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 2013  gennaio 10 Giovedì calendario

MILANO —

Per una che andava a scuola dalle Orsoline, e poi al liceo milanese Berchet non soltanto non partecipava alle occupazioni studentesche ma anzi cercava di convincere i compagni ad allentare i picchetti e farla entrare lo stesso «perché ho il compito in classe da fare», vedersi bollare insieme alle sue due colleghe da Silvio Berlusconi come «giudichesse femministe e comuniste» può essere stato persino divertente. Tanto più per il pulpito da cui proveniva la predica, visto che non si ricordano rampogne dell’ex premier alle «giudichesse femministe e comuniste» quand’era stata una donna giudice delle indagini preliminari (Vicidomini) ad assolverlo nel merito nel processo Mediatrade, o quando erano state tre giudici donne (Vitale-Lai-Interlandi) a respingere il calcolo della prescrizione caldeggiato dalla Procura e a prosciogliere perciò Berlusconi nel processo Mills.
Ma il pesante apprezzamento rivolto dall’ex premier ai tre magistrati che nella causa di separazione dalla moglie Veronica Lario le hanno riconosciuto un assegno mensile di 3 milioni di euro al mese, martedì sera durante la trasmissione di Lilli Gruber Otto e mezzo su La7, non deve aver divertito affatto il presidente della Corte d’appello di Milano, Giovanni Canzio, e la presidente del Tribunale, Livia Pomodoro, che a metà mattina firmano ieri una puntuta nota congiunta. Puntuta perché non si limitano a «respingere con fermezza ogni insinuazione sulla non terzietà delle giudici» Gloria Servetti, Nadia Dell’Arciprete e Anna Cattaneo, di cui è «a tutti nota la diligenza e la capacità professionale» nella «quotidiana fatica della giurisdizione nella delicata materia del diritto di famiglia», di cui peraltro la presidente Servetti della IX Sezione civile, allieva del giurista Cesare Pedrazzi, è una riconosciuta autorità scientifica a livello nazionale. Stavolta fanno di più. «Rammentano» anche — e qui si sente la mano di Canzio, più volte teorizzatore di un modo di essere giudice che guardi all’Europa — «che la raccomandazione n. 12 del 2010 del Comitato dei Ministri della Giustizia del Consiglio d’Europa prescrive ai rappresentanti dei poteri esecutivo e legislativo di evitare, nel commento delle decisioni dei giudici, ogni espressione di dileggio che possa minare la fiducia dei cittadini nella magistratura e compromettere il rispetto sostanziale delle medesime decisioni».
Nella staffilata, oltre alla parola scelta («dileggio»), si percepisce anche forse la volontà di dare uno stop preventivo ad analoghe future polemiche, specie in vista della fase finale di tre processi del Cavaliere: già oggi quello per l’illegale trafugamento dell’intercettazione Fassino-Consorte pubblicata da Il Giornale nel 2005 (di cui è prevista la sentenza giovedì prossimo), lunedì 14 la deposizione di Ruby sulle notti di Arcore, e venerdì 18 l’avvio dell’Appello del processo sui diritti tv Mediaset in cui in primo grado Berlusconi è stato condannato a 4 anni per frode fiscale.
La sensazione è che, piuttosto che l’ormai inflazionata evocazione delle toghe «comuniste», nel confuso attacco tv di Berlusconi (aggressivo nel correggere Lilli Gruber sostenendo di essere stato condannato a pagare alla ex moglie «non 100.000 ma 200.000 euro al giorno», quando invece la sentenza è di 3 milioni al mese, cioè appunto 100.000 al giorno) a dare fastidio sia stato soprattutto quel «giudichesse», che trasuda di considerazione delle donne come magistrati di serie B. Se ne coglie l’eco in quanto la presidente Pomodoro di pomeriggio aggiunge ai microfoni della Rai e di Radio24, trovando l’espressione «avvilente per le donne che, come me, vengono da lontano e hanno investito tutto nella magistratura. Ho provato un po’ di stupore e di dolore» nel sentire «qualificare "di parte" una decisione perché è stata emessa da donne piuttosto che da maschi», le quali peraltro «hanno tenuto conto della «giurisprudenza consolidata di Cassazione e delle Corti di merito. In serata è il candidato alle regionali lombarde, l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, a rievocare con scarsa eleganza alla Zanzara su Radio24 che «tra quelle che hanno deciso sul divorzio c’è anche una mia ex fidanzata, Anna Cattaneo» (il legame era del 1987). È molto vicina alle nostre posizioni, ha votato per me e per il partito in cui mi trovavo, il Pdl. Ho pure celebrato il suo matrimonio. E pensate che, incontrandola più volte, mai mi ha detto che aveva il divorzio di Berlusconi. Non è comunista, non è femminista». Coda tv da Vespa con Berlusconi a Porta a Porta: «Sarà stata in minoranza visto che erano in tre», ironizza, e comunque «Albertini è meglio che si metta qualcosa davanti alla bocca, perché ogni cosa che dice deprime di più la sua immagine. È segno della senilità che avanza».
Luigi Ferrarella