Simonetta Robiony, la Stampa 26/10/2013, 26 ottobre 2013
RITORNO AL PICCOLO MONDO ETERNO DELLA PROVINCIA
Erano più di trent’anni che non si girava un film da un libro di Piero Chiara, autore amatissimo dal pubblico per i suoi ritratti di provincia comici ma eleganti. Eppure dai suoi racconti erano nati nel 1970 Venga a prendere il caffè da noi di Alberto Lattuada con Ugo Tognazzi, ormai un classico, poi Il piatto piange di Paolo Nuzzi,nel 1976 La stanza del Vescovo di Dino Risi ancora con Tognazzi e con Ornella Muti, Il cappotto di astrakan di Marco Vicario, l’ultimo, nel 1980. A cent’anni dalla nascita un romanzo di Piero Chiara torna al cinema per la volontà di due giovani produttori, Valentina Di Giuseppe e Massimiliano Leone, che, crisi o non crisi, hanno deciso di provarci per passione.
Ecco dunque per la regia di Giulio Base Il pretore, piccolo affresco di costume ambientato negli anni che precedono l’ultima guerra, tra il 1937 e il 38 con Francesco Pannofino, indimenticabile in Boris e in Nero Wolfe, nel ruolo del protagonista, un pretore di scarsa importanza dagli straordinari appetiti sessuali, seduttore seriale per modo di dire, visto che le donne gli si concedono in cambio di favori, presuntuoso autore teatrale di opere senza alcun successo, marito di una infelice moglie eternamente malata che sembra asciugarsi con gli anni, interpretata da Sarah Maestri. Sarà beffato da un giovane avvocato, l’attore Mattia Zaccaro Garau, che lui trasforma nel suo braccio destro portandolo a vivere in casa propria, non accorgendosi dell’amore nato tra lui e sua moglie, infine accettando di far da padre al bambino nato da quella relazione per pura convenienza, per non dar scandalo, per mantenere le forme: sacrificio inutile visto che tutta la città ne mormora e ne ride. Al fianco di questo triangolo tragicomico Eliana Miglio, Debora Caprioglio, Carlina Torta, Carlo Gabardini, Max Cavallari e un ottimo cast tecnico con scene di Gualtiero Caprara, costumi di Laura Costantini, fotografia di Fabio Zamarion, musiche di Pietro Freddi.
Contrariamente a quanto avviene di solito, il film è stato interamente girato a Luino, la città affacciata sul Lago Maggiore, che conserva il culto di Piero Chiara: il suo caffè, la sua piazza, la casa, i palazzi, il lago con le Alpi, un po’ lombarde, un po’ svizzere, un po’ piemontesi. E a Luino l’altro giorno, nella cerimonia per ricordare lo scrittore e questo suo Il pretore di Cuvio che nel 1973 vendette 130mila copie proiettandolo per la prima volta in testa alle classifiche dei libri più venduti, c’era anche il regista Giulio Base, grato dell’accoglienza e della partecipazione con cui tutti gli abitanti si sono prestati a fare le comparse. Il film dovrebbe uscire in primavera, al momento è al montaggio. Sfilano le immagini. Pannofino fiero e soddisfatto che entra nel suo enorme studio di pretore tra due ali di donne pronte ad offrirsi. Due signore con cappellino che spettegolano su una panchina con alle spalle le acque del lago. Sarah Maestri, la moglie malata di tristezza, che cerca il conforto di un medico facendosi prescrivere vitamine svizzere. Un treno dal quale scende l’avvocatino Zaccaro Garau con i suoi occhiali alla Gramsci e una lobbia grigio tortora in testa. Il fascismo c’è, ma è una eco lontana.
Anniversario a parte, perché riprendere in mano, oggi, un romanzo di Piero Chiara? Lo spiegano i produttori. «L’idea è di Sarah Maestri che è di Luino. E’ lei che aveva comprato i diritti di questo romanzo, cercando invano di portarlo sullo schermo. Noi che avevamo già prodotto un film premiato a Taormina, Dalla vita in poi di Lazotti con la Capotondi e Filippo Nigro, stavamo preparando con Base un secondo film, Mio papà con Giorgio Pasotti e Angela Finocchiaro. A marzo, prima che i diritti scadessero, ci arriva la proposta della Maestri. Ne parliamo a Base che, per quei curiosi casi della vita, aveva letto tutto Piero Chiara, portato da suo fratello maggiore all’esame di maturità. Il cerchio si è chiuso in un attimo e in meno di un anno abbiamo realizzato il film».
Base ammette che dopo tanta fiction, da Padre Pio con Placido a Don Matteo con Terence Hill, dal più popolare Pompei al più chic La donna della domenica, aveva voglia di tornare al cinema. «Per di più lavorare su un testo scritto da un bravo autore rappresenta per me una rete di protezione. Non ho esitato un momento». In questo Il pretore che morale c’è ? «L’inutilità di dare troppo peso alle apparenze, al cosa pensa la gente, al giudizio del prossimo. Certo, al tempo di Piero Chiara, il perbenismo piccolo borghese era trionfante, l’ipocrisia era una virtù, negare tutto un dovere. Oggi, con i telefonini privati, le telecamere per strada, la posta elettronica, un tradimento si scopre subito. Gli amanti devono usare molte più accortezze per nascondersi. Sfuggire è arduo: qualcuno che fissa la tua immagine da qualche parte c’è. Ma a me sta bene così. C’è più sincerità».