Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 26 Sabato calendario

LE CASE DELLE MERAVIGLIE


SE LA A CASA DI BARNABA FORNARETTI, vista nel servizio precedente, è un’espressione unica di collezionismo moderno, la storia delle raccolte ha origini ben precedenti, con straordinari esempi che svelano la complessa psicologia di chi stava dietro le collezioni. ’Un caso eclatante è quello di Sigmund Freud (1856-1939), che paragonava la psicoanalisi alle raccolte di oggetti d’arte e di archeologia, poiché entrambi i percorsi di ricerca scavano in un terreno apparentemente addormentato in cui è conservato il significato del presente. Nei suoi scritti, Freud parlava anche della passione di collezionare, riunire, catalogare come manifestazione di un profondo desiderio infantile di creare un piccolo mondo da ordinare e possedere, per compensare perdite e mancanze. Queste considerazioni non farebbero effetto se non fosse che lo stesso padre della psicoanalisi era un appassionato collezionista. La sua prima raccolta risale alla morte del padre, occasione in cui acquistò una serie di opere in gesso raffiguranti statue fiorentine. Di rilievo, inoltre, sono state le sue collezioni di oggetti orientali, statuette e tappeti che rivestivano il suo studio, creando una sorta di scatola ovattata in cui avveniva l’epifania della psiche umana. Erano un tentativo di distrazione dalla malinconia e dal pensiero sulla morte, invece, le collezioni dello scrittore francese Pierre Loti (1850-1923). Ufficiale di marina e viaggiatore, concepiva la propria vita come una performance e la sua casa di Rochefort, sulla costa atlantica della Francia, era una sorta di teatro d’avanguardia in cui organizzava feste a tema, presentandosi mascherato con eccentrici abiti orientali che gli permettevano di esprimere le sue molteplici personalità. Gabriele D’Annunzio (1863-1938), invece, intendeva le collezioni come esaltazione dell’Io. Il poeta, con le sue raccolte, ha dato vita al Vittoriale di Gardone Riviera (Brescia), un complesso monumentale in cui nulla era lasciato al caso. All’architetto Giancarlo Maroni aveva affidato la ristrutturazione della villa principale, la Priora, dicendo: «Chiedo a te l’ossatura architettonica, ma mi riserbo l’addobbo». E chiamarlo addobbo è riduttivo. La dimora, infatti, e una raccolta eccezionale e minuziosa, un sacrario in cui elevare l’intelletto rispetto a una realtà ritenuta superficiale e ripugnante. Le collezioni dello scrittore francese Victor Hugo (1802-1885), invece, sono lo specchio di un’epoca in cui, nella Francia napoleonica, nascevano i musei, luoghi espositivi dove celebrare la cultura, e non simulacri della psiche del collezionista. Oggi un’idea di questa sua passione è data dalla casa-museo parigina di Place des Vosges, in cui sono stati ricostruiti alcuni ambienti delle dimore dell’autore dei Miserabili. Walter Scott (1771-1832), autore del famoso Ivanhoe, è stato, poi, uno dei più grandi collezionisti inglesi di armi e cimeli napoleonici, tuttora raccolti nella casa scozzese di Abbotsford. Grandi interpreti del collezionismo d’arte sono stati invece Jean Paul Getty (1771-1832) e i russi Sergej Shchukin (1854-1936) e Ivan Morozov (1871-1921), le cui raccolte hanno dato vita a importanti musei come il Getty di Los Angeles e l’Ermitage di San Pietroburgo. I due mecenati russi partivano ogni anno da Mosca alla volta di Parigi, per commissionare opere a pittori come Monet, Cézanne, Van Gogh, Matisse. Quest’ultimo, in particolare, fu ospite di Sergej Shchukin a Mosca, dove dipinse Pesci rossi, e lo consigliò su come collocare i quadri della sua collezione: la dimora, infatti, era una galleria privata dal valore inestimabile

SIGMUND FREUD
LA PASSIONE PERI TAPPETI
In un continuo rimando tra il lavoro di psicoanalista che scava nei ricordi e nel trascorso dell’individuo e quello del collezionista che riscopre negli oggetti del passato il senso del presente, Sigmund Freud aveva trasformato il suo studio in un contenitore di raccolte. Sulla sua scrivania, per esempio, si trovavano una statuina di Thot, la divinità egizia della Luna e della sapienza, la raffigurazione di un saggio cinese e un bronzo di Alena. Questi personaggi, con cui spesso conversava, lo accompagnavano nelle sedute di psicanalisi. L’ambiente era poi completamente rivestito (pavimento e divani) di antichi tappeti orientali. www.freud.org.nk

VICTOR HUGO
LA CINA NON ERA VICINA
NeL 2012, per celebrare i 210 anni dalla nascita ili Victor Hugo Christie’s ha battuto all’asta oltre 400 cimeli appartenuti allo scrittore francese. Ma gran parte delle sue prestigiose collezioni sono raccolte nella casa museo al numero 6 di Piace des Vosges, a Parigi. La dimora è divisa in tre piani: il primo è dedicato a mostre temporanee; il terzo è una biblioteca; il secondo è una ricostruzione di alcune stanze delle dimore di Hugo. Qui a destra, la sala cinese, proveniente dalla casa di Juliette Drouet, amante dello scrittore, completamente rivestita con campannelli in legno laccati che custodiscono porcellane e statuine cinesi di varia provenienza.

GABRIELE D’ANNUNZIO
TRA SACRO E PROFANO
Libri, statue, spartiti musicali, oggetti sacri. Così D’Annunzio riempiva di raccolte le sue dimore, da quella abruzzese al Vittoriale di Cordone Riviera (www.vittoriale.it). «Io ho il temperamento, l’istinto, il bisogno del superfluo», scriveva il poeta. «L’educazione estetica del mio spirito mi trascina al desiderio e all’acquisto di cose belle. Nel Vittoriale, in particolare, la Sala delle Reliquie, in cui sono raccolte immagini e oggetti delle diverse fedi, svela il bisogno di circondarsi di oggetti simbolici o di valore storico-culturale per potersi elevare dall’ordinarietà della vita.

PIERRE LOTI
ORIENTALISMI
Più che una vita, quella di Pierre Loti è stata una performance. Lo racconta la sua casa e i travestimenti con cui lo scrittore e viaggiatore si presentava ai suoi ospiti. Memorabile è stata la volta in cui interpretò Osiride, la divinità egizia della morte e dell’oltretomba. Normalmente Loti, affascinato dalle culture orientali, indossava abiti da sultano, ma passava da uno stile all’altro con grande disinvoltura e le stanze della sua dimora lo dimostrano. A pian terreno, infatti, si trova la sala giapponese e quella del Rinascimento; al primo piano, la stanza cinese: al secondo piano, la sala gotica, quella turca e la moschea. Ogni ambiente era definito nel dettaglio con oggetti ed elementi d’arredo in stile.