Damiana Verucci, Il Tempo 26/10/2013, 26 ottobre 2013
ECCO LA «SIGNORA» DEI VU’ CUMPRÀ MERCE ALL’INGROSSO SENZA SCONTRINO
Si fa chiamare Claudia. Ma è facile immaginare che non sia il suo vero nome. È la titolare cinese di uno dei negozi di chincaglierie più forniti dell’Esquilino. Tra i bengalesi che si servono da lei per acquistare la merce che finirà poi per essere venduta in strada, è la numero uno. Nel quartiere la conoscono tutti, basta fare il suo nome e in un attimo ti indicano dove si trova. Mi fingo commerciante in cerca di merce di vario genere per una mia attività. Una persona che la conosce bene e che mi ha dato la «soffiata», mi suggerisce cosa dire e come comportarmi dentro al negozio perché non si insospettisca. E, infatti, una volta entrata nel suo negozio mi guarda in modo strano. Sono l’unica italiana in mezzo ad una quindicina di bengalesi che stanno arraffando merce di ogni genere sotto l’occhio attento di un aiutante di Claudia, bengalese anche lui. Souvenir di Papa Francesco, collanine, portafogli, portachiavi. E poi borse, cinture, pellame vario. La nostra imprenditrice cinese è alla cassa e si serve di una calcolatrice parlante per fare i conti, un’occhiata rapida alla merce, imbusta tutto e spara il prezzo. Alto. Nei dieci minuti che sono stata lì ho sentito chiedere 80, 100, 200 e perfino 300 euro. Si paga rigorosamente in contanti, senza battere ciglio. Mi presento, questo negozio mi è stato raccomandato da una persona che lei conosce. Il suo viso si rasserena un po’ ma non al punto di stare del tutto tranquilla. Un cenno con gli occhi e il suo aiutante non mi si stacca più di dosso. Comincio a servirmi. Chiedo se posso acquistare più articoli (c’è una delibera comunale del 2009 che vieta a questi negozi la vendita all’ingrosso), mi fa cenno di sì. Noto la rapidità con cui si muove e la quantità di articoli che vengono acquistati al minuto in questo negozio. Parliamo di cento, duecento pezzi minimo, per ogni bengalese che va alla cassa. Soprattutto souvenir del Papa ma anche medagliette con l’immagine di Roma, portachiavi raffiguranti l’Italia, calamite, collanine. Ci sono altri due cinesi nel negozio che rimettono la merce sugli scaffali appena si svuotano. Tutto fila liscio, senza intoppi. Sugli scaffali campeggiano cartellini che sono di difficile interpretazione. Leggo ad esempio «5 euro a pezzo, tutto». Oppure «2 euro» e una freccia che indica in basso dove però ci sono vari souvenir di Papa Francesco sui quali c’è scritto un altro prezzo «1 euro». Ora è il mio turno. Sistemo sulla cassa una ventina di portachiavi e una decina di calamite raffiguranti il Papa. Non li conta, dà solo un’occhiata e mi chiede 20 euro. Poi imbusta il tutto e me lo consegna, è talmente rapida che non mi accorgo che ha fatto lo scontrino e l’ha messo nella busta. Mentre esco le dico che la prossima volta avrò bisogno di più articoli, 500 o anche mille. «Nessun problema - risponde - tu chiamare me un giorno prima e io far trovare» e mi consegna il suo bigliettino da visita. Esco e guardo nella busta. Scopro lo scontino, l’importo segnato è «2 euro», non i 20 che le ho dato. Ma a me lo scontrino l’ha fatto, a chi che mi ha preceduto, no.
Damiana Verucci