Notizie tratte da: Lina Wertmüller # Tutto a posto e niente in ordine. Vita di una regista di buonumore # Mondadori 2012 # pp. 284, 18,50 euro., 10 gennaio 2013
Notizie tratte da: Lina Wertmüller, Tutto a posto e niente in ordine. Vita di una regista di buonumore, Mondadori 2012, pp
Notizie tratte da: Lina Wertmüller, Tutto a posto e niente in ordine. Vita di una regista di buonumore, Mondadori 2012, pp. 284, 18,50 euro.
Ai tempi del liceo, nel collegio Maria Ausiliatrice di Roma, Lina Wertmüller fu sorpresa a vendere libri sporchi rubati allo zio. I guadagni reinvestiti nelle figurine del Feroce Saladino.
D’estate a Castiglionello, vedendo il maestro musicista Ezio Carabella seduto in giardino con lo sguardo rivolto verso il muro di cinta, gli chiese: «Maestro, perché non si mette seduto un po’ più in là, a vedere il mare?». Risposta: «L’ho già visto».
Una mattina andò a suonare a casa del regista teatrale Guido Salvini per proporsi come aiuto regista. Quello ancora dormiva e le aprì solo dopo parecchie scampanellate. Qualche giorno dopo, però, la portò a Trieste, dove dirigeva L’ora della fantasia di Anna Bonacci. «Salvini spesso si addormentava e io seguivo il testo col copione alla mano. Quando poi si svegliava alla fine della prova, era solito dire: “Benissimo, una bella stretta di mano e andiamo in scena”».
A Parigi per fare da aiuto regista nello spettacolo Sans filet (regia di Alberto Bonucci). Tutti avrebbero dovuto recitare vestiti con una tuta. Tra gli attori c’era Monica Vitti, appena uscita dall’Accademia di Silvio D’Amico: con la scusa della tuta rotta, che aveva tagliuzzato di proposito, si era fatta arrivare di nascosto un bellissimo abito di voile azzurro, indossando il quale sarebbe sembrata la prima donna. La Wertmüller lo scoprì: «Arrivai nel suo camerino con una determinazione da SS, tagliuzzai a mia volta l’abito azzurro e ordinai alla sarta di rammendare la sua tuta e poi gliela lanciai minacciosa: “Ora mettiti questa, Ceciarelli, sennò ti spacco la faccia”. Per chi non lo sapesse, Ceciarelli era il vero cognome di Monica Vitti, cognome che lei odiava, considerandolo volgaruccio. Ne seguì una lite furibonda». Alla fine la Vitti andò in scena con la tuta.
Odoardo Spadaro, chansonnier fiorentino, adorava dipingersi due grandi occhi sulle natiche e mostrarle agli attori in scena dalla buca del suggeritore.
Wanda Osiris si spruzzava intere boccette di profumo sulle numerose sottovesti prima di fare la passerella. Inoltre, per sembrare più alta, indossava scarpe con tacchi smisurati e con quattro dita di suola.
La giornata ai tempi in cui lavorava con Garinei e Giovannini: a Fregene, a casa di Pietro Garinei, dalle sette e mezzo di mattina iniziavano a scrivere in giardino fino al tramonto. Poi, dopo le otto, in giro per Roma con gli amici: andavano a cena, al cinema, a via Veneto e poi spesso «a puttane», per chiacchierare con le prostitute. Non andava a casa prima delle cinque: «Calcolando che in media una persona normale dorme otto ore, io credo di aver vissuto per lo meno un terzo più degli altri. Io dormivo sì e no tre ore per notte e stavo benissimo».
Una delle prime ballerine di Martha Graham, «esile come lo stelo di un fiore», conosciuta a Taormina. In un ristorante con un fantastico cuoco insisteva per mangiare insalata: la Wertmüller la convinse ad assaggiare i manicaretti. La incontrò di nuovo molti anni più tardi ed ebbe difficoltà a riconoscerla perché era diventata una grassa signora. «Mi abbracciò e mi disse che era stata tutta colpa mia. Da quel giorno a Taormina aveva cominciato a mangiare. Aveva chiuso col ballo, era ingrassata e la sua vita era cambiata».
In un clinica di Berlino per rifarsi il naso, seppe che nella stanza accanto c’era la soubrette Dorian Gray inviperita: anche lei aveva fatto la plastica al naso e aveva ancora il viso gonfio e deformato dall’operazione. Non apriva la porta a nessuno e lanciava i piatti dei pasti contro chiunque si azzardasse a entrare.
