la Repubblica 18/5/2014, 18 maggio 2014
ELIA KAZAN AMICI MIEI
[Due articoli] –
NEW YORK
Più di sessant’anni dalla decisione di collaborare con la commissione per le attività anti-americane, il nome di Elia Kazan suscita tuttora una divisione tra chi lo ammira incondizionatamente e chi manifesta un netto disprezzo. Nessuno tuttavia ne ha mai messo in dubbio il talento folgorante, e l’importanza che ha avuto nella storia dello spettacolo. Almeno due generazioni di attori si sono formati alla sua scuola, e un’intera classe di drammaturghi, a cominciare da Arthur Miller, Thornton Wilder e Tennessee Williams, deve a lui la realizzazione di spettacoli indimenticabili. Per non parlare dei capolavori del cinema, la fondazione del Group Theatre e dell’Actors Studio. Ora, la pubblicazione di trecento lettere inedite ci consente di comprendere l’intimità di una personalità imperiosa e controversa, e di riflettere sulle sue scelte artistiche, politiche e persino sentimentali. Molte hanno il sapore della confidenza quotidiana (con la prima moglie, Molly Day Thacher, parlava anche delle amanti), altre rivelano un itinerario esistenziale oscillante tra la ricerca della verità e la constatazione della fallacia di ogni risultato. Se è illuminante quella con cui convince John Rockefeller a finanziare il Repertory Theatre, appaiono profetiche le riflessioni sui film nei quali denunciò il razzismo (Gentlemen’s agreement e Pinky), la corruzione nei sindacati (Fronte del porto) e la politica ridotta a immagine vuota (Un volto tra la folla).
Soprannominato “Gadg”, da “gadget”, perché piccolo, Kazan sapeva essere di volta in volta duttile e inflessibile per difendere la propria libertà artistica: non ebbe paura di fronteggiare Jack Warner e Darryll Zanuck mentre discuteva aspramente con John Steinbeck e Clifford Odets. I cinephile si emozioneranno leggendo come forgiò talenti diversissimi come James Dean, Robert De Niro, Montgomery Clift e Marlon Brando: Kubrick scrisse che era «senza dubbio il miglior regista americano, capace di fare miracoli con gli attori». Non mancano le rivelazioni: in Fronte del porto voleva a tutti i costi Paul Newman, e scrisse a Budd Schulberg che Marlon Brando era un «ERRORE». Ebbe numerose amanti, tra le quali Marilyn Monroe, («commovente e patetica»), e amici che rimasero sempre al suo fianco come Tennessee Williams. Più controverso il rapporto con Arthur Miller, con il quale fu amico fraterno, ruppe all’epoca del maccartismo e si riconciliò in vecchiaia. La corrispondenza consente di analizzare la disaffezione per Hollywood, riflessa negli Ultimi fuochi, e la crescente passione per la narrativa, che lo portò a realizzare il romanzo autobiografico America, America dal quale trasse il suo film preferito. La scelta di collaborare con la commissione fu tormentata, ma la damnatio memoriae non nasce dalla deposizione (gli otto nomi che fece erano già conosciuti, e fu proprio lui ad aiutare Zero Mostel), ma da una lettera aperta in cui spiegò di aver «scelto il male minore » e la necessità di utilizzare anche mezzi dolorosi per «combattere il comunismo ». Negli anni Settanta instaurò un intenso rapporto con Martin Scorsese, che gli ha dedicato il magnifico Letter to Elia e lo considera tuttora il suo mentore.
Fu lui, insieme a De Niro, a consegnargli commosso l’Oscar alla carriera di fronte a una platea divisa: per metà la standing ovation, guidata da Meryl Streep, e per l’altra il folto numero di attori, capeggiato da Nick Nolte, rimasti seduti a non applaudire.
Antonio Monda, la Repubblica 18/5/2014
LO SO BENE CHE BRANDO È BRAVO MA NON LO VOGLIO IN “FRONTE DEL PORTO” –
A MARLON BRANDO, LUGLIO 1953
Caro Marlon, non posso fingere che sia facile o semplice scriverti. Ti spedisco la sceneggiatura di un film in corso di preparazione. Ci ho lavorato a lungo e continuerò a farlo. È qualcosa di molto profondo, che si ispira alla gente normale. Non voglio dire di più del soggetto del film. Solo qualche parola sulla parte. In base ai criteri comuni che utilizzano produttori e registi per il casting, tu non sei la persona giusta per questa parte. Ma del resto non eri la persona giusta neppure per la commedia di Williams (Tennessee, ndt), e non eri neppure la persona giusta per Zapata. Questo ragazzo è un ex pugile, mezzo ingenuo mezzo gangster. È un giovane che ha smarrito il senso della dignità interiore o dell’autostima. All’inizio della nostra storia non sa quando l’ha persa o come. A mano a mano che si dipana la storia, grazie alla relazione con una ragazza scopre la vergognosa situazione alla quale ha ceduto. Il succo della storia ha a che vedere con il suo tentativo di ritrovare la propria dignità e la propria autostima. Ci sarebbe ancora molto da dire, ma puoi andare avanti da solo da qui, se ti interessa. Penso che sia una parte da giganti e una sfida tremenda.
