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 2013  ottobre 26 Sabato calendario

“NON È PIÙ IL MIO CALCIO MA TORNO ALLO STADIO PER QUESTO BEL VERONA”


Buon giocatore, grande allenatore, persona di uno spessore umano raro, molto raro nel pianeta del pallone.
Caro Osvaldo Bagnoli, possiamo per una volta tornare a darci del lei?
«Perché, cosa ti ho fatto?» (in milanese sciacquato in Adige).
Niente, semmai sono io che non mi faccio sentire da un po’. Ma nelle interviste scritte il tu non è elegante.
«È per Inter-Verona?».
La risposta è esatta.
«Allora ti do, anzi, le do due notizie. La prima è che mi han già chiamato altri suoi colleghi. La seconda è che io comunque non gioco».
Infortunato?
«Eccome. Devo fare una protesi al ginocchio. El dutur m’à dì, sì insomma, il dottore mi ha detto che ne vale la pena perché ho solo 78 anni. A me non sembrano pochi, ma visto che parlava in prospettiva speriamo abbia ragione lui».
È vero che è tornato allo stadio?
«È vero sì. Già dal girone di ritorno dell’anno scorso, dopo tanti anni. Ci vado con mia moglie, è stato molto gentile il presidente a insistere. E io gli ho fatto i complimenti non solo per i risultati, ma per il lavoro che sta facendo nel settore giovanile. L’ho sempre seguito, adesso mi ricorda quello che faceva tanti anni fa a Ferrara il presidente Mazza».
Altro che complimenti. Una decorazione, Mazza è stato uno dei migliori presidenti del dopoguerra.
«Vuol dire che ho esagerato? Non credo. E se l’ho fatto è perché io il gialloblù ce l’ho sulla pelle, qui sono stato giocatore, allenatore, ho trovato moglie, ho messo su famiglia e ci ho pure vinto uno scudetto. E quando il Verona segna salto in piedi e mi dimentico del male al ginocchio».
Quali sono i suoi preferiti?
«Beh, Jorginho, fin dall’anno scorso quando giocava davanti alla difesa. Può giocare lì, può fare il rifinitore, in mezzo al campo può fare tutto. Iturbe, per come va dentro sempre puntando la porta, ha davvero qualcosa di Messi anche se è meglio dirlo sottovoce. Ma dovrei citarne altri, a cominciare da Romulo che ha quantità e qualità che a Firenze si eran viste solo in parte».
Stasera davanti alla tv, si capisce.
«Che discorso. E la Monica di là, attaccata alla radio, perché mia figlia è non vedente e quindi arriva prima. Ma questa gliel’ho già raccontata».
Replay.
«Io son lì davanti alla tv con la palla a metà campo, e di là c’è la Monica che urla gol. Ci ho messo un po’ a capire che il segnale della radio è in netto anticipo sul satellite, roba di secondi. Speriamo mi rovini la sorpresa anche stasera».
Anche perché al di là della pelle gialloblù quei due anni - scarsi - all’Inter non sono mai andati né su né giù.
«Ci son rimasto male, dico la verità. Forse non ero adatto a una grande squadra, forse avevo dei limiti di carattere. Però…».
Però?
«Il primo anno siamo arrivati a 4 punti dal Milan degli olandesi e de tucc chi alter, di tutti i Baresi, i Maldini, i Donadoni, e se non pareggiano nel secondo tempo del derby di ritorno non so come va a finire. L’anno dopo mi han mandato via quando eravamo quarti in classifica. E da lì in avanti nelle ultime 12 ne han vinta solo una, e si sono salvati al pelo. Poi, a distanza di tempo ho anche saputo il perché dell’esonero, ma quello giuro che me lo tengo per me».
Grafologia?
«Ma io non te l’ho mai detto».
È vero, sotto giuramento. Ma che donna Ivana Pellegrini si dilettasse di grafologia, e nei momenti delle decisioni estreme venisse consultata dal marito presidente non era una leggenda metropolitana.
«Io l’ho saputo dopo, ripeto. Ma a maggior ragione mi son congratulato con me stesso per aver deciso subito, su due piedi, a 59 anni, che non mi sembravano nemmeno tanti, che quello non era più il mio calcio».
E sì che provarono a farle cambiare idea, per anni.
«Modestamente sì. Mi cercarono anche grandi società, e quelli erano i tempi in cui si cominciavano a guadagnare un sacco di soldi. Ma io non mi sono mai minimamente pentito».
Aveva scoperto lo sci.
«Prima il fondo e poi la discesa. La famiglia, gli affetti, gli amici, il mio ex compagno di squadra e amico Franco Nanni che mi ha convinto a entrare in società con lui nella sua attività di albergatore. Un’altra vita, lontana dal calcio che sinceramente non mi è mai mancato, se non per l’associazione dei veterani gialloblù con cui cerchiamo di aiutare gli ex compagni in difficoltà. Mi mancava un bel Verona, adesso l’ho ritrovato».