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 2013  gennaio 10 Giovedì calendario

«È CERTIFICATO

Watson ». Sherlock Holmes non è realmente esistito, e per affermarlo non c’è bisogno di particolari approfondimenti. Ma sarà proprio vero quel che l’investigatore afferma in una sua famosa “monografia”, e cioè che esistono 140 tipi diversi di cenere di sigaro?
Nessuno, sinora, si è posto una domanda del genere. Oggi però viviamo all’epoca del fact checking, la verifica scrupolosa a cui vengono sottoposte affermazioni di politici e giornali (incominciata negli Stati Uniti, l’onda è arrivata anche in Italia), e le cose stanno cambiando anche per i romanzieri, perlomeno per i giallisti. Altro che la cenere di Holmes! Come decidere se esiste davvero il dato software, se è plausibile la data arma, se la patologia è perlomeno ipotizzabile? Oramai esiste anche un filone comico- grottesco, nel settore, e così autori come Niccolò Ammaniti o Josh Bazell sono arrivati al punto di risolvere snodi topici delle loro trame mediante lo sfilamento da parte dei protagonisti di ossa del proprio corpo, da usare poi, faute de mieux, come armi contundenti o da taglio. Ma scienziati ed esperti di tecnologie ridono molto meno per trovate presentate come vere e serie, da parte di autori mal documentati.
La Washington Academy of Sciences (Was), dopo aver organizzato periodici seminari sul rapporto tra scienza e romanzi gialli, ha allora inaugurato una sorta di “bollino” per certificare la plausibilità scientifica delle azioni, delle investigazioni, delle tecnologie, sempre più complesse, implicate nella narrativa di suspense.
Ci sono autori particolarmente preoccupati che quanto inventano sia accettabile. Narratore e narratologo, Umberto Eco desidera porre i personaggi che inventa in uno scenario perfettamente ricostruito, e così nell’Isola del giorno prima non compare una parola che non fosse presente nell’italiano
parlato nel Seicento e all’amato Dumas non ha mai perdonato il guazzabuglio di topologia e onomastica viaria che, nei Tre moschettieri, combina per il quartiere parigino di Saint-Sulpice. Per lui e i suoi colleghi più scrupolosi, almeno per quanto riguarda scienza e tecnologia, sarà possibile rivolgersi alla Was per ottenere alla propria opera un preventivo bollino di qualità.
Ma a che serve? Non c’era la famosa «sospensione dell’incredulità »? Jules Verne considerava le trovate di Wells fuori dalla realtà, basate su elementi inesistenti perché implausibili, ed esclamava scandalizzato — lui, Jules Verne — : «il invente!». Il poliziesco, che sia più d’azione o più cerebrale, calibra le sue attrattive su inedite pratiche delittuose e d’indagine. Se non si tratta di James Bond, che ha un imprinting esplicitamente fanta-tecnologico, l’inedito deve essere plausibile. È vero che si leggono gialli proprio per uscire dalla realtà e dunque come lettori potremmo anche lasciar mollare un po’ di più gli ormeggi
che zavorrano le fantasie autoriali. Il problema è che la differenza fra realtà e finzione, come fra reality e fiction, incomincia a essere molto sfumata. Come gli spettatori fermano per strada i celebri attori dei medical drama (come E.R., Doctor House e Grey’s Anatomy) chiedendo loro diagnosi, così gli appassionati di misteri e mystery ad alta tecnologia finiscono per avere l’impressione che con un adeguato dispiegamento di mezzi non ci sia delitto e mistero che non possa essere
spiegato. Nella realtà, e purtroppo, la tecnologia stenta a dirci, nell’arco di cinque giorni, come possa essere scomparso un aeroplano.
La lingua batte sempre dove il dente duole. Il mondo ha deciso di fare a meno dei correttori di bozze ma il fact checking diventa una nevrosi, ciclica e infinita, con fughe di metacontrolli, check to check. In politica, il fact checking non pare saper risolvere le controversie anche perché non può stabilire un’oggettiva scala di pertinenza dei fatti controllati
(un dettaglio marginale scorretto può pesare mediaticamente più di una cantonata strutturale). In compenso, si chiede anche alla letteratura di non mescolare i brevetti degni di Microsoft da quelli degni di Archimede Pitagorico. Bollino o non bollino, sembra ancora consigliabile la tolleranza. E se pure l’arma fumante dell’assassino è meno plausibile di un accessorio di Goldrake, perdoneremo all’autore la sua botta di
fantasia.