Antonio Macaluso, Style 10/1/2013, 10 gennaio 2013
«VEDO NERO. MA NOI ITALIANI DIAMO IL MEGLIO SE SAPPIAMO CHE NESSUNO CI SALVERÀ»
[«Bersani? Da solo non basta, gli serve un Monti o un Ciampi». «Berlusconi? Per 20 anni lo hanno voluto gli italiani, mica si è imposto con la forza». «L’euro? Il meno colpevole della crisi». «Grillo? Per fortuna i suoi amministratori sono migliori di lui». L’autore più amato del Paese mena fendenti] –
Trascorrere un’ora con Andrea Camilleri è un distillato di gioia saporita. Perché, insieme con l’immagine arcinota del papa di Montalbano, dell’autore in grado di piazzare tre titoli contemporaneamente nella classifica dei best- seller, c’è la lucida maturità dell’analisi storico-politica. Tanto più impressionante perché tracciata - con dinamica architettura - da un signore di anni 87. Ciò che segue è una sorta di trailer della visione che Camilleri ha di questi difficili mesi di crisi. «Una crisi diversa da quelle più recenti, che mi ricorda, piuttosto, il dopoguerra, prima che fosse lanciato il piano Marshall, quando nessuno spendeva e si rivoltavano i vestiti consumati. Ma allora la prospettiva era diversa, c’erano fiducia e speranza, se non altro per la mutata condizione: si era passati dal fascismo alla democrazia. Sì, la speranza, tanta voglia di fare, una grandissima sete di conoscenza di ciò che veniva dall’estero. Ora c’è invece una prospettiva, temo di lungo termine, di incertezza. Non si vede la fine di questa fase. E se devo stilare un bilancio, mi sento preso dalla malinconia perché, dopo aver fatto tanto, lasciamo ai figli e ai nipoti una situazione così disastrata. In fondo, però, ho fiducia: gli italiani in emergenza danno il meglio. Ma prima devono toccare il fondo e capire che nessuno li viene a salvare. E forse il fondo ancora non lo abbiamo toccato».
Secondo una corrente di pensiero, parte di responsabilità di questa crisi l’avrebbe l’euro. Condivide?
Assolutamente no. La crisi è partita per l’esplosione di bolle finanziarie. Il Nobel per l’economia (nel 1985) Franco Modigliani l’aveva previsto. La globalizzazione ha fatto il resto. Da noi si è aggiunta un’economia pubblica disastrata. Mi sembra quella che i marinai chiamano «un’opera di Dio», ovvero quando una nave deve affondare per un concorso di circostanze, la tempesta perfetta insomma. Ma l’euro penso sia il meno colpevole di tutti. L’Europa andava fatta e dire che il male è questo è una scempiaggine. L’Europa è un fatto storico, irrevocabile. È semmai criticabile che si sia partiti dall’unificazione della moneta. D’altra parte mi chiedo quanto tempo avremmo impiegato a fare l’Europa se avessimo parlato di idee e comuni ideali. Staremmo ancora a discutere. La concretezza della moneta invece ci ha uniti.
Crede che un giorno avremo gli Stati Uniti d’Europa?
È inevitabile. E non penso di essere un sognatore. Dopo Yalta, furono introdotte le sfere di influenza e il mondo, che sembrava immenso, si rimpicciolì. Ora c’è stato un nuovo rimpicciolimento. Le nazioni sono delle regioni, niente di più. Credo che il passo successivo sarà una sorta di nuovo patto difensivo: invece di partire dall’alto degli ideali, penso che il passo in avanti sarà dato dalla necessità di trovare fronti comuni. Per ora c’è la moneta, poi l’Europa si compatterà intorno a qualcosa di diverso.
E l’Italia? Questo Paese deve cambiare...
Negli ultimi anni abbiamo avuto cambi apparenti, mai di sostanza. Il problema è la durata dei mutamenti. Dopo un po’ assistiamo a una sorta di usura dei modelli di società: c’è stata l’usura del fascismo e ora di questo modello democratico.
Perché?
Non saprei. È nel carattere degli italiani. In media sono cicli di 20 anni, come è successo per il fascismo e Silvio Berlusconi.
E il prossimo ciclo?
Non si può andare avanti in un contesto così duro di disagio sociale. Negli ultimi tempi viene davvero da pensare che gli italiani siano brava gente: in altri periodi queste tensioni sociali sarebbero esplose in modo pericoloso. Invece è come se avessimo preso coscienza del marasma mondiale e questo finora ci ha tenuti insieme. Non è detto che il pericolo sia scampato ma ho fiducia e devo dire che il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri ha saputo parlare alla gente, è riuscita a frenare gli estremismi. È il momento di ragionare con pacatezza e buonsenso.
E il ministro del Lavoro Elsa Fornero?
Non mi ha fatto lo stesso effetto, troppo astratta e professorale, la vera rappresentante del governo dei tecnici. Io mi auguro che torni la buona politica. Il problema è quello di trovare un leader che non sia solo un bravo capo del governo italiano ma abbia la capacità e l’autorevolezza di trattare con le altre regioni europee. La statura che occorre a un Presidente del Consiglio è cambiata: occorre una caratura europea.
Lei un’idea se l’è fatta? I sondaggi indicano il Pd di Pier Luigi Bersani vincitore relativo delle elezioni.
Bersani ha vinto - bene - le primarie della sinistra e penso sia la persona che, fra tutti, possa ragionare nel senso di cui sopra. Ma non basta. Mi dico che questo Paese ha tante riserve nascoste: Tommaso Padoa-Schioppa da dove lo hanno tirato fuori? E Mario Monti? E Carlo Azeglio Ciampi? Sono tutti italiani! Quanti altri uomini così ci sono? E perché non vengono «usati» dalla politica? Perché questa assoluta chiusura classista tra politica e persone che potrebbero dare un apporto fondamentale al Paese? Se fossi il segretario di un partito, li andrei a cercare a uno a uno.
Come leggerebbe i 20 anni di berlusconismo?
Sono stato un suo fiero avversario, ma Berlusconi non si è imposto con la forza: è stato portato sugli scudi dagli italiani. Come ha scritto san Tommaso, se un tiranno si impone a forza è lecito ucciderlo, ma se è voluto dall’ignavia di un popolo, ucciderlo non è lecito. Berlusconi è il prodotto di una società. Vuoi dire che il Paese era arrivato a quel punto. Nel 1994 si è proposto in un certo modo e la gente gli ha creduto: è stato il «grande inganno». E non è detto che il popolo non ami farsi ingannare.
Lei ha bollato Berlusconi più che come l’antipolitica, come l’antimateria, ma lui è sempre in campo.
Non ne sento proprio il bisogno e penso non possa più avere quel carisma, quello smalto di prima...
Non si riesce ad avere una destra moderata senza di lui...
Se penso a Margaret Thatcher, penso a una persona con una forza e una coerenza rocciosa. Un avversario così non puoi che rispettarlo. Sono sempre stato comunista, eppure con il passare degli anni il mio rispetto per Alcide De Gasperi è cresciuto dal profondo dell’anima perché è stato un uomo veramente di Stato. Dirò di più: sono arrivato a rivalutare Luigi Gedda (dirigente dell’Azione Cattolica nel dopoguerra e primo presidente del Centro Sportivo Italiano, ndr). Uno che combatteva la sua battaglia con passione e in buona fede. Ecco, servono sentimenti forti. Non la protesta indiscriminata. A partire da quella di Beppe Grillo che è un’esperienza pericolosa. C’è una sola fortuna: a quanto pare, i suoi amministratori sono migliori di lui.