FILIPPO CECCARELLI, la Repubblica 29/8/2010, 29 agosto 2010
LA FAIDA TRA GLI EX COLONNELLI DI AN A COLPI DI CONTESSE, COGNATI E PROBIVIRI
Però che disastro umano e politico,anche la destra!Quasi con noncuranza si assiste al serial estivo della faida tra Fini, i finiani, gli ex colonnelli ormai divenuti più berlusconiani di Berlusconi; e addirittura con rassegnazione si guarda al tristo minuetto di improbabili probiviri alternato al can-can di recriminazioni coniugali e condominiali. E mentre il ministro La Russa ci tiene a far sapere di essere passato "per curiosità" sotto il celebre appartamento di Montecarlo; mentre l´ex governatore Storace inoltra vibranti denunce che ripaghino l´onore postumo della contessa benefattrice Colleoni; e dallo splendido Miramonti di Cortina Alemanno propone l´abbattimento di TorBellaMonaca; e dalle Egadi il capogruppo Gasparri, amico di don Gelmini, ha da ridire sullo stile di vita di don Sciortino; così come, a Panarea, l´onorevole Bocchino mescola con le mani l´insalata di pomodori davanti all´obiettivo del fotografo e sotto la supervisione del cuoco già dalemiano Vissani, ecco, sia pure con lo scetticismo degli osservatori professionali viene spontaneo far caso soprattutto al paesaggio di schiume, bave, cocci, stracci e intrallazzi entro il quale inesorabilmente si colloca la fine, per non dire il fallimento insieme ideale ed esistenziale di un´intera comunità.
Dossier, cognati, "romanella" di Ferrari, elettrodomestici, arredatori, spedizionieri, schedine controverse, piscine abusive, foto battesimali in esclusiva, poi respinte perché inadeguate alla bisogna, ministri smaniosi di sicurezza e pronti per ripicca ad accanirsi con gli extracomunitari, ex esuli in patria disposti a improvvisarsi lobbisti per le multinazionali del gioco d´azzardo… Nel pieno dello scandalo, quale incongruo trofeo non si sa bene di che cosa, il Giornale della real casa berlusconiana ha pubblicato l´immagine del terrazzino di casa Fini-Tulliani in cui si vedeva di sfuggita, esposta alle intemperie, ma ben cerchiata in rosso per l´occasione, una modesta aquila imperiale che poggiava, "forse", su di un fascio littorio. E magari anche questo non c´entrerà molto con la nascita, pare rinviata, del futuro partito di Futuro e Libertà, ma in contemporanea con lo strappo del Pdl si è pure venuto a sapere che all´operazione dei finti diari di Mussolini ha recato il suo indispensabile contributo finanziario, chi? Lele Mora, sì, proprio lui, che tra un massaggio ai piedi e una riappacificazione con Fabrizio Corona nella valle di lacrime del neofascismo in dissoluzione sembra aver imboccato quella specialissima strada autopromozionale del fan del Duce fuori tempo massimo.
Può sembrare strano e magari anche irritante che tale quadretto si noti da tanto lontano. Ma senza alcuna nostalgia per il tempo in cui quei giovanotti missini scendevano in campo con la squadra di calcio del Secolo d´Italia, come da ex icona votiva, e come tali erano tenuti ai margini della società politica, vale forse la pena di riconoscere che anche per loro il ripudio dei valori, il distacco dai codici tradizionali, l´allontanamento, lo stravolgimento, lo sdoganamento da parte del Cavaliere, alla fine tutto ciò si è risolto in una grande miseria per niente affatto eroica, ma specialmente furba, misera e più che comica, grottesca. Tra secolarizzazione nera e fratricidio, in altre parole, tra le odierne faide e la grata omologazione, ci sono molti più legami di quanto l´onore e la gratitudine, l´opportunismo e l´autonomia lascino immaginare.
Per troppi anni, probabilmente, Fini ha governato il partito facendo pesare la sua superiorità come un prepotente fratello maggiore, spesso e volentieri mettendo i colonnelli gli uni contro gli altri. Quando Berlusconi ha compreso e utilizzato la loro decennale frustrazione era ormai troppo tardi. Non che manchi in alcuni la buona fede, nell´uno e nell´altro campo, né un barlume di speranza. La politica è fatta necessariamente di materia alta e bassa. Ma chi negli anni novanta ha studiato e vissuto l´analogo smottamento di ideali e di identità a sinistra, sente come qualcosa di famigliare; e se a partire da Rifondazione fino ai residui della Margherita ci si prova a orientare tra i nichilismi e risentimenti dell´oggi, tra le oligarchie e i cannibalismi di tanti "compagni di scuola" del Pd, trova qualche vaga, ma a questo punto pure inevitabile assonanza di genere.
Rispetto a tali processi, è tenero e allegro pensare ai probiviri. Il primato della fedeltà e della gerarchia sulla pratica democratica, oltretutto, rendono a destra lo scontro ancora più selvatico e al tempo stesso più vistoso. Più che nelle sedi deputate (quali?) o nei giornali, dell´impudico tramonto si trova greve, veritiera e quasi letteraria testimonianza in certe mail che vecchie glorie anarcoidi e incollocabili come Tomaso Staiti mettono allegramente e amaramente in circolazione e davvero ce n´è per tutti, a partire da donna Assunta.
Sotto a chi tocca. Fini "rimasto incinto" delle sue due mogli, Rauti giacobino in pantofole estasiato da Berlusconi, la famiglia La Russa alla riscossa, da Virgillito a Ligresti, Matteoli letteralmente inventato da Beppe Niccolai. Una storia nuda e ormai vuota di passioni, tutta ricordi, soprannomi, retroscena, pettegolezzi, invocazioni su un mondo perduto: "Parce sepulto! Si consegni all´oblio – scrive Staiti - e non si costringa uno come me a gridare, come in questa occasione, per la prima, unica, e forse ultima volta ‘Viva Fini!´. E persino, Dio mi perdoni, ‘Viva Bocchino!´".