la Repubblica, 29 agosto 2010
Il matrimonio tra Edda Mussolini e Galeazzo Ciano
Era la coppia del secolo e anche il loro matrimonio fu definito così: il matrimonio del secolo, in grado di rivaleggiare – per sfarzo, prestigio, spiegamento di mezzi – con quello appena celebrato fra il principe ereditario Umberto di Savoia e Maria José del Belgio. Si sposarono neppure tre mesi dopo essersi conosciuti, unione assai caldeggiata dalle rispettive famiglie. Lei, Edda, la figlia prediletta del Duce cui somigliava in modo inquietante, fiera, battagliera, emancipata, orgogliosa; lui, Galeazzo, diplomatico in carriera, bello, ammirato, rampante quanto vanitoso, figlio dell´eroe di guerra Costanzo Ciano amico personale di Mussolini, e per giunta anche conte. La loro nacque come una favola ma germoglierà in una cupa tragedia. Non un grande amore romantico, piuttosto un sodalizio per la vita. Alla fine, moglie straniata e tradita, Edda si batterà come una leonessa per strappare il marito alla fucilazione e implorare invano dal padre la grazia.
Il primo incontro avviene a un ballo dalla principessa Valguarnera di Villermosa: tre giorni dopo il giovane Ciano porta Edda al cinema e durante l´intervallo fra il primo e il secondo tempo (il film è Ombre bianche nei Mari del Sud) le chiede senza troppi preamboli: mi vuoi sposare? Detto fatto: le nozze, celebrate il 24 aprile del 1930, anno ottavo dell´era fascista, saranno una vera apoteosi del regime. Sontuoso, fra baciamani, gerarchi e quartetti d´archi, il ricevimento della vigilia a Villa Torlonia, la residenza del Duce. Fra i regali agli sposi spicca quello del papa: un rosario d´oro con i grani di malachite.
In chiesa Edda indossa un abito di satin bianco a colonna che lascia nude le caviglie, strascico da principessa e un velo trattenuto da un´acconciatura a cuffietta, poi molto copiata. Lui naturalmente è in tight, con un garofano bianco all´occhiello. La sposa ha appena vent´anni, lo sposo, presto ribattezzato «il generissimo», ventisei. Nelle foto ricordo lui è raggiante, lei invece sembra pensosa, come già presagisse un destino avverso. Sul sagrato passano sotto un tunnel formato da una doppia schiera di moschettieri del Duce in orbace che tengono alti i pugnali sguainati. Eia eia alalà!
Appaiono ancora lontani e impensabili in quel lucente giorno d´aprile i tempi della disgrazia, l´alto tradimento, il carcere, le trattative per la salvezza, l´epilogo funesto davanti a un plotone d´esecuzione. In mezzo ci sono tredici anni di vita festosa carica di agi e di privilegi, ci sono tre figli per i quali il nonno organizzava proiezioni private dei film di Stanlio e Ollio a Villa Torlonia, c´è una carriera folgorante in cui il conte Ciano, a trentasei anni nominato ministro degli Esteri, brucia arrogante le tappe. Nella bella società il genero di Benito Mussolini è visto come un dandy arguto, elegante, onnipotente, invidiato e fatuo ben prima che Hitler lo definisca «un damerino da caffè viennese», Himmler «un ninnolo da salotto», Churchill «lo sventurato».
Che la loro felicità coniugale fosse solo di facciata lo si poteva intuire sin dalla prima notte di nozze, Hotel Quisisana di Capri, che Edda trascorse barricata in bagno, in preda al panico, minacciando il marito di saltare dalla finestra se lui avesse continuato a forzare la serratura. La loro sarà ben presto una coppia aperta, infedele lui ma infedele anche lei, una coppia spregiudicata e moderna, che gronda potere e glamour social-mondano. I primissimi tempi sembrano i più felici, forse i soli, quando Galeazzo viene nominato console generale a Shanghai. È un tombeur de femmes da manuale e vanta una collezione di duecento amanti (da scapolo anche Wallis Simpson), mentre lei – tranne un paio di eccezioni – si circonda soprattutto di cavalier serventi. «Mio marito poteva divertirsi come gli piaceva, per me la cosa non aveva nessuna importanza», dirà Edda in vecchiaia. E in fondo, indirettamente, confermerà ciò che si è sempre pensato di lei: e cioè che l´unico uomo che Edda abbia amato, sia pure nell´orrore e nella rovina, una volta stemperata la rabbia, una volta soppresse le pulsioni di vendetta, fu sempre e solo suo padre.