A BUDD SCHULBERG, LUGLIO 1953
Caro Budd, un ultimo appunto prima che io tagli la corda e me ne vada. Dovrò lasciare a te la responsabilità di sistemare le cose con Brando. Nei prossimi dieci giorni non voglio dover pensare al film. Non sono pazzo per ciò che concerne la parte di Brando. Dal mio punto di vista non è giusto per la parte. Ma è un bravo attore e se riesce a entusiasmarsi e a lavorare come un debuttante che fa di tutto per partire alla grande andrà bene. Deve essere affamato e desideroso. Ho promesso a Sam che l’avrei preso se avesse voluto fare un film e penso che dal punto di vista commerciale senza dubbio ci aiuterà. In ogni caso, arriva in città domenica due agosto e riparte il cinque ed è imperativo che legga la sceneggiatura e ci dica sì oppure no. Non può portarsi appresso la sceneggiatura in Europa. Il tempo a nostra disposizione inizia a diminuire e non possiamo aspettare che sua maestà si metta comodo a Parigi e ci mandi la sua risposta quando ne ha voglia… Se non prendiamo Brando, e penso che probabilmente non accadrà, io sarei dell’idea di prendere Paul Newman. Quel ragazzo sarà una star del cinema. Non ho nessun dubbio in proposito. È affascinante come Brando e la sua mascolinità è notevole ed è anche più attuale. Non è ancora bravo quanto Brando, e probabilmente non lo sarà mai, ma è un attore molto bravo in ogni caso, con molto vigore, molta interiorità e molto sex appeal. Io scelgo lui, senza neanche vederne altri.
A JOHN STEINBECK, MARZO 1954
Caro John, ho cercato tra moltissimi giovani prima di scegliere questo Jimmy Dean. Non ha lo spessore di Brando, ma è molto più giovane di lui ed è molto interessante, ha le palle, e l’eccentricità, e un “problema serio” da qualche parte nelle viscere, non so di preciso che cosa o dove. È un poco irresponsabile, ma è veramente bravo e penso sia il migliore in un settore che per altro è misero. La maggior parte dei giovani che diventano attori a diciannove, venti o ventuno anni è davvero inesperta ed esce dritto dritto dalla scuola professionale di New York. Dean ha una autentica vena di cattiveria, ma anche una autentica vena di dolcezza. Ho incontrato difficoltà enormi per la ragazza. Terribile! Le ragazze sono peggio dei ragazzi. Mio dio, sono proprio nullità. O non hanno vissuto o sono irresponsabili. Quella di Abra è una grande parte. Spero che ora tu non svenga. Voglio utilizzare Julie Harris… Pensi sia impazzito? La sceneggiatura dipende a tal punto da lei nell’ultima scena con Adam e dalla sua forza che devo necessariamente utilizzare una vera attrice. Non sono riuscito a trovarne una di vent’anni. Sono nullità. Sì, sanno tutto di balli scolastici, vestiti, fidanzati, ma non esprimono niente che vada bene per la mia ultima scena. Alla fine ho fatto un provino fotografico a Julie e quando la sua faccia è in movimento dimostra vent’anni, credo.
Una cosa a favore: lei e Jimmy Dean insieme stanno proprio bene. Sembrano persone, non attori. Sono proprio soddisfatto di questo. Due persone. E Dean ha il vantaggio di non essere mai apparso sullo schermo.
