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 2013  ottobre 26 Sabato calendario

CHER “PER RESTARE IN VETTA HO CAMBIATO PELLE"


Ha sette vite, e forse anche di più. In cinquant’ anni di carriera è stata idolo pop, cult singer, star televisiva, attrice di Broadway, diva da Oscar, rockeuse, disco queen. E soprattutto sex symbol. Cher ribalta i canoni, con gli anni diventa più provocante.
E non è solo merito della chirurgia estetica o delle parrucche - una bionda, assassina, la sfoggia sulla copertina del suo ultimo cd Closer to the truth - ma di una femminilità vissuta pienamente e spudoratamente, con la libertà che il suo ruolo le ha concesso; da quando aveva sedici anni e già ronzava intorno a Phil Spector (il produttore più in voga negli anni Sessanta che la faceva cantare come corista peri suoi celebrati gruppi vocali)e non ancora maggiorenne flirtava con Warren Beatty.
«Precoce in tutto», ammette, «avevo già capito che le droghe non facevano per me». Forse la storia non sarebbe finita in maniera così brillante se a proteggerla non fosse arrivato un mastino. «Il music business non è mai stato il posto più sicuro per una ragazzina», ammette, «e Sonny Bono divenne padre, marito, partner».

Per lei scelse il meglio: il duo Sonny & Cher conquistò il mondo (40 milioni di dischi venduti); cont e m p o r a n e a mente Cher come solista diventò una cult singer alle prese con un repertorio di qualità firmato Dylan, Phil Ochs e Donovan (100 milioni nella carriera). Ha 67 anni e non ne vuol sapere di sentirsi vecchia. «Rifiuto l’ idea che per le donne il tramonto inizia molto prima, che già a quarant’ anni devi rassegnarti a rimaner zitella», dice. «A volte sono anch’ io vittima di questo pregiudizio. Per dodici anni mi sono negata la possibilità di fare dischi. Cavolo, ho passato i sessanta, mi dicevo, meglio metterci una pietra sopra. Poi arriva qualcuno con un’ idea e tutto si rimette in moto».
Ha distratto l’attenzione con il gossip, qualcuno stenta a riconoscere l’ attrice da Oscar di Stregata dalla luna dietro i lustrinie il cerone della pop singer matura e provocante. All’ inizio degli anni Ottanta, quando la sua carriera era in declino e la pericolosa china dei revival show sembrava l’ unica soluzione, arrivò il cinema a salvarla. «Sapevo di poter recitare, ma all’ epoca il cinema dava poco credito ai cantanti pop», ricorda. «L’ unico a credere in me fu Robert Altman. Quando stava allestendo Jimmy Dean, Jimmy Dean a Broadway mi scelse senza esitazione. Gli dissero che era un pazzo, che quello era un ruolo difficile, non poteva darlo a una che non aveva mai recitato. Ma lui, genio testardo, fece a modo suo e mi volle anche nel film. Che nostalgia ho di Broadway, quella fu un’ esperienza magnifica, e mi piacerebbe anche fare altri film, ma non voglio interpretare me stessa. Burlesque è stata una piacevole eccezione, ma non proprio gratificante. Ora sto lavorando con alcuni autori a un musical ispirato alla storia della mia vita, ma chiaramente non sarò io a interpretarlo - probabilmente saranno tre attrici diverse, una sarà la Cher degli anni con Sonny, una quella dei trionfi cinematografici e una quella di oggi. Io ho altre aspirazioni, interpretare Zoo di vetro o La gatta sul tetto che scotta, ho voglia di vero teatro».
Ormai ha imparato come si allunga una carriera. Meglio scomparire che ripetersi all’ infinito, meglio il silenzio che un brutto disco, meglio nascondersi che mostrare gli acciacchi. La maschera che per il pubblico è diventata un evergreen, Cherilyn Sarkisian - questo il suo vero nome - riesce a guardarla dal di fuori, a compatirla, persino a sorriderne. «Infatti sto scrivendo una serie televisiva e mi diverto da pazzi», rivela. «È la storia di una donna - un personaggio in bilico tra Judy Garland e Marilyn Monroe con una spruzzata di Cher - che negli anni Sessanta diventa la più famosa entertainer del mondo, perfetta in ogni dettaglio all’ esterno, ma con risvolti esistenziali drammatici. Gli artisti sono una potente e pericolosa combinazione di potere e fragilità. Nessuno riesce mai a stare in equilibrio tra le due cose. La nostra è una condizione privilegiata ma crudele. Alla fine non ci sono che due possibilità: la gente adora quello che fai / la gente detesta quello che fai. Se la fragilità prende il sopravvento sei fottuto».
Vista da vicino, con i fuseaux attillatissimi, gli stivaletti borchiati, il chiodo di pelle nera è esattamente l’ opposto di quel che vorrebbe sembrare, la femminista d’ assalto che già all’ inizio degli anni Settanta cantava di temi scottanti come l’ amore lesbico e il diritto delle donne di comportarsi sessualmente come i maschi. «Invece sono ancora schiava dei cliché», protesta. «Ho attraversato tanti generi, dal folk al punk, ma adesso ho addosso l’ etichetta della disco queen e chi me la toglie più!». È arrivata prima di tutte, trasformista e provocatrice in scena con un anticipo di trent’ anni su Lady GaGa. Sembrava che il divorzio da Sonny Bono (scomparso nel 1998) la lasciasse a piedi. Invece avrebbe sfoggiato la sua immagine più trasgressivaa cinquant’ anni suonati, dopo i trionfi cinematografici, in un rigurgito di disco music (l’album Believe del 98) che è diventato un format imitatissimo. «Nel mondo della pop è così, qualcuno apre la porta e altri la spalancano», riflette. «A giudicare da quel che vanno facendo Lady GaGa, Katy Perry e Miley Cyrus quella porta oggi più che spalancata è divelta. Tutti dicevano che dovevo fare un duetto con GaGa. Ci abbiamo provato ma non ha funzionato. Evidentemente non siamo così in sintonia!. Madonna no, lei è diversa, lei sì che ha aperto una porta. Dall’ esordio a oggi ha cambiato pelle mille volte; immagine, dischi, video, non ha sbagliato un colpo. Ha una visione perfetta del risultato prima ancora di metterlo a segno». Poi punge: «Alla fine mi piace più guardarla che ascoltarla».
Festeggerà sul palco il sessantottesimo compleanno. Un tour americano dal titolo minaccioso ( Dressed to kill, vestita per uccidere) che, giura, sarà l’ ultimo. Ma come crederci? Lo disse anche l’ ultima volta, quattro anni fa. « Non lo faccio per farmi pagare di più ma solo perché non sono sicura di esserne in grado. Non voglio tornare on the road se non sono all’ altezza delle prestazioni del tour precedente. Il pubblico neanche immagina che vitaccia sia quella, gli spostamenti, la solitudine, la fatica. E d’ altra parte rinunciare mi riempie di tristezza. Alla fine l’ uguaglianza tra i sessi non esiste neanche lì. Nessuno mai direbbe di Mick Jagger che a settant’ anni è una vecchia carampana. E poi ha mai sentito di una cantante rock che durante i tour distrugge le camere d’ albergo come facevano i Led Zeppelin?».