Serra Elvira, Corriere della Sera, 29 agosto 2010, 29 agosto 2010
LO SFOGO DI CAMILLO CASATI STAMPA CON GAETANO MARZOTTO
Il 29 agosto 1970 il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino aveva la guancia gonfia tanto aveva sparato. Anatre e beccaccini, un’ ottima apertura di caccia a Valle Cornio, vicino a Venezia, nella tenuta dei Marzotto, con tempo buono, giornata calda e umida. Di sera si presentò a cena con l’ aria affaticata, stralunato, confuso. Più tardi, quando tutti andarono a dormire, si confidò, anzi si sfogò, con l’ unico rimasto a fargli compagnia in salotto: era Gaetano, il figlio del padrone di casa, studente del Morosini, aveva diciott’ anni. «Le ho dato tutte le libertà, tutto quello che voleva. Ma c’ è un limite. Ora si è innamorata di questo ragazzino e vuole andare via con lui». Gaetano Marzotto, oggi presidente di Pitti Immagine, provò a rincuorarlo, vedrai che si sistema tutto. «Me lo ricordo ancora agitato, angustiato, con gli occhi disperati. Non ero abituato a vederlo così, lui così riservato e gentile. Era sempre molto felice in compagnia di Anna, lei charmosissima, rideva in continuazione, bocca sensuale, frivola, simpatica. Una donna estremamente moderna e provocatrice, a Zannone la sua immagine con il seno al vento ci faceva sognare. Uno dei primi rifatti, si malignava: ma per noi che avevamo 15-16-17 anni era soltanto strepitoso». Andarono a dormire. Poi nella notte Gaetano fu svegliato dalle urla. Scese le scale e vide Camillo litigare furiosamente al telefono. «Gridava con Anna. Le diceva: "La devi piantare con quello, ti sei innamorata! Doveva essere solo un gioco e tu invece hai preso tutto sul serio! Devi finirla!". Era lo sfogo di un marito geloso che si sentiva tradito. Non me la sentii di intervenire, un po’ per educazione un po’ perché mi mancò il coraggio. Risalii in camera e il mattino dopo appena sveglio andai da mio padre per chiedergli di provare a fare qualcosa. Ma Camillo era già partito in macchina verso l’ aeroporto. A quei tempi i cellulari non c’ erano, non lo potemmo fermare. Né avremmo mai immaginato quello che sarebbe successo».