Claudia Galimberti, Il Sole 24 Ore 18/5/2014, 18 maggio 2014
LA «MORTE NERA» RIVOLUZIONÒ GLI SCHEMI SOCIALI DELL’EUROPA
Clerkenwell, Londra, marzo 2013: si scava per una nuova linea della metropolitana e si trovano corpi quasi mummificati. Dalla dentatura di uno dei corpi si estrae il Dna del batterio responsabile della epidemia di peste del XIV secolo in Europa, che si rivela simile a quello della peste recente, che, in Madagascar, è stata veicolata attraverso gli uomini. Due varianti dello stesso ceppo, come accadde con la peste di Giustiniano che nel 500 d.C. causò la morte di 25 milioni di vittime in Asia e in Europa e con la Peste Nera che ottocento anni dopo, nel 1347, si diffuse nelle stesse terre e in Europa uccise, lungo l’intero Trecento, quasi metà della popolazione. Una peste portata da due navi genovesi partite da Caffa in Crimea, e dirette a Genova. Fuggono da una città, assediata dall’Orda D’Oro di Gani Ben Khan e colpita da una strana malattia che semina morte ovunque. I marinai non sanno che hanno già contratto il morbo. Si fermano a Costantinopoli, sembrano sani, ma in verità già diffondono la malattia. Arrivano a Messina stanchi, con il corpo coperto da bubboni e macchie scure. I corpi deformati, gli sguardi allucinati, l’odore di morte che si portano appresso fanno sì che le navi vengano respinte in mare, ma ormai il contagio è arrivato e in breve, a cominciare dall’Italia, tutta Europa viene invasa dal batterio Yersinia Pestis, il virus letale della peste. Sarà un articolo del medico tedesco Justus Karl Hecker a darle il nome di "peste nera". Nera per il colore dei bubboni, nera perché in odore di rito satanico; o semplicemente nera perché dava la morte. La peste viaggiava impalpabile nell’aria, i cadaveri si ammucchiavano, i parenti lasciavano i morti insepolti per non doverli toccare. Morivano i mendicanti e i re, i vescovi e i miserabili.
I medici che li curavano giravano con strani abiti e una maschera a foggia di becco di uccello. Li copriva una lunga veste nera, mentre la maschera conteneva nel becco erbe aromatiche che dovevano preservarli dai contagi. Le aperture per gli occhi erano coperte da due spesse lenti di vetro. Eppure ogni accortezza si rivelò inutile: i medici morivano come i pazienti in un girone infernale che non risparmiava nessuno. Che cosa avrà pensato il primo malato a vedere il suo corpo all’improvviso ricoperto da queste enormi bolle che gli davano dolori lancinanti? Chi avrà maledetto per aver portato la malattia? Per lungo tempo si è attribuita alle pulci e ai topi, annidati nelle stive delle navi, la causa prima della peste nera. Oggi poco importa capire se siano stati uomini, pulci o roditori la causa del contagio, resta il fatto che la peste ha mietuto milioni di vittime e ha trasformato la struttura sociale dell’Europa. Le generazioni successive erano più forti e più longeve, come se le epidemie avessero plasmato un nuovo tipo di popolazione. Certo, le risorse del territorio dovevano essere divise tra pochi e l’economia cambiava (vedi articolo a fianco), ma sono ancora più importanti le conseguenze sociali. Le esigenze diventano più complesse: le città si ampliano, le vie di comunicazione si moltiplicano, le innovazioni fioriscono. La peste ha scosso le certezze della fede e la Chiesa ne esce indebolita. È l’ora degli uomini nuovi, quelli che metteranno in discussione la concezione medievale dell’uomo e dell’universo gettando le basi per il laicismo del Rinascimento.
denpasar@tin.it
Claudia Galimberti, Il Sole 24 Ore 18/5/2014