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 2013  ottobre 26 Sabato calendario

ADDIO PIERO MAZZARELLA RE DEL TEATRO MILANESE


Era “el nost Milan” Piero Mazzarella, e non soltanto perché era stato fra coloro che nel 1961, sotto il comando affettuoso e insieme imperioso di Giorgio Strehler, avevano dato vita indimenticabile alla commedia di Bertolazzi. Se c’era un attore, a Milano, che ne specchiasse interamente l’anima portando allo spettatore il senso della nebbia, l’odore del minestrone messo a ribollire sul fuoco, gli echi di un vociare plebeo eppure musicale nel dedalo delle ringhiere, questi era Mazzarella, scomparso a 85 anni dopo una carriera d’attore inimitabile e dopo una esistenza intensissima, avvelenata di recente dal malumore per lo sfratto dalla propria casa provocato dalle difficoltà economiche legate ad ogni tramonto (viveva con una pensione di 1.500 euro al mese).
Incredibilmente, Mazzarella era nato vercellese, ma, trasferitosi quasi subito a Milano, ne era diventato la voce-simbolo insieme al suo amico-rivale Tino Carraro, che però, diversamente da lui, coltivava una “nuance” più aristocratica. Entrambi, quasi in una sfida a distanza, ebbero in sorte di cimentarsi con lo stesso personaggio, il Prospero della Tempesta. Carraro al “Piccolo” nello Shakespeare di Strehler, Mazzarella al “Parenti” nel rifacimento di Emilio Tadini diretto da Andrée Ruth Shammah. Incomparabili, ovviamente. Mazzarella cominciò a recitare a dieci anni, sostituendo un’attrice nel ruolo di Cosetta nel Miserabili di Hugo, poi, gradualmente, aggiustando il tiro, era approdato al teatro vernacolare che, con alterne fortune, avrebbe ottenuto la massima popolarità tra gli anni Sessanta e Settanta, al punto che nel ’79 una Biennale Teatro aveva dedicato l’intero cartellone alla scena dialettale.
Era tale il legame di Mazzarella con la parlata milanese, con la sua psicologia, l’umanità e l’ironia, che si dedicò anima e corpo a questa drammaturgia fondando una propria compagnia, la “San Calimero”, e cogliendo non di rado l’alloro del “campione d’incassi”. Quante sono state le commedie portate in scena da questo attore sanguigno, esuberante, dotato di una voce pastosa che non di rado sapeva piegarsi nei toni rugginosi del sarcasmo? Di sicuro più di duecento: un’attività pazzesca che correva parallela a una biografia apparentemente tranquilla, in realtà segnata da molte inquietudini, come testimoniano i tre matrimoni. Mazzarella dava vita a figure del popolo o a borghesi piccoli piccoli. Interpretava storie in cui i buoni sentimenti si sposavano con l’ironia. Ma non bisognerà dimenticare che fornì un vertice interpretativo con la maschera popolana del Tecoppa.
Il teatro era l’alfa e lo zenith nel pensiero e nel lavoro di Mazzarella. Tuttavia, come è normale, fece parecchia televisione e, quando capitava, del cinema, magari in pellicole scollacciate o buttate via che non si chiamavano ancora B movies. Ma tra tanti ciak sopportati per necessità finanziarie (il denaro del cinema aiutava la povertà cronica del teatro), arrivava ogni tanto la parte buona. Per esempio nel primo instant movie del cinema italiano, Banditi a Milano di Lizzani, in cui Mazzarella interpretava il personaggio dell’impiegato che denuncia la banda Cavallero e poi muore d’infarto. Nel suo essere attore meraviglioso, ma anche un poco imprevedibile e settario, Mazzarella si concesse il gusto di dire di no a Fellini per ben due volte: una era per Amarcord, l’altra per La voce della luna.