Nicola Tranfaglia, il Fatto Quotidiano 29/8/2010, 29 agosto 2010
MANACORDA, UNA VITA IN CATTEDRA
Giuliano Manacorda, che si è spento l’altra notte a Roma, ha dedicato la gran parte della sua ricerca e dell’insegnamento prima al liceo Mamiani e poi all’Università della Sapienza, allo studio della letteratura italiana dai primi secoli dopo il primo millennio al secolo ventesimo da poco concluso. Fu il primo storico della letteratura a scrivere un manuale per gli studenti delle scuole e delle università italiane sulla letteratura del secondo dopoguerra a metà degli anni Sessanta e nei decenni successivi si dedicò più volte ad allargare e a perfezionare i suoi lavori sulla letteratura italiana del periodo fascista e dell’Italia repubblicana.
Passioni e interessi
variegati
MA UN ALTRO suo particolare interesse era costituito dalle riviste di cultura degli anni Venti come il Baretti e la Ronda. Chi lo conosceva apprezzava particolarmente la chiarezza delle sue analisi storiche, come dei presupposti teorici a cui si riferiva nelle sue ricerche. In un mondo accademico caratterizzato di frequente dall’ambiguità delle posizioni o, a volte, da un trito tradizionalismo metodologico, Manacorda si richiamavacongrandechiarezza all’insegnamento di Marx ma soprattutto del pensatore italiano che al marxismo si rifaceva, Antonio Gramsci, e il suo volume del 1976 su Letteratura e marxismo tratto dai “Quaderni dal carcere” mostrava la sua conoscenza del pensiero e dell’opera del pensatore sardo. Nel 1978 Manacorda aveva fondato presso la Sapienza un Archivio del Novecento che è andato crescendo negli anni e che conserva oggi più di duecentomila documenti di scrittori e poeti italiani dell’ultimo secolo. Quello che colpisce il lettore leggendo o rileggendo le opere di Giuliano Manacorda è l’assenza di dogmatismo e di rigidità interpretativa che caratterizza le sue analisi e la sua capacità di cogliere l’originalità degli autori di cui ha parlato nelle pagine dedicate agli scrittori e ai poeti degli ultimi decenni.
L’amore per le
scienze sociali
IL SUO atteggiamento di fondo è stato di grande apertura nei confronti delle scienze sociali che hanno avuto un notevole sviluppo nello studio della letteratura a partire dalla semiologia e dello strutturalismo ma anche della critica psicanalitica che ha avuto un grande successo soprattutto negli anni Sessanta e Settanta nel nostro Paese e anche in tutto l’Occidente In lui, come in molti altri studiosi della sua generazione e di quelle immediatamente successive, ha avuto un particolare risalto lo studio di quel fenomeno cruciale che è stato per la storia del nostro Paese il fenomeno fascista e, tra i suoi libri, è interessante ricordare Libro e moschetto scritto insieme con lo scrittore Manlio Cancogni. Negli ultimi anni – e già qualcuno lo ha notato – è cresciuta la sua attenzione per gli aspetti formali nello studio della scrittura come della poesia e nelle pagine dedicate agli autori della seconda metà del Novecento e poeti come il veneto Mario Zanzotto hanno trovato in lui un interprete e un critico sensibile e per molti aspetti capace di cogliere il senso della loro opera.
Il marxismo non
aveva segreti
SE SI DOVESSE dare un segno specifico al suo lavoro di studioso, più che la formazione legata a Marx e Gramsci, forse varrebbe sottolineare di più la sua grande onestà di indagine, la sua forte capacità di cogliere, con orecchio attento e sensibile, le novità e, nello stesso tempo i tentativi di una letteratura come quella italiana che negli ultimi venti-trent’anni del Novecento ha avuto, più di una volta, una indubbia difficoltà a ritrarre in maniera efficace i problemi di una società che, dopo un trentennio di sviluppo e di progresso, è andata scontrandosi con nuovi e più decisivi ostacoli sul piano politico ma anche civile e culturale.