Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 10 Giovedì calendario

SCRIVERE E VENDERE LIBRI: MESTIERI PER PAZZI

[Il 50% degli italiani non legge neppure un volume l’anno, ma se ne pubblicano oltre 210 milioni, destinati subito al macero. Un meccanismo infernale in cui guadagna solo la grande distribuzione] –
Duecentotredici milioni e 163 mila libri. Tanti ne vengono stampati, più o meno, ogni anno in Italia. Avete letto bene: è una cifra enorme. Tanto più che solo una piccola percentuale di essi finisce in mano a un pubblico di lettori. Nel nostro Paese più di metà della popolazione non legge neppure un volume all’anno. Della restante metà, solo una piccola percentuale, diciamo il 15 per cento, è costituita da lettori forti, lettori che leggono almeno un libro al mese. Si capisce benissimo perciò qual è la sorte della stragrande maggioranza di quei volumi: finire al macero. Un paradosso difficile da spiegare, così come lo sono molti altri che riguardano il mondo dell’editoria libraria.
Normale quindi che un giovanotto poco più che trentenne, Federico Di Vita, volendo scrivere un saggio documentatissimo sull’argomento, abbia pensato d’intitolarlo Pazzi scatenati. Usi e abusi dell’editoria (Tic Edizioni, pp. 320, euro 14). In queste pagine, chiunque abbia abbastanza follia nella testa da voler aprire una libreria, una casa editrice, o da voler intraprendere una professione editoriale, troverà di che scoraggiarsi. E ce n’è anche per gli aspiranti scrittori.

Trappole per dodo
Quando l’autore spiega che aprire un’ennesima casa editrice (in Italia ce ne sono oltre 7 mila, di cui circa 5 mila inattive) equivale a mettersi a fabbricare trappole per dodo (il simpatico uccello non volatore di Mauritius, estinto alla fine del Seicento) non si può dire che non parli chiaro. L’affermazione è motivata da una caterva di dati e testimonianze da far impallidire. Ma che gli è preso a tutti? Le case editrici italiane che fanno il mercato sono cinque: Mondadori, Rizzoli, Gruppo Mauri-Spagnol e, distaccate, Feltrinelli e Giunti. Poi ce ne sono una ventina di medie e medio-piccole abbastanza conosciute (come la siciliana Sellerio o la pugliese Laterza) e una spruzzata di piccole, ma combattive, come minimum fax o Meridiano Zero. Tutto il resto è polvere, e solo un addetto ai lavori potrà distinguere i marchi che offrono almeno una garanzia di serietà dalle micidiali case editrici a pagamento, brave solo a raggirare gli autori gonzi, sempre incredibilmente numerosi.
Quella che di Vita chiama con espressione vivida ma efficace «catena della morte» è salda più che mai. Il sistema economico del libro si basa su una sequenza di “pagherò”. Il libro stampato finisce (quando va bene) nelle mani di un distributore, che lo porta in libreria sulle basi delle prenotazioni ottenute dai promotori, magari sei mesi prima. L’editore fattura, ma deve fare i conti con il diritto di resa dei librai. I volumi invenduti devono essere rimborsati, o rimpiazzati con altri volumi-novità. Gli editori, per non fallire subito, si trovano costretti a immettere sul mercato continue novità, o presunte tali, andando a rimpolpare lo spettro dei già numerosissimi titoli presenti sui banchi o sugli scaffali.
In realtà, nemmeno le librerie più grandi e strategicamente meglio posizionate riescono a ospitare più che una piccola parte di questa offerta spropositata. E il resto? Beh, ci sono migliaia di camion carichi di scatoloni che percorrono l’Italia in lungo e in largo, da un magazzino all’altro. Gran parte di quegli scatoloni, anche ammesso che riescano ad arrivare in qualche libreria, non vengono mai aperti.
L’autore, avendo lavorato in due o tre piccole case editrici e in una libreria, si è reso ben presto conto di questo meccanismo delirante e qui lo sviscera in tutte le sue componenti presenti e prevedibilmente future. I promotori forse non esisteranno più, sostituiti dai buyer, dai compratori delle grandi librerie di catena. Il grosso del mercato verrà fatto da sempre meno titoli, alla faccia della bibliodiversità, che è una bella parola e un bellissimo concetto, che sa molto di libertà di scelta, ma che continuerà a esistere solo su Internet Le librerie indipendenti, quelle dove un rapporto con un libraio competente era ancora possibile, continueranno a ridursi o a trasformarsi, con la formula del franchising, in ulteriori propaggini delle grandi catene. L’unico settore a non perderci mai è la distribuzione. E i grandi distributori possono allo stesso tempo spingere un autore e affossarne un altro, a loro piacimento.

Stage non pagati
Poi c’è un’altra follia. Quella di chi pensa di poter lavorare, retribuito, nel settore editoriale. Una follia che coinvolge migliaia di giovani, in genere laureati in discipline letterarie o in Scienze della comunicazione (qualunque cosa significhi). Nella realtà si fanno stage non pagati, anche per anni, e senza alcuno sbocco professionale. Tutto ciò è spiegato benissimo, anche attraverso le testimonianze dirette di addetti ai lavori e di persone che sono state triturate dall’orrido meccanismo. Su tutto aleggia l’incognita delle nuove tecnologie, come l’ e-book o libro elettronico, non si sa ancora bene quanto potenzialmente efficace. È tutto scritto per filo e per segno in Pazzi scatenati. Leggetelo, se riuscite a trovarlo.