Paolo Russo, La Stampa 18/5/2014, 18 maggio 2014
CARISSIMO FIDO, SE TI AMMALI MI COSTI ANCHE 20 VOLTE DI PIÙ
Caro, carissimo Fido. Soprattutto quando ti ammali. Sì, perchè i farmaci per curare l’amico a quattro zampe arrivano a costare 10-20 volte di più rispetto a quelle per l’uomo. Un salasso per oltre la metà delle famiglie italiane che possiedono almeno un animale domestico. I «pet», come li chiamano gli inglesi, in cure e farmaci ci costano in media un centinaio di euro l’anno (ma un terzo dei proprietari arriva a sborsare 2-3 volte tanto). E la spesa per curare cani e gatti sarebbe molto superiore se molti, fregandosene dei divieti, non praticassero la scorciatoia di usare le più economiche pillole per noi. Un trucco che i veterinari conoscono bene e che a volte assecondano, conoscendo i prezzi elevati delle medicine formato «pet».
Siamo andati a scorrere i listini e a confrontarli con quelli degli equivalenti ad uso umano per rendercene conto. Prendiamo la «amoxicillina» addizionata con clavulanato. Un antibiotico in commercio da oltre 30 anni per curare infezioni respiratorie e otiti. Nella versione «umana» 12 compresse da un grammo costano 8,72 euro. Lo stesso prodotto ad uso veterinario, con meno pillole (10, sempre di un grammo) di euro ne costa 14. Se facciamo il confronto al grammo, quasi il triplo.
Entriamo nel terreno degli antidepressivi. Anche cani e gatti ne soffrono. E gli italiani, a giudicare dalle spese, sembrano avere a cuore anche il loro umore. A caro prezzo. La clomipramina, venduta per i depressi a quattro zampe con il nome «Clomicalm», nella confezione da 30 compresse da 5 milligrammi costa 22,60 euro. Per noi lo stesso principio con il nome «Anafranil», al milligrammo ha un prezzo 30 volte inferiore all’equivalente veterinario. Di esempi come questi ne abbiamo trovati a decine. Insomma, alla fine, per curare un cane di grossa taglia si spende dieci volte tanto che per «impillolare» un uomo. Per uno di media-piccola taglia o per un gatto la spesa è venti volte superiore. Il motivo non si capisce i dato che i principi attivi sono gli stessi ed i farmaci a uso umano vengono prima sperimentati sugli animali. Spesso, poi, si tratta di medicine prodotte in entrambe le versioni dalle stesse multinazionali farmaceutiche. Che siano difficilmente giustificabili differenze di prezzo di 10- 20 volte l’analogo farmaco umano ce lo conferma anche Marco Melosi, Presidente dell’Anmvi, l’Associazione dei medici veterinari. «Anche se parliamo di un mercato che è il 2% sul totale di tutti i farmaci, tra veterinari e ad uso umano, e questo influisce negativamente sul prezzo».
«Poi gli eccipienti sono spesso diversi. Noi mandiamo giù anche una fiala sgradevole, sapendo che è per la nostra salute, mentre un cane la rifiuta se non è aromatizzata», spiega Melosi. L’associazione dei camici bianchi degli amici animali ha però le idee chiare su come calmierare i listini. «Prima di tutto - elenca il presidente dell’Anmvi- prevedere una registrazione unica a livello europeo per non decuplicare i costi burocratici che incidono molto sul prezzo e poi incentivare le aziende alla produzione dei generici». Gli stessi che big-pharma non vede di buon occhio nemmeno per gli umani.
Paolo Russo, La Stampa 18/5/2014