Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Aggiorniamo il bollettino delle elezioni. Nella lista di Monti – dopo Alberto Bombassei, il direttore del “Tempo” Mario Sechi, la Vezzali, Luigi Marino (presidente di Confcooperative) e Ilaria Borletti Buitoni, presidente del Fondo Ambiente Italiano – viene sempre più accreditato il nome di Ilaria Capua, la celebre virologa del dipartimento di Scienze biomediche dell’istituto Zooprofilattico di Padova: finora la professoressa aveva escluso di entrare in politica, ma Monti, pare, l’ha tempestata di telefonate. Nel Lazio correrà alla carica di governatore per l’Udc-Fli l’avvocato Giulia Bongiorno, che ha fatto molto bene in Parlamento. In Lombardia ci si prepara a un colpo di scena, sicuro anche se non ancora ufficiale: il candidato Gabriele Albertini, che fu già sindaco di Milano per due legislature e siede oggi nel Parlamento europeo, correrà come capolista al Senato per conto di Monti. Formigoni, a sua volta, che lo appoggiava convinto contro la Lega, scenderà a più miti consigli, si prenderà un posto al Senato e comincerà ad appoggiare Maroni. Tutto l’insieme ha messo di cattivo umore Bersani.
• Perché?
Bisogna fare un discorso un po’ complicato sulla legge elettorale. Alla Camera, come lei già sa, il meccanismo prevede che alla coalizione vincente si dia il 54% dei seggi e dunque non esiste un problema di maggioranza. Al Senato il sistema funziona invece attraverso dei premi regionali. Per avere una maggioranza sicura è quindi necessario vincere in tutte le Regioni o almeno non perdere in quelle che dànno il maggior numero di seggi, come la Lombardia, la Campania, la Sicilia.
• Queste regioni sono in bilico? Perché anche il Lazio, per dire, produce parecchi senatori.
Nel Lazio, dopo gli scandali della precedente giunta, il Pd non ha problemi, nonostante la Bongiorno, e Zingaretti dovrebbe vincere in carrozza. Il caso più spinoso riguarda la Lombardia: l’accordo dell’altra sera tra Berlusconi e Maroni ha messo in serio pericolo la vittoria di Umberto Ambrosoli, il ritiro di Albertini – se sarà ufficializzato – rischia di affossare definitivamente la vittoria del centro-sinistra. Teniamo conto del fatto che la Lombardia vota storicamente a destra e che Albertini, se continuasse a gareggiare, pescherebbe ovviamente nell’elettorato di dei berlusconiani. Gli accreditavano un 12-13%, sono voti che in gran parte devono adesso ritenersi di ritorno all’asse Pdl-Lega. La Lombardia assegna 49 seggi a Palazzo Madama, cioè un sesto di tutti i senatori. Un altro calcolo riguarda la Sicilia: qui Berlusconi è riuscito a portare dalla sua parte il Grande Sud di Micciché. Se Micciché alle ultime regionali non avesse corso per conto suo, il democratico Crocetta non avrebbe vinto, ma sarebbe arrivata prima, appunto, la coalizione di centro-destra. Un calcolo puramente numerico dice perciò che, per il centro-sinistra, anche la Sicilia è in pericolo.
• E la Campania?
In Campania il Pd uscirebbe indebolito dalla lista “Rivoluzione civile” dell’ex magistrato Antonino Ingroia. Rc (buffo: le stesse iniziali di Rifondazione comunista) gode dell’appoggio del sindaco De Magistris, bello e demagogo, e ancora simpatico in quella regione. L’Ipsos di Nando Pagnoncelli ha valutato che il risultato in queste tre regioni è assolutamente imprevedibile: centrodestra e centrosinistra starebbero in questo momento intorno al 32,5% a testa. Badi che il premietto di maggioranza (lo chiamo “premietto” perché regionale) viene dato alla coalizione vincente anche se ha preso un voto in più. Infine ci sono dubbi anche sul Veneto. Tutto questo sembra avvantaggiare Berlusconi, ma in realtà avvantaggia prima di tutto Monti.
• Se non ha la maggioranza anche al Senato, Bersani dovrà mettersi d’accordo con i centristi.
Sì. La maggioranza al Senato – escludendo i senatori a vita – è di 157 voti. Perdendo Lombardia, Sicilia e Veneto e vincendo nelle altre regioni, Bersani avrebbe a disposizione 149 voti. Impossibile governare senza l’aiuto di Monti (che Vendola giudica un orrore). Se perdesse anche la Campania, entrerebbe in gioco anche il Pdl-Lega. Cioè bisognerebbe rifare un governo di grande alleanza. E a quel punto, le possibilità per Monti di rientrare a Palazzo Chigi sarebbero molto alte. Certo Berlusconi preferirà Monti a Bersani.
• Ma esiste la possibilità di un accordo tra Monti e Bersani?
I due si punzecchiano e certe volte si attaccano. Ma con una certa circospezione, come se sapessero che dopo il voto, molto probabilmente, si troveranno faccia a faccia. L’ingresso di Monti nel governo forse a Bersani fa persino gioco: terrà a bada in questo modo la sua ala sinistra. Il problema si porrà se ci sarà bisogno anche dell’aiuto del centro-destra: con i berlusconiani di nuovo nella maggioranza e in qualche ministero, Vendola starà a guardare?
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