Roberto Giardina, ItaliaOggi 10/1/2013, 10 gennaio 2013
IL CALCIO TEUTONICO È IN ATTIVO
[Il Dortmund rischiava di sparire per 20 milioni di debiti] –
A noi basta dirlo. «Italians do it better» c’era scritto su una maglietta molto venduta qualche anno fa. Inutile precisare cosa. Forse si trova ancora in qualche negozio di souvenir. Noi facciamo tutto meglio, a parole. Abbiamo il sistema sanitario più efficiente del mondo, sulla carta.
Il clima più bello, i paesaggi più romantici, la democrazia più democratica. E, naturalmente, il campionato di calcio più affascinante al mondo. Chissà perché gli stadi sono vuoti, e i giocatori (ovviamente i migliori del pianeta) sgambettano su campi spelacchiati, perfino in quella che definiamo la Scala del calcio, cioè San Siro?
I club sono sommersi dai debiti, tanto, a fine anno, c’è il mecenate che firma un assegno per pareggiare i conti. Credo che una delle poche società in pareggio, o quasi, sia il mio Palermo, ma questo non fa notizia. In Germania le squadre vengono amministrate come normali imprese, e per pochi milioni in rosso rischiano il fallimento.
Eppure il calcio tedesco ha successo in Europa, e noi no. I bianchi perdono sempre contro gli azzurri, ma è un altro discorso. Le eccezioni sono rare: un milionario ha voluto portare l’Hoffenheim, paesetto di 5 mila abitanti, nella Bundesliga, la serie A, ci è riuscito, ha costruito un nuovo stadio, poi ha stretto i cordoni della borsa. La Gazprom di Putin sponsorizza lo Schalke, gli sceicchi cercano di comprare il 1860 di Monaco, che gioca in B, tutto qui.
Per il resto, si punta sulla saggia amministrazione. Il Dortmund rischiava di sparire per 20 milioni di debiti. Ha comprato giovani calciatori sconosciuti, e li ha fatti giocare (da noi vengono lasciati in panchina a maturare), e ha vinto due campionati di seguito. Il Wolfsburg, che appartiene alla Volkswagen, dunque sarebbe la Juve della Germania, rischia di retrocedere, come l’Hertha, squadra della capitale. La Vw sponsorizza, ma non prevarica.
Il Bayern di Monaco, squadra campione, ha chiuso l’ultima stagione con un attivo di poco superiore agli 11 milioni. Il presidente Uli Höness, ex campione, dichiara: «Messi ci piace, ma non ce lo possiamo permettere. Noi non abbiamo i soldi di Berlusconi». Il segreto è anche un abile merchandising: vendendo magliette, bandiere e altri gadget ai tifosi, il club ha guadagnato 57 milioni di euro su un bilancio complessivo di 370 milioni, quanto costa un campione come Ibrahimovic. Il Dortmund ne ha incassati 24, lo Schalke 17, gli altri club della Bundesliga fatturano in media 5 milioni ciascuno, per un totale di oltre 166 milioni.
Qui è considerato un gran successo commerciale, ma il solo Moratti ne sborsa di più (172 milioni, credo) per salvare i conti della sua Inter. Dieci anni fa, i gadget resero poco più di un terzo, 68 milioni. Il Sankt Pauli, squadra del quartiere a luci rosse di Amburgo, ogni tanto gioca in A, quasi sempre resta in B, ma le sue maglie con il teschio e le tibie dei pirati sono diventate di moda anche tra chi non va mai allo stadio. Gli articoli per i fan della piccola e simpatica squadra coprono il 20% delle sue necessità finanziarie.
Un successo che è anche sportivo. «La simpatia di un club aiuta a vendere», commenta Franz Beckenbauer, «le vittorie, soprattutto in Europa, aiutano, ma non una vittoria senza merito». Un favore da parte degli arbitri serve a battere l’avversario, ma rende una squadra odiosa e alla fine un rigore ingiusto nuoce agli affari. Il 15% dei quasi mille prodotti venduti dal Bayern vengono acquistati all’estero, ricordano a Monaco, in Germania la squadra ha 10 milioni di simpatizzanti, e quasi altrettanti in Europa. Quale sarà mai il quoziente di simpatia dei nostri club con troppi soldi, almeno fino a ieri?