Paola D’Amico, Corriere della Sera - La Lettura 18/5/2014, 18 maggio 2014
UN POPOLO DI POETI, SANTI E ANIMALI DOMESTICI
Spesso ci affidiamo ai numeri e alle percentuali per sciogliere i dubbi. Trovarci al terzo posto nella graduatoria europea dei popoli che convivono con più animali domestici potrebbe aumentare la nostra autostima. I numeri sembrano dirci che c’è spazio per un nuovo senso di condivisione nei confronti dei non umani. Ma, se indagate più a fondo, queste immagini stilizzate e colorate in realtà possono porci più quesiti di quelli a cui rispondono.
Fotografano, per cominciare, una sorta di incoerenza tra la profonda crisi economica che ha attraversato l’Europa e il mercato del pet food (il cibo per gli animali domestici), che va in controtendenza, e sembrano volerci dire che siamo disposti a tutto per gli amici pet , per sfamarli, per rendere la nostra abitazione adatta anche a loro, con i cosidetti «arricchimenti ambientali» (si pensi all’arte di «gattizzare» la casa con camminamenti sospesi per il felino e tiragraffi che arrivano al soffitto). Gli etologi, d’altronde, ci hanno spiegato che l’addomesticamento ha fatto cadere la barriera culturale che ci separava dalle altre specie. La scienza porta ogni giorno nuove conferme a ciò che per diversi filosofi della Grecia antica era certezza e cioè che gli animali sanno amare, gioire, soffrire.
Ma la visualizzazione mette anche a nudo tradizioni legate alla cultura locale. Ecco, così, l’Italia tenere stretto il terzo posto, dopo Belgio e Paesi Bassi, per presenza di volatili tra le mura domestiche. Cifre a sei zeri. Milioni di canarini e pappagalli, che sono oggetto di mode e di collezionismo, vengono acquistati a cifre piuttosto sostanziose, chiusi in gabbiette (che tali restano pur se dorate), mostrati per la loro bellezza o per la capacità imitatoria della voce umana, che rimangono dunque gli unici parametri di giudizio. C’è, poi, un’altra accezione, che affonda le radici in tradizioni ben più arcaiche: quelle di alcuni cacciatori, per i quali gli uccelli in gabbia sono semplicemente «richiami» per attirare le prede. Ci sono altri hobbisti, gli acquariofili per esempio, limitati forse solo dalla gran complessità, dal tempo e dai costi.
Se vogliamo identificare la cultura animalista con i numeri, forse converrà limitarsi a contare solo cani, gatti e anche cavalli. Per l’azione millenaria dell’uomo, infatti, hanno subìto nel bene e nel male una domesticazione che mal li reinserirebbe in un ambiente naturale in modo adeguato.