Luca Veronese, Il Sole 24 Ore 26/10/2013, 26 ottobre 2013
ECCO PERCHÉ LA SPAGNA È RIPARTITA
La Spagna è uscita dalla recessione. Dopo nove trimestri di contrazione il Pil spagnolo è tornato a crescere tra luglio e settembre. Un timido +0,1% che però può significare la svolta per il Paese. La Spagna assieme alla crisi finanziaria mondiale e alle difficoltà sul debito dell’Eurozona ha dovuto sopportare il crollo dell’immobiliare e il crack delle casse di risparmio. Ora prova a ripartire: ecco i motivi per i quali la ripresa a Madrid e a Barcellona può essere più rapida rispetto a quella di altri Paesi, Italia inclusa.
1 La stabilità politica aiuta le riforme
Il governo di Mariano Rajoy, in carica da fine 2011, può contare su un’ampia maggioranza in Parlamento. La legislatura terminerà nel 2015 e non c’è niente, nemmeno qualche scandalo nel Partito popolare, che possa oggi far pensare a una scadenza anticipata, a una crisi politica a Madrid. Rajoy può introdurre misure anche di pesante austerity (e l’ha fatto) o varare riforme strutturali profonde (si poteva fare di più) senza dover negoziare per settimane.
2 Gli investitori esteri tornano nel Paese
Negli ultimi quattro anni la Spagna ha potuto contare su 105 miliardi di euro di investimenti diretti dall’estero. Risorse fresche per le imprese, acquisizioni, nuovi stabilimenti. Nello stesso periodo l’Italia non ha raggiunto i 70 miliardi. I dati dell’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, anche nell’ultimo anno indicano un divario preoccupante: per la Spagna nel 2012 gli investimenti diretti dall’estero hanno sfiorato i 28 miliardi di euro, per l’Italia si sono fermati a meno di 9 miliardi. Chi ha liquidità ma soprattutto chi vuole scommettere su un’attività produttiva preferisce la Spagna all’Italia. Il vento sta cambiando anche nell’immobiliare, reduce da un crollo record dei prezzi, come dimostra l’investimento da 113,5 milioni di Bill Gates nel gruppo di costruzioni Fcc. Anche le americane Hig Capital, fondo di private equity di Miami e Burlington loan management hanno già concluso operazioni nell’immobiliare spagnolo. Anche i mercati finanziari stanno ridando fiducia al Paese. Dopo essere saliti sopra il 7% nell’estate del 2012 i rendimenti sui titoli decennali del debito della Spagna sono scesi infatti al 4,3% in questi giorni. La fiducia degli investitori è tornata.
3 Nell’auto Spagna numero due europeo
Molti grandi gruppi dell’auto - da Ford a Renault, da Peugeot-Citroën a Nissan - hanno deciso di potenziare la loro produzione in Spagna. A spingerli sono stati molti elementi: i costi, la tassazione, la flessibilità delle regole del lavoro, la stabilità generale dell’ambiente economico. Il risultato è clamoroso, la Spagna nei primi sei mesi del 2013 - sono dati dell’Oica, l’Organizzazione internazionale di costruttori - ha prodotto 1 milione e 156mila veicoli, in aumento del 5,5% sullo stesso periodo del 2012. E oggi è il secondo Paese produttore in Europa e l’undicesimo nel mondo. L’Italia ha prodotto in tutto 368mila veicoli, con un calo del 3,1 per cento. In pochi anni è ritornata ai livelli del 1958.
4 Lavoro ancora più flessibile
Di riforma in riforma, con i governi socialisti e con quelli conservatori, è stato realizzato in Spagna un sistema di regole che rende il mercato del lavoro molto flessibile. L’obiettivo dichiarato dal premier conservatore Mariano Rajoy è aumentare la flessibilità in uscita nel breve periodo, per dare fiato alle imprese, far ripartire l’economia e certo creare posti di lavoro, ma solo in un secondo momento. Rajoy ha di fatto dimezzato i costi di licenziamenti per le imprese in difficoltà economica in un mercato del lavoro nel quale non esiste l’articolo 18 e l’impresa anche dopo la decisione del giudice sul reintegro può sempre scegliere di licenziare pagando un indennizzo al dipendente. Gli effetti delle nuove regole sul tessuto sociale e sui numeri dell’occupazione sono ancora difficili da valutare. Ma i mercati hanno già apprezzato. Secondo i dati Ocse, dal 2009 al 2013 l’indice del costo del lavoro per unità di prodotto è sceso di dieci punti: da 142 a 132 (la base è il 1999 pari a 100).
5 La ritrovata forza dell’export
A trainare il Pil della Spagna è l’export, cresciuto in agosto del 3,6% rispetto allo stesso mese del 2012. In attesa della domanda interna il Paese iberico si aggrappa ai mercati esteri. Spiega l’Istat invece che in agosto per l’Italia «si registra una significativa flessione sia dell’export (-4,4%) sia, in misura ancora più ampia, dell’import (-9,8%), rispetto allo stesso mese del 2012. La contrazione dell’interscambio è più marcata per l’area extra Ue: export (- 5,4%) e import (-15,5%)». La Spagna al contrario continua ad aumentare le proprie vendite nei Paesi emergenti: le esportazioni cresciute nel complesso dell’8% nel primo semestre, rispetto al 2012, hanno fatto registrare balzi notevoli in Cina (13%) Brasile (40%) e Sudafrica (62,4%).
Questi gli sforzi compiuti dalla Spagna. E tuttavia Madrid sa bene di essere fragile e di dipendere da altri: che siano gli aiuti di Bruxelles (nel 2012 ha ricevuto 41 miliardi per le banche), i mercati dove vendere o gli investitori. Anche per questo Rajoy fa i compiti a casa e prova a non dare ai mercati finanziari motivi di agitazione. Ha bisogno di stabilità.