Dario Di Vico, Corriere della Sera 18/5/2014, 18 maggio 2014
«RIUNIRE I MODERATI CONTRO RENZI E I 5 STELLE»
Ha ben chiaro in testa quelli a cui non vuole assomigliare, Corrado Passera, ex banchiere ed ex ministro del governo Monti: «Il ballottaggio tra Renzi e Grillo è dannoso perché entrambi non rappresentano la risposta giusta ai problemi degli italiani». E ancora: «Berlusconi è il passato remoto, Alfano e Casini il passato prossimo e manca una nuova proposta politica seria e alternativa ai populismi». Da qui nasce la sua proposta ai moderati, che il 14 giugno formalizzerà in un incontro a Roma che darà inizio al processo costituente di Italia Unica: lo spazio del centrodestra «va riempito da una forza politica libera dai retaggi del passato e capace di un programma di trasformazione radicale».
MILANO — «Purtroppo in una campagna elettorale in cui di Europa si parla pochissimo sta accadendo esattamente quello che temevo. Il ballottaggio tra Renzi e Grillo è dannoso perché entrambi non rappresentano la risposta giusta ai problemi degli italiani. Una grande parte dell’elettorato non sa chi votare. Alcuni si rifugiano in Renzi e Grillo per mancanza di alternative, per moltissimi Berlusconi è il passato remoto, Alfano e Casini il passato prossimo e manca una nuova proposta politica seria e alternativa ai populismi. È a questo che stiamo lavorando». Dopo l’anticipazione di fine febbraio e un viaggio di ascolto per l’Italia durato due mesi Corrado Passera scioglie la riserva: si candida esplicitamente alla leadership dei moderati. E il 14 giugno con un grande incontro a Roma darà inizio al processo costituente di Italia Unica.
Lei sostiene che Renzi e Grillo non sono la soluzione ma i sondaggi li danno entrambi in sicura ascesa.
«Si sommano in questi risultati il grido di rabbia di tanti italiani che Grillo intercetta e l’effetto ultima spiaggia che porta a scommettere sull’ipercinetico Renzi. Da tre mesi il premier è in campagna elettorale, guarda esclusivamente a quell’obiettivo e non certo a rimettere in moto l’Italia. E infatti il suo Def è più timido di quelli presentati dai governi precedenti. Manca una visione di lungo termine e gli 80 euro sono una misura a uso e consumo soprattutto dell’elettorato del Pd. Persino il jobs act si è ridotto a poco meno di un topolino. Quanto a Grillo è uno sfasciacarrozze che ha preso come bersaglio l’euro per spostare l’attenzione dalla quasi totale mancanza di proposte costruttive».
E il centrodestra le sembra subire inerte questa doppia pressione?
«Il centrodestra è come se non fosse in partita, appare debole e quello spazio va riempito da una forza politica libera dai retaggi del passato e capace di un programma di trasformazione radicale. Non è possibile che 10 milioni di voti rischino di non contare più niente. Berlusconi ha avuto venti anni per realizzare la rivoluzione liberale e non c’è riuscito. Alfano e Casini sono destinati a rimanere minoritari. E lo sa perché? Mancano il grande progetto e una leadership competente, affidabile e riconosciuta».
Ha avuto già modo di parlare con Berlusconi del suo progetto?
«Ne parlerò a tutti il 14 giugno».
E intanto per chi voterà il 25 maggio?
«Andrò a votare ma per la prima volta non mi riconosco in nessuna delle proposte dei partiti. Nessuno ha affrontato il tema dell’Europa con convinzione e serietà».
Italia Unica punta ad aggregare i piccoli spezzoni del centrodestra?
«La mia non è un’Opa sull’esistente, è una proposta aperta fatta a coloro che non si riconoscono nei populismi imperanti, incluso Renzi. Non siamo interessati a improvvisate federazioni di partitini, ma a costruire un movimento politico in grado di presentarsi da protagonista alle prossime scadenze elettorali. Anche sul programma siamo pronti ad un confronto del tutto aperto attraverso una consultazione via web».
Le obietteranno che lei nel 2005 ha partecipato alle primarie del Pd…
«C’era il rischio che l’estrema sinistra fosse egemone e votai per una persona (Romano Prodi, ndr ) che puntava a modernizzare il Paese. Ho visto successivamente che dal ceppo del Pd non è riuscita a scaturire una grande proposta di trasformazione dell’Italia. Con Renzi poi quei difetti si stanno ingigantendo. Come può un leader essere insofferente verso le rappresentanze in una democrazia moderna che ha grande bisogno di cuciture e coesione?».
Lei critica l’Italicum ma quale tipo di legge elettorale propone?
«L’Italicum è antidemocratico e probabilmente anche anticostituzionale. Noi siamo per un doppio turno di coalizione, con collegi uninominali. Un elettore deve poter scegliere a ragion veduta i suoi rappresentanti. Le alleanze si fanno al secondo turno e si può prevedere un rafforzamento del premio di maggioranza per dare più stabilità».
