello di detenuto per frode fiscale. Il suo braccio destro, Marcello D., piantonato in Libano da settimane e condannato per mafia, sta per essere rimpatriato direttamente all’Ucciardone o San Vittore o Regina Coeli (a sua scelta). Lo storico coordinatore nazionale di FI, Claudio S., è al gabbio per aver agevolato la fuga del fondatore del partito in Calabria, Amedeo M., condannato per ‘ndrangheta. Il capo di FI in Campania, Nicola C., è in cella per camorra. La piccola vedetta lombarda Gianstefano F. è dentro per tangenti. Gli fa compagnia, in una cella a due piazze, bicamerale, il faccendiere de sinistra Primo G. Senza dimenticare il ras forzista di Liguria, Luigi G., e il ras renziano di Sicilia, Francantonio G. Tutti dentro, come nel film di Alberto Sordi. Intanto è indagato anche l’ultimo banchiere ed editore di giornali incensurato, Giovanni B. L’Italia, Repubblica fondata sulle retate, non è mai stata così unita. E si appresta a stupire il mondo con Expo-Milano 2015, grande esposizione universale di mazzette, calzamaglie, passamontagna, mascherine, grimaldelli e piedi di porco. Il giovane premier Matteo R. è in piena rivoluzione: ieri, copiando un’idea di Antonio Di Pietro (radiato dalla politica in quanto incensurato), ha promesso il “Daspo per i corrotti”. Cioè una norma per escluderli dalla politica, come gli ultrà violenti dagli stadi. Siccome non risultano leggi a sua firma in tal senso, resta da capire quando scatterebbe l’ostracismo: dopo l’avviso di garanzia, o il rinvio a giudizio, o la condanna di primo grado, o d’appello, o di Cassazione, o mai? Casomai bastasse l’avviso, dovrebbe decimare il suo staff, dove troneggiano gli inquisiti Faraone (peculato) e Carbone (falsa testimonianza e accesso abusivo a sistema informatico). Ma anche il suo governo, dove siedono i sottosegretari inquisiti Bubbico (abuso d’ufficio), Barracciu, De Filippo e Del Basso de Caro (peculato). Se invece occorresse il rinvio a giudizio, salterebbero comunque Bubbico e De Filippo, entrambi rinviati a giudizio. Se poi, per il Daspo, necessitasse una condanna definitiva, Renzi potrebbe chiedere al sindaco renziano di Torino, Fassino, che ci fa nell’ufficio accanto al suo e nella direzione regionale Pd il pregiudicato Quagliotti, compare di mazzette e conti svizzeri di Greganti. Ma forse, come insegna il caso Genovese, per fare pulizia non conviene aspettare la Cassazione. E allora non si comprende la presenza nelle liste europee Pd dei candidati Renato Soru (rinviato a giudizio peri evasione fiscale e indagato per falso in bilancio e aggiotaggio), Nicola Caputo (indagato per truffa e peculato), Anna Petrone (indagata per peculato) e Giosi Ferrandino (a giudizio per falso ideologico e abuso). Naturalmente il momentaneo, fugace ritorno della legge uguale per tutti sta seminando il terrore nella classi digerenti e nella stampa al seguito. L’Unità, il Foglio e Libero, in stereofonia, deplorano il drammatico errore commesso dal Pd nell’autorizzare l’arresto di Genovese. E sul Corriere Piero Ostellino, reduce dalla festa della Nutella, lacrima come una vite tagliata per l’arresto di Scajola che aveva soltanto “facilitato l’espatrio dell’on. Matacena”, tantopiù che “è improbabile possa inquinare le prove ed è escluso possa darsi alla fuga”. Sfugge, all’Ostellino, che un ex ministro dell’Interno con i cassetti pieni di dossier su politici amici e nemici potrebbe usarli proprio per inquinare le prove; e, se era così bravo a “facilitare l’espatrio” altrui, forse magari eventualmente chissà può darsi che riuscisse ad agevolare anche il proprio, di espatrio. Ma usare argomenti logici nel bel mezzo del fuggifuggi generale è inutile. Il terrore ottunde le menti e cancella la logica. Se, Dio non voglia, passa davvero l’idea che la legge è uguale per tutti, si crea un pericoloso precedente. E chissà dove andremo a finire.
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 18/5/2014