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 2013  ottobre 26 Sabato calendario

GRAN GALA’ NOBEL


Lo scorso 11 ottobre l’Opac, l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche, ha vinto il Nobel per la Pace 2013: come di prassi negli ultimi anni, il Comitato di Oslo che aggiudica il riconoscimento ha fatto una scelta politica. Il direttore dell’organizzazione che ha il compito di smantellare l’arsenale chimico siriano, il turco Ahmet Uzumcu, si è detto certo che questa vittoria incoraggerà i Paesi che ancora custodiscono armi micidiali a intraprendere un percorso di smilitarizzazione.
La proclamazione dei premiati e un momento chiave, oltre che per il vincitore, anche per qualcun altro: per tutto lo staff del Grand Hotel di Oslo, l’albergo dove si svolgerà il galà del 10 dicembre per la consegna del Nobel Peace Prize (gli altri, dalla fisica alla letteratura, sono invece assegnati a Stoccolma). Lo chef Ronny Haug, che gestisce uno staff di 40 persone, ha due mesi di tempo per dedicarsi alla preparazione della cena più importante dell’anno. Ronny ha 35 anni e un viso da campione di sci di fondo. È lui che, da 5 anni, prepara i Menu per la Pace nelle cucine del più famoso hotel di lusso norvegese, e lo fa nel più assoluto segreto. Proprio come accade per il nome del vincitore del Nobel più importante, anche sul menu di cinque penate servito nella sala degli specchi del Grand Hotel vige il più assoluto riserbo. Haug parla invece volentieri dei banchetti organizzati negli anni passati. Gli ospiti del ristorante, previa prenotazione, possono ancora provare i menu dei dieci anni precedenti. Quello che riscuote più successo e il Menu Obama, del 2009, o quello Europa, dello scorso anno. «Per i 250 invitati che festeggiavano l’Unione Europea abbiamo preparato un agnello in salamoia, servito come un carpaccio. Conosco personalmente l’allevatore che ci ha fornito la carne», dichiara orgoglioso, sottolineando come i prodotti norvegesi («siamo fortunati: abbiamo il miglior pesce e la miglior carne che si possano trovare») siano alla base di ogni Menu della Pace.
La Norvegia non è mai stata famosa per la sua gastronomia: la sua cultura protestante ha sempre dato al cibo il mero valore di nutrimento. Ma dagli anni 90, quando i proventi del petrolio hanno fatto di questo uno degli Stati più ricchi del mondo, qualcosa è cambiato, e gli chef locali hanno cominciato a recuperare il tempo perduto.
Il Comitato per l’assegnazione del Nobel per la Pace mette a disposizione per la cena l’equivalente di 75 mila euro. Il menu, o almeno alcune delle portate, rendono omaggio alla tradizione culinaria del Paese del vincitore. Quest’anno sarà probabilmente un misto di sapori tra la Turchia di Ahmet Uzumcu e l’Olanda, dove ha sede l’Opac. Per Haug un equilibrio difficile da trovare quasi quanto quello di due anni fa, quando il Nobel per la Pace venne assegnato a 3 donne, Johnson Sirleafe e Leymah Gbowee, entrambe liberiane, e Tawakkul Karman, yemenita.
Affacciato sulla Karl-Johan Strasse, nel pieno centro di Oslo, il Gran Hotel è un palazzo affascinante anche dal punto di vista architettonico, con le sue alte finestre con traversine, la torre e i balconi con le ringhiere in ferro battuto. Al primo piano, sopra all’ingresso principale, nella suite 201, ogni anno il vincitore del Nobel per la Pace rilascia le interviste di rito. Gigli borbonici decorano la tappezzeria nei toni pastello, e lungo lo stretto corridoio che conduce alla stanza sono appesi i ritratti dei vincitori. All’interno della suite una porta a vetri si apre su un piccolo terrazzino dal quale il vincitore saluta la folla prima della cena di gala: è tradizione che tutto il cerimoniale si apra con una fiaccolata che termina proprio sotto quella terrazza.
