Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il Pdl è di nuovo sull’orlo di una scissione, tra falchi antigovernativi e colombe sostenitrici di Enrico Letta. È stato Berlusconi ad accelerare improvvisamente il redde rationem all’interno del centrodestra: ha convocato per ieri pomeriggio, senza avvertire il segretario del partito Angelino Alfano, un ufficio di presidenza avente all’ordine del giorno la nascita di Forza Italia e ha escluso dal vertice personaggi del calibro di Cicchitto e Gasparri, tenendo fuori anche quattro dei cinque ministri in carica. Il risultato è che a Palazzo Grazioli non si è presentato Alfano e si è tenuto alla larga anche Schifani.
• Che cosa è stato deciso in questo ufficio di presidenza?
Che verrà convocato un Consiglio nazionale, probabilmente il prossimo 8 dicembre, e che questo Consiglio nazionale deciderà la confluenza del Popolo della Libertà nella nuova formazione Forza Italia. Le cariche precedenti saranno azzerate, così come aveva chiesto il falco Fitto, e la nuova formazione avrà una sola carica di vertice, la presidenza. Il presidente sarà naturalmente Berlusconi. Il quale, in un colloquio sostenuto l’altro giorno, avrebbe garantito ad Alfano la vicepresidenza, e cioè una situazione almeno all’apparenza simile all’attuale. Ma Alfano, e con lui i ministri in carica più Formigoni, Giovanardi e Schifani non ci stanno. E sembra chiaro che il partito andrà incontro a una qualche guerra civile.
• Se il Consiglio Nazionale sancirà la nascita di Forza Italia, non saranno i falchi a fare la scissione? Chi non entra in Forza Italia, in teoria, resta nel Pdl.
Berlusconi ha esaminato a lungo la faccenda prima di muoversi, in modo da non avere sorprese sul lato legale. So ance che ha ritirato tutte le fiejussioni in favore del Pdl, per cui, anche ipotizzando una sopravvivenza del partito grazie ai governativi, questi poi non avrebbero fondi. E senza soldi non si va da nessuna parte, l’anno prossimo bisognerà fare campagna per le europee, se non addirittura per le politiche.
• Chi è più forte nel partito?
Allo stato, sembrerebbe molto più forte l’ala dei falchi, quella che vuole fare cadere il governo. Ieri si diceva che, su 800 membri del Consiglio Nazionale, almeno 600 stanno con chi vuole buttar giù Letta e le grandi intese. La proporzione sarebbe dunque di 4 a 1. E il rapporto tra le due anime del centrodestra sarebbe più o meno questo anche nel Paese. E però, se la scissione avvenisse, i voti dei governativi basterebbero forse a tenere in piedi Letta. Si andrebbe alle elezioni molto più in là, e a quel punto sarà lecito chiedersi: quanto a lungo durerà il consenso verso un Berlusconi interdetto e magari incarcerato? Berlusconi potrebbe essere fuori da tutto già alla data del prossimo Consiglio nazionale.
• Il Cavaliere però il partito lo vuole tenere unito.
Sì, ma ribadendo che a comandare è lui, e che il colpo di testa di Alfano, che l’ha messo all’angolo il giorno della fiducia, deve essere cancellato. Un’operazione difficile, per non dire impossibile. La scissione potrebbe comunque avvenire in tre modi. Primo modo: le due anime del partito ufficializzano le loro diverse posizioni restando però dentro Forza Italia e dandosi battaglia; seconda ipotesi: le due anime del partito si separano, ma, riconoscendo entrambe la leadership di Berlusconi, smorzano i toni della polemica reciproca e si preparano, quando sarà, a correre alle elezioni da alleati. Terza ipotesi: si separano e dànno inizio a una guerra guerreggiata, che potrebbe anche avere l’esito di dissolvere tutti e due. Questa terza ipotesi ha come subordinata un progressivo accostamento degli alfaniani ai cattolici degli altri partiti, Casini, Mauro eccetera. Non è detto che nello stesso tempo non succeda qualcosa anche dall’altra parte.
• Nel Pd?
Sì, nello stesso 8 dicembre ipotizzato per il Consiglio nazionale del Pdl, si svolgeranno le primarie del Pd e dunque quel giorno sarà ufficializzata la presa sul partito da parte di Matteo Renzi. Renzi avrà a sua volta fretta di andare alle elezioni. Gli ex comunisti, che sarebbero maggioranza, si ritroveranno col bel risultato di avere un ex Margherita a Palazzo Chigi e un altro ex Margherita al vertice del Pd. Non solo: quando si facessero primarie per il candidato premier, il match sarebbe ristretto a Renzi e Letta. Uno si potrebbe chiedere: ma, ritiratisi con gran sussiego Veltroni e D’Alema, dove sono finiti gli altri ex diessini?
(leggi)