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 2013  ottobre 26 Sabato calendario

LA LUNGA VITA DELLE IDEE


Se un oggetto non è razionale, misurato, funzionale, si può comunque definire design?
Certamente. Dire che il design è solo razionalizzazione e elusivo. Si pensi all’ironia delle lampade fatte dai Castiglioni per la Flos, con il faro di un’automobile messo su un trespolino di metallo. Progetti come questi, che vanno oltre la funzione, sono i più durevoli. Si ancorano nella nostra psiche perché contengono un sogno. Invece il banale stilismo, puramente legato alla brevità del gusto formale, dopo un po’ va fuori moda. Guardi le automobili. Sono razionalissime, eppure cambiano aspetto costantemente.
Spazio agli ultramobili, quindi? L’imprenditore “anarchico” Dino Gavina chiamò così i suoi pezzi che riadattano l’opera dei surrealisti. Il tavolino di Meret Oppenheim, però, più che design sembra arte...
L’arte è un’altra cosa. Quello è design, esattamente come un bel mobile del primo Impero con le zampe di elefante, solo che ha zampe da uccello.
Il marchio Simon, creato da Gavina nel 1968 per “andare oltre i limiti del razionale”, è stato rilevato di recente da Cassina. Perché, secondo lei, si punta ancora sul design che appartiene a un’altra epoca?
Oggi la cronologia comincia a perdere significato. Un ragazzo di vent’anni può “dialogare” con Marilyn trovandola erotica. Questo abolire il tempo e lo spazio ha un suo peso anche nel campo dell’oggetto. Possiamo avere intorno creazioni che sono anagraficamente molto anziane ma ci sono assolutamente vicine dal punto di vista della sensibilità.
Surrealismo ed evasione, infatti, sono tornati in voga anche tra i giovani designer...
Ci provano in tanti, ma ci riescono in pochi. Ci sono periodi di creatività maggiore, quando si immagina che il futuro sia inventabile, e altri, come adesso, in cui si è spaventati dal futuro. Non dico non succeda nulla, ma poco. Come si fa, in quel poco, a distinguere cos’ha valore? Non è facile. Ma quando appare di solito fa un bel suono. Cerco, dirlo subito è rischioso. Più facile il mestiere dello storico che del critico. Di sicuro non tutto farà la storia, soprattutto in un momento in cui si tende all’omologazione. Se non c’è un altro Jimi Hendrix, sarà difficile trovare nel design un’espressione particolarmente raffinata.