Ole Heide è il capo della sicurezza del Grand Hotel, e quando parla non può prescindere da quel venerdì di ottobre 2001» quando venne annunciato il nome di Barack Obama in qualità di vincitore del Nobel per la Pace. Come ogni anno, i responsabili dei vari settori erano riuniti nella saletta davanti alla televisione: «Per un istante, al pensiero di quello che mi aspettava, quando hanno tatto il suo nome mi si è fermato il cuore», racconta. Di solito è la polizia norvegese a occuparsi della sicurezza degli invitati alla cena di gala. Prima dell’arrivo degli ospiti viene fatto entrare nel salone delle feste un cane addestrato a riconoscere ordigni esplosivi. Fine dei controlli. D’altra parte, questo è il Paese che ripone la massima fiducia nel prossimo. Chi, il 10 dicembre, si presenta con l’invito, viene fatto entrare senza subire nessun ulteriore check-up. Nel 2009, però, le cose andarono diversamente: furono i servizi segreti a premiere in mano le redini delle operazioni di sicurezza. In tutta la città vecchia vennero sigillati i tombini e il personale dell’albergo venne messo sotto la lente d’ingrandimento: ogni chef e ogni cameriere dovevano dimostrare di essere residenti in Norvegia da almeno cinque anni. Il Grand Hotel non aveva un numero abbastanza alto di dipendenti con quelle caratteristiche, e cosi il direttore si vide costretto a far arrivare altro personale da altri alberghi del Paese. Nella lobby venne sistemato un varco a raggi X come quello degli aeroporti, e l’hotel venne di fatto chiuso a qualunque ospite esterno. Anche per Ronny Haug qualcosa cambiò: i servizi segreti decisero di riesumare l’antica tradizione dell’assaggiatore di corte, e prima di far servire al Presidente e alla First Lady delle portate ne testavano qualcuna a caso tra le 250 già pronte.
«Di solito i vincitori del Nobel sono ospiti alla mano», racconta lo chef. Da quando è lui a occuparsi della cena non gli è mai capitato nè un vegetariano nè un vegano. Anche i vincitori di fede ebraica non hanno mai chiesto espressamente cibo kosher o di rispettare in cucina particolari usanze ortodosse. «Siamo pronti a far fronte a qualunque tipo di problema o intolleranza alimentare, allergie comprese, ma finora nessuno ha mai chiesto piatti alternativi».
Le pareti del salone delle teste sono decorate da grandi specchi e da un imponente arazzo, mentre dal soffitto pendono immensi lampadari di cristallo. Gli ospiti siedono attorno a tavoli rotondi da dieci coperti ciascuno. Per questa cena di gala, il Grand Hotel usa un servizio di porcellane speciale: i sottopiatti sono decorati con un medaglione dorato di Alfred Nobel, mentre gli steli dei calici da vino sono dorati a mano. In occasione della cena in onore di Obama era stato deciso di dare alla mise en place un tocco ancora più esclusivo: i segnaposto furono tutti decorati a mano con i nomi degli invitati. Ma fu una scelta troppo onerosa in termini di tempo, e oggi si è tornati a usare dei segnaposto stampati.
A Oslo ogni differenza rispetto a ciò che avviene a Stoccolma viene sottolineata con fierezza: il comitato organizzatore tiene molto a rimarcare la “norvegesità” della festa. L’atmosfera dev’essere rilassata e meno formale di quella di Stoccolma: se lì gli uomini sono obbligati a indossare il frack, qui a Oslo è sufficiente uno smoking. In Svezia, poi, il banchetto è ripreso da diverse telecamere, qui invece si è convinti che sia impossibile godere di una cena mentre qualcuno sta filmando. Ancora: a Stoccolma, il Re è da sempre tra gli invitati. I norvegesi, invece, non sono particolarmente amanti delle gerarchie. Per molti anni il sovrano di Norvegia, che abita a due passi dal Grand Hotel, il 10 dicembre si e visto costretto a cenare altrove. Solo dal 2006, anno in cui il comitato ha apportato alcune modifiche al protocollo, le cose sono cambiate. Quell’anno il vincitore Muhammad Yunus, originario del Bangladesh, aveva espresso il desiderio di invitare la regina di Spagna, Sofia. Per trovarle dei commensali adeguati il comitato decise di invitare il Re e la Regina padroni di casa. Il principe e sua moglie, invece, dovettero aspettare sino al 2009 per ricevere l’invito.
Il comitato del Nobel riceve spesso richieste da parte di persone che vorrebbero partecipare alla cena di gala, e le stesse pressioni vengono esercitate sull’hotel: «Ma noi non cediamo mai», dice Ulrik Kuhle, direttore dell’albergo. Ed è questo che rende il banchetto ancor più esclusivo: nessuno può “acquistare” l’ingresso. A parte le 30 persone scelte dal vincitore e una piccola lista di nomi “necessari”, ogni anno per i 250 posti della sala degli specchi si scatena una piccola guerra politica. Quella del 2013 è appena cominciata.