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 2013  gennaio 10 Giovedì calendario

LA FIGLIA DEMOLISCE PAPÀ KINSKI «MI VIOLENTAVA FIN DA BAMBINA»

[Pola, sorella di Nastassja, a 12 anni dalla morte dell’attore denuncia gli abusi subiti: «Non ne potevo più di sentire che tutti lo elogiavano»] –
Si legge in Madame Bovary: mai maneggiare troppo un mi­to, alla fine un po’ di oro resta sulle dita. Dentro la grande let­teratura ci sono sempre lucide verità, che aiutano nella vita. Avvicinare eccessivamente un personaggio rischia di rivelarlo molto diverso, con un seguito di retroscena e di delusioni che può dissolvere nel nulla la glo­riosa icona. Sono sempre i più intimi, i familiari e gli amici, ad osservare senza filtri, fino in fondo, al microscopio, la doppia versione dell’individuo. E le lo­ro conclusioni possono risulta­re sconvolgenti. Certo non si può dire che il famoso Klaus Kinski, attore di grido dell’altro secolo, morto nel 1991, si por­tasse dietro una reputazione di pio e devoto. Compiaciuto nel suo ruolo maledetto, definito «psicopatico e schizofrenico » nelle cartelle cli­niche di un ospedale berli­nese pubbliciz­zate anni dopo la scomparsa, il grande pubbli­co l’ha sempre conosciuto quanto meno come eccentri­co, stravagan­te, anticonfor­mista, rissoso e piantagrane. Eppure, nonostante questa re­putazione, nessuno riesce ades­so ad apprendere tranquilla­mente quanto la sua secondogenita Pola, oggi sessantenne, sorella della più nota Nastas­sja, rivela al settimanale Stern , parlando del libro autobiografi­co di prossima pubblicazione. A tanti anni di distanza, ricordi e parole di figlia sanguinano co­me ferite aperte: «Mio padre mi ha stuprata da quando avevo cinque anni fino ai diciannove. Si è sempre infischiato di tutto, anche quando cercavo di difen­dermi. Gli era indifferente e si prendeva ciò che voleva».
Che la donna si decida a rac­contare solo adesso un simile passato, un simile privato, quando il padre dipinto come mostro e degenerato non ha più facoltà di difesa, può sem­brare piuttosto sgradevole, se non addirittura inquinato da biechi interessi editoriali. Fos­se così, è chiaro, la figlia sareb­be ben più mostruosa del geni­tore. Ma è Pola stessa a spiegare i motivi dello spaventoso outing: «Non potevo più sentirmi dire da tutti che grande tuo pa­dre, che genio tuo padre. Da quando è morto, questa idola­tri­a nei suoi confronti è diventa­ta sempre peggio. La mia verità di figlia è molto diversa. Non so­no mai riuscita a vederlo come grande attore. Ho vissuto tutta la vita nel terrore dei suoi scop­pi d’ira. Ha abusato di qualun­que persona, non ha mai rispet­tato nessuno». È certo che in casa Kinski non si giocasse al gioco dell’Oca e non si montasse il presepe a Na­tale. La stessa Nastassja, cele­bre attrice avviata prestissimo alla professione, spesso in ruoli decisamente scabrosi, non ha mai nascosto le nebbie della sua educazione domestica, rac­contando di un padre «che era sempre assente, che non ha ba­dato troppo a noi».
A ogni modo è quel che resta di una memoria, di un mito, di un’icona raffinata e controver­sa a rendersi così desolante, co­sì insopportabilmente odioso. Sono gli effetti collaterali del ge­nio, si ama raccontare nel demimonde delle arti. Ma è meglio andarci piano. Una cosa è il fa­scino irresistibile della simpati­ca canaglia, altra cosa è l’effer­a­ta morbosità che viene alla luce in queste storie torbidissime.
Certo non si può dire sia la pri­ma volta che un mito popolare, attore o cantante, pittore o cam­pione, riveli in filigrana tutt’al­tra personalità. Non è la prima volta che a smascherare o a dis­sacrare il monumento sia chi lo conosce da vicinissimo, convi­vendoci a tempo pieno, toccan­do con mano le sue virtù e i suoi lati scuri. Quante volte abbia­mo sentito figli raccontare di de­pressioni domestiche del pa­dre comico, o di meschinità impensabili del padre pensatore. Questo però fa parte dell’uma­nità, dove grandezza e miserie di mescolano sempre inscindi­bilmente, permettendo di na­scondere le meschinità soltan­to a chi guardi da molto lontano e da molto in basso, con occhi adoranti e superficiali. Ma nel­la famiglia Kinski c’è dell’altro, c’è molto di più e di molto peg­gio. Un padre che abusa per an­ni della sua bambina è una be­stia spregevole, e non c’è genia­li­tà capace di attenuare il crimi­ne. Se Kinski attore era quel Kin­ski padre, solo una gelida pietra tombale può calare sulla sua ar­te. Altro non resta.