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 2013  gennaio 10 Giovedì calendario

PARLARE DI PATRIMONIALE FRENA LA RCHIESTA DI INVESTIRE PIU’ CAPITALE

Ogni volta che leggo di imposta patrimoniale mi sento costretto a intervenire per chiarire concetti che sfuggono a molti di coloro che ci governano o che si candidano a governarci. Costoro continuano colpevolmente a ignorare che una cosa è la tassazione del reddito (fondiario, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di impresa o diverso), che è sempre legittima; altra cosa è la tassazione del patrimonio, che è sempre illegittima. Il motivo di ciò è evidente. Ogni attività che produca un reddito deve giustamente concorrere, con le relative imposte, al finanziamento dei servizi resi, nella loro globalità, dall’amministrazione statale. Ma il patrimonio che, sovente, non è altro che la somma dei risparmi originati negli anni da redditi che già sono stati tassati, perché mai dovrebbe essere anch’esso tassato? Se lo fosse, si verificherebbe una doppia (e ingiusta) tassazione: la prima, sui redditi originari e la seconda sulla "manifestazione" dei redditi medesimi (il patrimonio, appunto)! In secondo luogo, tassare il patrimonio vorrebbe dire penalizzare chi ha avuto il merito di impiegare il proprio reddito disponibile in finalità di risparmio, incoraggiate e tutelate dalla stessa Costituzione. Non solo i nostri governanti (o candidati tali) dovrebbero distogliere la mente da altre tentazioni di "patrimoniale" ma dovrebbero anche eliminare ogni tassazione già introdotta al riguardo, come l’Imu o l’imposta sul deposito titoli. E, se fosse proprio necessario aumentare la tassazione, si dovrebbe agire esclusivamente alla fonte, magari tassando di più i redditi ma dimenticando tutte le loro varie forme di impiego. Naturalmente, impegnandosi a scovare con efficacia e con una più che legittima ferocia coloro che evadono, in tutto o in parte, le imposte sui redditi. Un dubbio: non è che si continua a parlare di "patrimoniale" per nascondere, in realtà, l’incapacità di perseguire chi evade?