Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 26/10/2013, 26 ottobre 2013
RIDE IL TELEFONO
Quando i politici corrotti o mafiosi finivano sott’inchiesta grazie alle confessioni degli imprenditori corruttori (Tangentopoli) o dei mafiosi pentiti (Mafiopoli), il Parlamento in formazione bipartisan varò una serie di leggi per vanificare le chiamate in correità (nuovo art. 513 del Codice di procedura e nuovo articolo 111 della Costituzione, detto umoristicamente “giusto processo”). Poi i reati dei colletti bianchi cominciarono a saltar fuori dalle intercettazioni (Bancopoli, Calciopoli, Vallettopoli, Cricche varie, P3, P4, Finmeccanica, Ruby, Quirinale-Mancino e così via) e subito partì la campagna politico-giornalistica di larghe intese contro le bobine antipolitiche e contro la stampa populista che osa pubblicare quella spazzatura (leggi-bavaglio Mastella e Alfano). Nel 2009 Angelino Jolie dichiarò alla Camera: “Secondo un mio calcolo empirico e non scientifico (sic, ndr), è intercettata una grandissima parte del Paese: nel 2007, ben 124.845 persone. Ma poi ciascuna fa o riceve in media 30 telefonate al giorno. Così si arriva a 3 milioni di intercettazioni”. Il Guardagingilli confondeva il numero dei bersagli (non più di 10mila persone all’anno) con quello delle loro utenze e dei loro interlocutori, e già che c’era sommava le proroghe dello stesso decreto d’ascolto (che dura 20 giorni ed è reiterabile fino a un massimo di 2 anni).
“Abbiamo – aggiunse il pover’uomo – oltre 100mila persone intercettate all’anno, contro 1.700 negli Usa, 1.300 in Svizzera, 5.500 in Gran Bretagna”. Altra balla sesquipedale: in Italia le sole intercettazioni legali e utilizzabili processualmente sono quelle disposte dal giudice in presenza di gravi indizi di reato, mentre negli altri paesi la gran parte è opera di polizie o servizi segreti e sfugge alle statistiche. Come dimostra lo scandalo Datagate che da mesi terremota i rapporti fra gli Usa e i paesi alleati, fino alla svolta clamorosa degli ultimi giorni: milioni di cittadini americani ed europei, compresi 35 fra capi di Stato e di governo, intercettati senza essere sospettati di nulla. La miglior prova che i nostri politici e i giornali al seguito ci hanno sempre presi per il culo. Ci sarebbe da attendersi le scuse dei Polito, Ostellino, Galli della Loggia, Franco, Panebianco (sua la panzana dell’Italia “Paese più intercettato del mondo occidentale”), ma anche dei Vespa, Minzolingua, Belpietro, Sallusti, Ferrara e delle altre vestali della privacy violata che strillavano allo Stato di polizia e spacciavano il “modello americano” come esempio da seguire. Invece i garantisti a targhe alterne sorvolano. O giustificano gli spioni americani. “Il Datagate non è così scandaloso”, titola il Foglio di Ferrara, che appena intercettano un malavitoso chiama Amnesty International e i caschi blu. Manca soltanto che il Platinette barbuto, dopo i sit-in “Siamo tutti puttane” e “Siamo tutti decaduti”, ne organizzi un altro con una cimice gigante in testa, dal titolo “Siamo tutti intercettatori”. Intanto, come ai tempi dello spionaggio Telecom, a Palazzo serpeggia il panico. Vuoi vedere che gli americani hanno intercettato anche i nostri politici, da Napolitano in giù, con tutta la fatica che han fatto per coprirsi a vicenda o per farsi coprire dalla Consulta?
Secondo indiscrezioni, negli archivi dell’Nsa è custodita una recentissima chiamata fra Napolitano e Mancino: “Ue’ guaglio’, parlamm pure libberamende, tanto chilli strunz nun ce pozzono spiare ‘cchiù”. “Vabbuo’, ma pe’ scrupolo facimme l’accento svedese”. Ma anche una conversazione fra Berlusconi e una minorenne non identificata: “Ciao Katiuscia, sono il tuo bel Caimano: la Francesca e il Dudù mi tengono in ostaggio qui dentro da tre mesi, quando vieni a liberarmi?”. Infine, un dialogo fra Epifani e Letta jr. “Enrico, hai sentito? Obama ha spiato 35 leader mondiali”. “Appunto, Gugli, l’ho detto pure ad Angelino: noi non siamo leader e non siamo mondiali, anzi manco locali. Siamo in una botte di ferro”. “Ah già è vero, non ci avevo pensato. Allora io torno a dormire”. “Quasi quasi anch’io...”.