È a favore dell’abolizione del Senato?
«Sì, sono per una sola Camera con potere legislativo. Così come sono per un solo livello amministrativo tra Comuni e Stato. Non mi piacciono i pasticci che sta facendo Renzi, trasformando Province e, in prospettiva, il Senato in enti inutili senza cancellarli davvero, e credo anche che un governo debba avere al massimo 12 ministeri con responsabilità ben definite. Oggi capita che un ministro si occupi di ammortizzatori sociali e un altro di crisi aziendali».
Che concezione dello Stato professerà la sua Italia Unica?
«Siamo per uno Stato che stia fuori dagli affari, più magro e più tonico, più leale e più digitale. Si occupi di regole, controllo e programmazione e non di gestione. Al Sud non si arriva senza le ferrovie… e allora facciamole, invece di sprecare i fondi strutturali in mille rivoli. Ma voglio uno Stato verificabile, che risponda ai cittadini e che riconosca la loro autonomia. Devono avere più libertà di scelta, ad esempio, se incassare anticipatamente il Tfr o no. E poi ci vuole rispetto delle capacità e del merito in tutto, dalla scuola alla sanità. Renzi invece anche nelle ultime nomine ha operato con il Cencelli e ha messo le donne solo in ruoli di rappresentanza privi di poteri esecutivi».
Il Berlusconi del ‘94 riuscì a unire sia le élite liberali sia quella che viene chiamata la pancia del Paese. Lei non teme che una parte dell’elettorato del centrodestra rigetti la leadership di un ex banchiere?
«Il carattere del mio progetto è popolare nell’accezione europea del termine con forte iniezione liberale. Siamo per l’economia di mercato combinata ad una grande sensibilità sociale. Non lasceremo alla sinistra la rappresentanza del ceto medio produttivo e del terzo settore e la sfideremo sulla lotta alla povertà. Proprio sul terzo settore Renzi ha presentato molte delle proposte che avevo annunciato in febbraio e mi fa piacere. Noi abbiamo anche le idee su come trovare i 5 miliardi che ci vorrebbero per rimettere in moto quel mondo».
Renzi sulla spending review però è andato più avanti del governo Monti in cui lei era presente.
«Il governo Monti non fece abbastanza, concordo. Ma non mi farei abbindolare dai tagli ad effetto del governo Renzi. Alle auto blu su eBay io rispondo con proposte molto più radicali: veri costi standard nella sanità, passaggio da 9 mila anagrafi ad una sola su cloud, eliminazione degli incentivi regionali a pioggia — parliamo di circa 15 miliardi — per liberare risorse vere per la crescita. Al ministero dello Sviluppo economico sono riuscito a farlo a livello centrale. Quello che mi indigna è il continuo rimando dei pagamenti dello scaduto della pubblica amministrazione. Subito 100 miliardi alle imprese seguendo l’esempio spagnolo. Si può! E le aziende lo possono pretendere. L’Italia ha bisogno di maggiore ambizione».
Ambizione in economia può essere una parola ambigua, può anche suonare come voglia di un ritorno alla spesa facile. Ma come reagirebbe l’Europa?
«Non chiedo nessuna deroga agli impegni europei. L’Italia ha bisogno di un forte piano di rilancio dell’economia e di riforme per creare lavoro. Penso che sia arrivata l’ora di muovere grandi risorse, almeno 400 miliardi tra investimenti privati e pubblici, credito e soldi in tasca alle famiglie e alle imprese. Di sicuro dobbiamo essere in grado di usare il semestre europeo a guida italiana per ridare un’anima all’Europa non solo di austerità, ma anche di sviluppo. Potremo rispettare il fiscal compact solo se avremo rimesso in moto la crescita. L’Unione Europea è stata una formidabile macchina di pace, ora deve diventare anche una potente macchina di sviluppo sostenibile».
Con Renzi a Palazzo Chigi in politica sono tornate centrali le politiche della comunicazione.
«Gli italiani hanno bisogno di una comunicazione trasparente e seria, sui problemi e le soluzioni. Basta con i soli slogan. Oggi c’è tanto spettacolo, ma debole visione complessiva e quasi nessuna implementazione dei provvedimenti. I leader ricercano un contatto diretto con i cittadini, un contatto populistico e spesso fanno solo dello show business. Spacciano annunci, disegni di legge, tweet vari per leggi bell’e fatte».
Si dice che Renzi non abbia attorno a sé una squadra sufficientemente forte. Lei ce l’ha?
«La squadra è decisiva, non credo all’uomo solo al comando. Un leader è tale solo se si circonda di altri leader. In parte la squadra di Italia Unica è pronta, e in parte la completeremo da giugno in avanti, con le forze che si uniranno a noi».