A MOLLY DAY THACHER (LA PRIMA MOGLIE, N-DT), 29 NOV. 1955
Carissima Molly, in un certo senso è vero che (Marilyn, ndt) non ha significato nulla. D’altra parte è stata un’esperienza umana, ed è iniziata, se ciò può avere un significato, nel modo più umano possibile. Aveva appena subito una perdita. Il suo ragazzo, o “quello che la manteneva” (se vuoi essere cattiva), era appena morto. La famiglia di lui non ha permesso che lei vedesse il corpo o mettesse piede in casa, dove viveva da quando lui è morto. Una notte ha cercato di intrufolarsi, ma è stata cacciata fuori. L’ho incontrata sul set di Harmon Jones quando sono andato a fargli visita. Harmon pensa che lei sia una persona ridicola e la disprezza. L’ho trovata in lacrime, quando me l’ha presentata. L’ho portata a cena perché mi sembrava una trovatella patetica e commovente. Ha singhiozzato per tutta la cena. Non ero “interessato” a lei, quello è venuto dopo. Ma ero tremendamente commosso da lei e pensavo che aveva moltissimo talento. Ho avuto modo di conoscerla nel tempo e l’ho presentata ad Arthur Miller, che è stato molto preso da lei. Non si può fare a meno di restarne affascinati. Ha talento, è divertente, vulnerabile, indifesa in modo straziante, senza speranza e ha un certo valore; non è una bugiarda, non è cattiva, non è maliziosa e ha alle spalle una vita da orfana che ti strazia quando la ascolti. È un po’ come tutte le protagoniste di Charlie Chaplin messe insieme. Non mi vergogno di essere rimasto affascinato da lei. Lei non è quello che appare adesso. Quando l’ho conosciuta era un gattino randagio, e tutto ciò che aveva erano pochi vestiti e un pianoforte. Immagino di averle dato molte speranze, anche Arthur gliele ha date. Lei si è presa una cotta per Art, non per me. Non è una donna tutta sesso come viene pubblicizzata. Almeno non in base alla mia esperienza.
A WARREN BEATTY, 22 MAGGIO 1963
Caro Warren, perdona l’impertinenza di un amico. Mi piaci davvero, e mi demoralizza venire a sapere che stai facendo impazzire tutti in Maryland. So che le voci sono inaffidabili e non è giusto ripeterle. Ma diamine! Ripeto sempre “Warren sotto sotto è una persona magnifica!”. Ma c’è enorme contraddizione nel tuo modo di fare. Da una parte dici di voler diventare una stella . L’hai detto e ripetuto non solo a me, ma a un sacco di altre persone. Devo dirti che diventare un fuoriclasse dipende, e lo sai benissimo, dal fatto di lavorare con i registi migliori e recitare in buoni film. Quando però questi registi sentono che sei un tipo “difficile”, l’unica reazione legittima che possono avere è: “Chi ne ha bisogno?”. A me sembra che devi trovare un modo giusto per affermare te stesso e far valere le tue opinioni. Al tempo stesso, devi far sì che sia piacevole lavorare con te, dignitoso trattare con te, divertente trascorrere tempo con te, e si deve percepire che intendi contribuire allo sforzo collettivo. È disdicevole che tanti pensino tu sia un problema. Hai molto: sei intelligente, hai talento e sensibilità. Sei affascinante, forte e fisicamente in gamba. Ma tutto ciò può essere reso nullo da quelle voci — vere, vere in parte, abbastanza false o qualsiasi altra cosa — che si raccontano su di te. Forse sono un impertinente a scriverti in questi termini. Non sono né tuo padre né tuo fratello, solo un amico. Tu però pensa alle cose che ti ho detto.
A ROBERT DE NIRO, 15 APRILE 1975
Caro Bobby, ti piacciono le mie lettere? Eccone un’altra. C’è qualcosa di molto importante che ho dimenticato di dirti, o di scrivere tra gli appunti che ti ho consegnato. Stahr (il protagonista de Gli ultimi fuochi , ndt ) ha il senso di una missione. Una missione che deve perseguire da solo. Il che è un modo molto romantico di vivere la propria vita, non credi? Quante persone conosci che hanno il senso di una missione? Stahr è determinato ad andare contro tutti quegli stronzi pieni di soldi che gli stanno attorno e portare a termine la sua missione. Qual è? Far sì che il Cinema sia riconosciuto come un’arte. Thalberg fece un discorso proprio su questo ed è nel libro che ti ho dato. Ma io penso che la sua missione andasse ancor più nel profondo e fosse più umana. Voleva dare rispetto al lavoro nel quale era impegnato, e quindi dare dignità alla sua stessa vita. Quella di Stahr è una parte fantastica, qualcosa con la quale non ti sei mai cimentato. So che puoi farcela. Ma niente di tale portata è semplice. Occorrerà un sacco di lavoro, di duro e buon lavoro. E serviranno riflessione, cura, sperimentazione e… lavoro. Quindi non arrivare stanco. Non tanto per me, Bobby, quanto PER IL TUO STESSO BENE.
(Traduzione di Anna Bissanti) © 2-014 by the Estate of Elia Kazan. All rights reserved Published by Arrangement with Alfred A. Knopf, a division of Random House L-LC, New York and Agenzia Santachiara
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