A Giulietta Masina venne la fissa delle sedute spiritiche. Fellini per un po’ la assecondò, poi la cosa gli venne a noia e se la svignava tutte le volte che c’era da farne una. Prima di andarsene via, però, sussurrava alla Wertmüller: «Non la deludete...».
Fellini una volta le confessò che Giulietta degli spiriti è un «film sulla menopausa».
Fellini fece mettere un annuncio sul Corriere della Sera: «Siete una bellezza rinascimentale? Potreste fare da modella a Tiziano? Avete forme da ricordare le grandi veneri della pittura seicentesca? Se sì venite all’ora tale al posto tale... Fellini vi vuole conoscere». Arrivarono così tante, molte delle quali neppure belle, che il regista si spaventò e mandò la Wertmüller ad accoglierle.
Fellini, che non voleva adoperare le classiche comparse di Cinecittà, chiese alla Wertmüller di portargli tutte facce nuove per i personaggi delle terme in 8 ?. «Io gli portai un gruppo di signore amiche di mia madre, socie di un club chiamato Liceum, dove andavano a giocare a canasta».
La Wertmüller sul set con Fellini aveva la mania di riprendere il lavoro con una piccola cinepresa. Siccome era molto rumorosa, spesso, per fare i filmati, saliva in mezzo agli elettricisti. Ma anche da così lontano Fellini riusciva a sentirla. A un segnale convenuto tutta la troupe si voltava verso di lei facendo il gesto dell’ombrello.
Nel girare I basilischi la Wertmüller s’era incaponita sul rumore che avrebbero dovuto fare le scarpe di Stefano Satta Flores durante il pedinamento di una ragazza: «Si potrebbe descrivere come una sorta di squapl squapl». Uno dei più grandi rumoristi del tempo, Renato Marinelli, era ormai disperato quando una poltrona della sala d’incisione si rovesciò, portando alla luce un’anima di gommapiuma: «Fu quella gommapiuma che, premuta contro il pavimento, ci regalò il suono che andavo cercando».
Con Nino Rota scrisse in venti giorni le settanta canzoni per Il giornalino di Gian Burrasca (da lei diretto): «Veniva a lavorare da me e facevamo musica su un vecchissimo pianoforte scordato che avevo in casa e che avrebbe fatto schifo a qualunque musicista. Mia madre, che lo adorava, gli preparava dei pranzetti speciali. Per questo, spesso, Ninetto dopo pranzo si addormentava al pianoforte pur continuando a suonare».
Wertmüller corteggiata da un italoamericano di nome Gino di Grandi. Molto ricco, la conquistò regalandole innumerevoli mazzi di rose rosse e un enorme diamante di Bulgari che le prendeva tutta la falange dell’anulare. A un certo punto le confessò di essere bisessuale, pregandola tuttavia di non allontanarlo. Di notte usciva a caccia di uomini e per un po’ lei accettò la situazione. Decise di rompere il fidanzamento quando andò in America a conoscere la suocera: «Era un’arpia italoamericana, di origine siciliana, che concepì per me un odio totale non appena mi vide. Ebbi paura che volesse uccidermi». Pur di scappare si fece venire la febbre masticando tabacco. Tornata a Roma troncò la storia con Gino.
Una sera del 1965 dall’antiquario Claudio Cremonesi attendevano per la cena un certo Enrico Job, molto in ritardo. La Wertmüller, seccata di dover aspettare tanto, convinse tutti ad andare a mangiare al ristorante. Sulla porta d’ingresso incontrarono il ritardatario, un bell’uomo biondo e con gli occhi azzurri. Gli disse: «Era lei che aspettavamo da un’ora? Lo sa che è uno stronzo?». Più tardi andarono tutti in discoteca e, mentre ballavano insieme, Job le sussurrò, quasi parlasse solo a se stesso: «Sì... si stringe bene». Si misero insieme e si sposarono due anni dopo. Non si lasciarono mai.
Per Enrico Job, Lina Wertmüller, autrice a Studio Uno, scrisse la canzone Mi sei scoppiato dentro al cuore all’improvviso, cantata da Mina.
Ai provini per Mimì metallurgico il direttore della fotografia si lamentava continuamente del viso della Melato: «Non ha zigomi, la luce scivola via dalla sua faccia, non è fotogenica».
