ETTORE LIVINI, la Repubblica 29/8/2010, 29 agosto 2010
FILM SU PLAYSTATION, TELEFONINI E WEB E IL VIDEONOLEGGIO VA IN PENSIONE
L´implacabile tritacarne darwiniano dell´evoluzione hi-tech si avvia a macinare un altro dei grandi nomi dell´America Inc.. A meno di 25 anni dalla sua nascita e dopo tre lustri d´oro – vissuti come monopolista del videonoleggio globale – Blockbuster si prepara mestamente a portare i libri in tribunale. I suoi negozi giallo-blu per l´affitto di dvd, travolti dal successo del servizio online, sono sempre più vuoti. I creditori, esposti per 920 milioni di dollari, hanno dato tempo fino al 30 settembre al gruppo di Dallas per presentare un piano di ristrutturazione credibile dopo i 900 milioni di perdite dal 2008. Ma le speranze di sfuggire all´amministrazione controllata sono ormai ridotte al lumicino.
Non che i cinefili da salotto siano una specie in via d´estinzione. Anzi, continuano a crescere. Il problema è che il modello di business del colosso texano è diventato in pochi anni materiale per i manuali di archeo-cinematografia. Oggi i film (quelli non piratati) si comprano dal cellulare, viaggiano sulla Wii e la Playstation, compaiono – basta pagare – sugli schermi di casa o quelli del pc in tempo reale. Morale, in negozio non ci va quasi più nessuno. Oltre il 50% degli americani fa shopping online tra migliaia di titoli (l´abbonamento costa circa 6 euro al mese) scaricandoli in streaming o ricevendoli in un paio di giorni per posta. E questo business è oggi appannaggio di Netflix, più rapida del concorrente a capire la rivoluzione del settore.
Qualcuno, a dire il vero, continua a scegliersi i suoi film sugli scaffali di un punto vendita reale. Ma in questa nicchia residuale il vecchio monopolista – Blockbuster a inizio millennio controllava il 45% del mercato – ha pagato un pedaggio salatissimo al rivale low cost Redbox che offre i suoi dvd a 1 dollaro al giorno e garantisce ampi margini d´indulgenza in caso di riconsegna ritardata.
Le cifre, alla fine, fotografano senza pietà il ribaltone: malgrado la chiusura di mille negozi su 6mila (in Italia caleranno la saracinesca in 20 su 235) Blockbuster ha perso nel 2009 569 milioni di dollari mentre Netflix ne ha guadagnati 115. I titoli di Dallas sono crollati dai 15 dollari di 4 anni fa ai 20 centesimi di oggi mentre quelli della rivale sono schizzati da 80 centesimi a 120 dollari. E il Chapter 11 è a questo punto un passaggio quasi obbligato per provare a rilanciare lo storico marchio del videonoleggio (sbarcato in Italia grazie a una joint con Fininvest uscita dal capitale nel 2003) riposizionandolo sui segmenti più redditizi di mercato. Puntando magari sulla preziosa clausola che garantisce alla società l´esclusiva per i primi due mesi di noleggio su quasi tutti i film usciti dagli studios di Hollywood.
La parabola di Blockbuster ricalca in fotocopia il destino di molti giganti dell´industria americana che non sono riusciti negli ultimi decenni a tenere il passo con l´evoluzione delle tecnologie. Il digitale e la pirateria – che penalizza pesantemente anche il mondo del cinema – hanno messo alle corde l´industria discografica che ha visto i ricavi da vendite di Cd dimezzarsi dal 2000 ad oggi. Il gruppo texano, leader nell´era preistorica del Betamax e del Vhs ha perso il treno a cavallo del millennio, quando ha deciso di non seguire la neonata Netflix sul web. Quando nel 2004 ha capito l´errore, era troppo tardi. Oggi – malgrado i due superivali offrano in sostanza servizi "fotocopia" – Netflix ha conquistato saldamente la leadership di mercato. E Blockbuster, che a metà anni ´90 era stata valutata 8,4 miliardi di dollari, vale ora in Borsa la miseria di 21 milioni.