Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci sono dati, diffusi ieri proprio dal nostro ministero dell’Economia, che dimostrano quanto si investa poco per le famiglie in Italia: appena l’1,2 per cento del Pil nel 2007.
• Mi pare che un punto di Pil sia più o meno 15 miliardi. È poco?
Quell’1,2 per cento vale 18,3 miliardi. È poco se si fa il paragone con gli altri paesi europei. La Ue a 15 nel 2007 ha speso il 2,1, cioè quasi il doppio. Siamo ultimi, con Spagna e Portogallo. Italia, Spagna e Portogallo sarebbero i paesi più cattolici d’Europa. E la Chiesa è quella che insiste di più perché la spesa sociale degli Stati abbia come obiettivo le famiglie. La Chiesa vede un nesso tra politica della famiglia e controllo delle nascite. La Chiesa non vuole il controllo delle nascite ed è favorevole alla crescita demografica, ritiene anzi la crescita demografica una ricchezza, cosa che fa molto arrabbiare Giovanni Sartori. Ma la scarsa sensibilità, proprio dei tre Paesi cattolici, per questi temi – documentata dalle cifre investite – è un fatto su cui pensare. I tre paesi sono cattolici, ma nel profondo pensano che il controllo delle nascite ci vuole. Aiutare le famiglie a far figli è, da questo punto di vista, un controsenso.
• Sono faccende del governo Berlusconi?
No, rispetto al 2007 l’impegno è salito, e sia pure di una frazione trascurabile, lo 0,2%: nel 2009 la quota di Pil impegnata da questa voce è stata pari all’1,4%. La scarsa attenzione per la famiglia ha in realtà riguardato tutti i governi a partire addirittura dal 1975. Se invece di mettere a confonto le quote di Pil, si considerano le percentuali della spesa di welfare destinate alle famiglie il confronto con il resto dell’Europa è ancora più deprimente. Italia penultima con il 4,7% (l’ultima è la Polonia, altro stato cattolicissimo, con il 4,5%). La media complessiva dei Paesi europei è dell’8%.
• Ma ci conviene una politica che incoraggi le nascite?
Siamo ancora il Paese con la più bassa natalità al mondo, corretta solo dalle quote che derivano dall’immigrazione. L’Europa in genere è nella medesima condizione. L’essere una nazione, e un continente, di vecchi è evidentemente un problema, che la si pensi come i cattolici oppure no.
• Che cosa dicono, alla fine, i cattolici?
Le cito il pensiero di Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior ed editorialista dell’Osservatore Romano: «La forza della famiglia non è solo nella capacità di produrre effetti sociali unici, perché dà fini e identità agli individui, responsabilizza e propone aspirazioni motivate, consapevoli e soggettive. La forza sta anche nel suo valore economico, poiché la famiglia produce impegno, stimolo a realizzare azioni responsabili e finalizzate al sostegno e alla crescita della famiglia stessa. Stimola la produzione, il risparmio, l’investimento, la creazione di ricchezza. Produce stimoli competitivi nell’educazione, formazione, sostegno dei figli, assistenza al suo interno, creando così un valore sostenibile per la società, un motore di produzione di talenti e ricchezza qualitativa e quantitativa […] La famiglia non solo produce crescita reale, ma avvia quattro anime economiche che le sono tanto proprie quanto misconosciute: la famiglia quale produttore di reddito, di risparmio, di investimento (in capitale umano soprattutto), di ridistributore di reddito al suo interno». Le obiezioni a questo modo di pensare sono che la crescita demografica finirà di consumare le risorse del pianeta e che bisogna quindi diminuire la popolazione mondiale, non aumentarla. C’è comunque il dato incontrovertibile che il numero delle nascite è inversamente proporzionale al benessere delle società. Società ricche smettono di fare figli. Gli stessi dati storici sulla fertilità delle immigrate mostrano che basta il raggiungimento di un moderato benessere per far precipitare il numero di figli.
• Se lo Stato aiuta così poco le famiglie, come fanno le famiglie a cavarsela?
Attingendo alle proprie riserve, prima di tutto. E poi ogni famiglia è un sistema che amministra un suo welfare privato. L’Ires Cgil, per esempio, ha valutato che l’aiuto dei nonni – comprendendo tutto - vale lo stesso 1,2% di Pil (18,3 miliardi) della spesa statale. I nonni italiani sono 6 milioni e 911 mila. Di questi, 5 milioni e 948 mila (cioè più dell’80 per cento) dànno una mano a tenere i bambini. Si tratta di un monte ore che oscilla tra i 103 e i 194 milioni di ore ogni quattro settimane. Valore: tra 566.600.094 e un miliardo 63.541.378 euro. Solo considerando il lavoro sui bambini. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 29/8/2010]
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