La prima volta che la Wertmüller vide Mariangela Melato: a teatro, nell’Orestea di Eschilo con la regia di Luca Ronconi. Faceva la parte di Cassandra che, nell’idea del regista, avrebbe dovuto essere tutta fasciata come una mummia. Invece la Melato si presentò con la testa bionda, sbendata. Appena pronunciò le parole: «Tempo verrà...», Enrico Job, che sedeva al fianco della Wertmüller, le gridò: «Puttanaaaa!!!».
Per fare la moglie del finanziere in Mimì metallurgico fu scelta la cantante napoletana Elena Fiore. Siccome serviva una donna col sederone, per le riprese ravvicinate usarono una controfigura. Quando però la Fiore era a figura intera, dovevano imbottirla sui fianchi e lei s’offendeva: «Ma comm’... Io sopra songo un poco forte, ma sotto song’ nu figurino e vuio me struppiat’ accussì».
Laura Betti, specialista della pasta e fagioli.
Tra gli occhiali preferiti della Wertmüller c’erano quelli alla Anton Cechov, d’oro, ovali, con una catenella che si attacca alla giacca. Poi comprò il primo paio con la montatura bianca e non se ne separò più. Quando quel primo paio cominciò a rompersi, non trovando un sostituto identico nei negozi, chiese alla fabbrica di fargliene delle copie. Ne dovette comprare cinquemila paia, che era l’ordine minimo, e li pagò in piccole rate.
Per la ricca milanese di Travolti da un insolito destino Lina Wertmüller s’ispirò alla sua amica Giancarla Rosi (moglie del regista Francesco Rosi) e alle sue interminabili discussioni politiche con Antonello Trombadori, che spesso finivano con lanci di scarpe.
Alla Wertmüller piace che gli spettatori non ricordino perfettamente i titoli dei suoi film e che li storpino un po’.
Per Fatto di sangue volle Sophia Loren, però che avesse «una faccia greca». Così quando si incontrarono tirò fuori una matita nera e le modificò le sopracciglia: «Invece che in su, dovevano, contro ogni moda, andare in giù, come ricordare il frontone di un tempio. Quando finii si guardò e si fece una gran risata. “Guarda Lina che io con le mie sopracciglia ci ho fatto tutta una carriera”». Però accettò il cambiamento.
«Sophia Loren ha dei seni epocali» (Lina Wertmüller).
Veronica Lario fu scelta per recitare nel film Sotto sotto... strapazzato da anomala passione. Una sera il fidanzato Berlusconi andò a fare una visita sul set: la sceneggiatura prevedeva che la ragazza corresse tra le rovine dell’anfiteatro Marcello, a Roma. Berlusconi si avvicinò alla regista e le disse all’orecchio: «Guarda che Veronica aspetta un bambino». Allora stupefatta: «Ma come! È incinta e non me lo dite? Sapete che per un attore lavorare con me è come andare in guerra. Ditemi allora che volete perderlo ’sto figlio».
Al Festival di Berlino la Wertmüller si avvicinò a Nanni Moretti tendendogli la mano. Quello non gliela strinse e le voltò la schiena. A quel punto, in mezzo alla folla del red carpet, gli urlò: «Moretti... ma vaffa...».
«Oggi che Moretti è salito agli altari della direzione di Cannes, posso ripetere con maggiore cognizione di causa che è davvero uno stronzo e che per anni, allora, si era roso in un’invidia vergognosa. Devo però ammettere che Habemus Papam è un’idea geniale e un film riuscito».
Originariamente il titolo Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico doveva essere Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla, odore di basilico, denti bianchi e occhio di velluto.
Lina Wertmüller possiede sedici lampade Tiffany decorate da libellule.
La Wertmüller fece piangere Enzo Cannavale arrivato con un’ora di ritardo sul set.
Il fratello di Raffaele La Capria che non ricordava le battute e perciò le diceva: «Sputam’ ’n faccia... sputam’ ’n faccia... nun me ricurd’ che aia ’a dicere».
Per il film Ferdinando e Carolina (sul matrimonio di Maria Carolina d’Austria e Ferdinando di Borbone, sposi poco più che bambini), girato a settembre, gli attori arrivarono tutti abbronzati. «Ma come, la storia è ambientata nel Settecento, dove tutti avevano la pelle lattea, e gli attori si presentano come se fossero appena usciti da un soggiorno di due settimane a Sharm el-Sheik!». Passarono le nottate a fare impacchi di limone per togliere la tintarella dalle facce.