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 2013  ottobre 26 Sabato calendario

ADDIO A PIERO MAZZARELLA «CUORE» DEL TEATRO MILANESE


Aveva la voce impastata di nebbia e poi di smog, incancrenita dal fumo e dagli anni passati sul palco. Da quando, a 9 anni, appare in scena en travesti come Cosetta nei Miserabili , Piero Mazzarella, scomparso ieri mattina a Milano, non ha mai saltato una recita, né una passerella di rivista o di avanspettacolo, né un Bertolazzi, né un Roth o un Lear. Veniva da famiglia d’arte girovaga, sedie di legno e pubblico in lacrime: aveva 242 commedie nel cartellone della sua memoria, allenato alla vita del teatrante scavalcamontagne. Fino all’ultimo, pur avendo lavorato una vita in «ditta» con il fratello Rino Silveri, ebbe problemi economici: colpito dallo sfratto, era in attesa della legge Bacchelli.
Mazzarella è morto all’ospedale San Raffaele, portato da casa dopo un attacco cardiaco, ma da tempo lottava contro i polmoni: aveva 85 anni e lascia un curriculum sentimentale di cinque figli e tre mogli. La sua carriera finisce praticamente al Parenti, dove Andrée Shammah, che gli diede l’opportunità di recitare La Tempesta di Tadini e il Lear , lo accoglie generosamente per alcune domeniche col suo cavallo di battaglia ereditato da Edoardo Ferravilla, il Tecoppa (personaggio del teatro dialettale milanese così detto dal suo abituale intercalare Dio te coppa «Dio t’accoppi», una maschera dell’arte miscuglio di furberia e ingenuità), che resta il suo alter ego di palcoscenico dal ‘51 al 2001. Recita in onore della città (ma era nato nel ‘28 a Caresana, Vercelli) dove abitò fin da bambino e del pubblico che lo riconosceva come l’ultimo protagonista del teatro dialettale, anche se Piero diceva che ormai il milanese era una lingua morta da studiare a scuola come il greco e il latino.
La gavetta era il suo fiore all’occhiello: dopo il ‘45 iniziò con l’avanspettacolo nel mitico Alcione o al Fossati, ma nel ‘61 Giorgio Strehler lo manda in serie A con El Nost Milan di Bertolazzi. Mazzarella è bravo, bravissimo e con Puecher recita L’eredità del Felis di Illica, accanto alla Cortese che sarà una delle sue partner con altre dive divine come la Borboni, la Milly e la Asti. In via Rovello (dove oggi fino alle 17 sarà aperta la camera ardente) tornerà col Barone di Birbanza e Vecchia Europa . Rivisitando il repertorio meneghino, con riscoperte, novità, classici, riduzioni diventa, col cuore in mano e guardando negli occhi il pubblico, primo attore dello Stabile Milanese di Carlo Colombo nella piccola platea del Gerolamo. Dove per tutti i ‘70 è il beniamino di una compagnia di vecchie glorie, dove risuonano voci lontane sempre presenti: del Tecoppa, ridotto da Carlo Maria Pensa in gustose variazioni, vero jolly, di Ciro Fontana, di alcuni bellissimi spettacoli di Filippo Crivelli (El barchett de Boffalora col giovane Jannacci). Con l’aiuto instancabile del fratello d’arte che fornisce copioni-canovacci a raffica, Mazzarella, dopo il Gerolamo, forma la sua Compagnia milanese trovando poco stabili sistemazioni in vari teatri cittadini, fino al San Babila quando c’era Maramotti e poi al Parenti: molti titoli interscambiabili che girano sempre intorno alle stesse situazioni ma che l’attore varia all’infinito seguendo le vie del buon cuore e portando il pubblico dove vuole, dalla risata alla commozione in andata ritorno. E così come Zuzzurro — curiosa sorte parallela — aveva tentato col socio gli atti unici di Cechov, anche il Piero diventa monumento con La leggenda del santo Bevitore di Joseph Roth, grazie alla Shammah che lo ospita nel suo teatro, dove Parenti stesso aveva insegnato tutti i segreti del mestiere. E ogni sera l’attore, dopo aver ringraziato il pubblico, ci parla insieme, divaga, si arrabbia, protesta, ricorda, s’arruffa nelle memorie, benedice la vecchia Milano delle case di ringhiera e maledice quella nuova dei quartieri satelliti, fa la chiusura d’onore proprio come i vecchi mattatori della scena. Un leone che poi s’accascia in camerino.
Maurizio Porro