Gabriele Martini, La Stampa 10/1/2013, 10 gennaio 2013
GABRIELE MARTINI
24 ore su 24, sette giorni su sette, dove migliaia di pusher vendono, impuniti, qualsiasi tipo di droga. Possibile? Sì, possibile. Provare per credere.
Il Paese dei balocchi per tossici è un sito internet. Si chiama «Silk Road», via della seta. Intendiamoci: arrivarci non è facile. Questo ebay della droga all’apparenza non esiste: se si digita l’indirizzo sul browser non si ottiene nulla. Ma il sito esiste, eccome. Sta nascosto in un angolo buio della rete: l’Internet sommerso, il «Darknet». Per entrare in questo mondo virtuale parallelo bisogna utilizzare «Tor», un software gratuito che rende anonima la navigazione. È lo stesso sistema che permette agli attivisti iraniani di scambiare informazioni o ai blogger cinesi di aggirare la censura. Si carica il programma e dopo pochi minuti il gioco è fatto: si naviga nell’immensa zona franca senza controlli né regole, dove nessuno sa chi fa cosa.
Silk Road sembra Amazon. Ci sono foto della merce, prezzi, tempi di consegna e recensioni dei compratori. Il logo è un beduino su un cammello. Da qualche mese sono sparite le armi. Bandite. Tutto il resto è lì, a portata di clic. Abiti contraffatti, medicine, sostanze dopanti, passaporti falsi, materiale pornografico. Briciole rispetto alle 4.400 droghe in vendita. La moda del momento sono le nuove sostanze sintetiche: 4-MMC e Crystal meth. Incolori, inodori e insapori. Preparate in modo artigianale, a volte si rivelano mix letali. Falciano giovani vite nelle periferie di Mosca, nelle discoteche di Ibiza e ai rave party sulle spiagge brasiliane. E’ lo sballo globalizzato: abbatte frontiere e viaggia in piccoli pacchi da un continente all’altro seminando dipendenza.
Su Silk Road i pagamenti avvengono in Bitcoin, la moneta elettronica che non lascia tracce. Si tratta di soldi virtuali generati automaticamente da una serie di computer in rete tra loro. Per comprarli basta una carta di credito. Si versiamo i Bitcoin sull’account ed ecco che tutto è pronto per l’acquisto, protetti dall’anonimato più assoluto. Molti spacciatori rifiutano di spedire ai nuovi arrivati. Non sempre il primo tentativo funziona: il rischio è finire nella lista nera dei «compratori sospetti». Ma conquistata la fiducia dei venditori, non resta che passare allo shopping. Dopo qualche giorno i pacchetti di droga arrivano a destinazione.
«Quello di Silk Road è un contesto smaterializzato, difficilmente aggredibile», ammettono gli investigatori. L’offerta di droga cresce con trend esponenziale. C’è chi spaccia pochi grammi di erba, ma c’è anche chi vende fino a un chilo di cocaina o centinaia di pasticche di ecstasy alla volta. Non sono numeri da piccoli spacciatori. Andrea Ceccobelli, Capitano del Nucleo frodi tecnologiche della Finanza, lancia l’allarme: «C’è il rischio concreto che la criminalità organizzata utilizzi questi nuovi canali. In altri Paesi sta già succedendo: in Russia da anni le mafie arruolano laureati in informatica». Carlo Solimene, direttore della Divisione investigativa della Polizia Postale e delle Comunicazioni, non si sbilancia: «Il fenomeno nel nostro Paese non sembra ancora particolarmente esteso». Sui trafficanti italiani il riserbo è massimo: «Posso solo dire – spiega Solimene – che ci sono attività investigative in corso». In sei mesi il numero di venditori su «Silk Road» è più che raddoppiato. Secondo uno studio della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, il volume d’affari nel primo semestre del 2012 è stato di 1,5 milioni di euro al mese. Sarà felice il misterioso amministratore del sito, che incassa una commissione del 6% su ogni transazione. Si fa chiamare «Dread Pirate Roberts» (come il simpatico pirata di un film fantasy). Definisce «eroi» i venditori. Da mesi l’Agenzia federale antidroga Usa gli dà la caccia. Inutilmente. Anche lui è un nickname su un sito che non esiste.
FEDERICO VARESE*
Un’inchiesta della «Stampa» ci svela i segreti di Silk Road, l’Amazon.com delle merci illegali. Questo forum virtuale facilita gli scambi intercontinentali della roba utilizzando i principi di eBay, i quali a loro volta sono simili a quelli adottati nelle fiere della Champagne medioevali.
Eppure anche le nuove frontiere dello spaccio liquido hanno bisogno di ordine e gerarchia, spesso si ritrovano in mezzo a guerre telematiche che disturbano gli affari e la polizia può rendere loro la vita difficile.
Comprare online è comodo per il consumatore che non deve neppure uscire di casa. I pusher high-tech evitano di dover pagare il pizzo al mafioso di turno, non rischiano di venir coinvolti in faide combattute con i Kalashnikov, usano i bitcoins e rimangono anonimi. Tutt’al più sono noti con un «soprannome» che adottano per farsi riconoscere dai loro clienti. Come ha mostrato lo studioso Jonathan Lusthaus, coloro che operano in questi mercati vogliono costruirsi una solida reputazione, ma temono di diventare troppo riconoscibili.
Quando i cybercriminals cambiano nome, ne adottano uno non troppo dissimile dal precedente. La reputazione è nel nome e non lo si butta via facilmente. Al pari dei giudici privati nelle fiere medioevali, anche Silk Road ha una lista nera di utenti. Chi si comporta in maniera sospetta o scorretta viene emarginato. Non solo: gli amministratori del forum DarkMarket fornivano anche servizi di risoluzione delle controversie tra venditore e acquirente.
Oggi un misteriosissimo Russian Business Network ospita e protegge siti estremamente sgradevoli (il servizio si chiama bulletproof hosting).
Non tutto però fila liscia in questo mondo. Ad esempio, la massa monetaria dei bitcoins è ancora limitata. Inoltre, i compratori sospetti possono cambiare nome e riprendere a scambiare impuniti. Come nel mondo delle mafie tradizionali, anche qui si combattano guerre per la supremazia virtuale. Ad esempio, il fondare del forum CardMarket adottò una strategia alla Totò Riina: distrusse tutti i siti rivali e fu per un breve periodo il Capo di Tutti i Capi (la storia è raccontata nel bel libro di Kevin Poulsen, Kingpin). E l’FBI è sempre dietro l’angolo: un agente infiltrato ottenne la fiducia del fondatore del forum DarkMarket fino a diventare l’amministratore del sito, e dopo poco scattarono molte manette. Ma nel web profondo guardie e ladri si fanno la guerra premendo tasti del computer e non grilletti di pistole.
*Docente di Criminologia ad Oxford
G.MAR.
I pusher hi-tech sono globalizzati, parlano un impeccabile inglese e hanno un solo credo: il denaro. Il loro mercato è Internet. Su Silk Road i venditori spediscono droga e sostanze illecite da Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda, Australia, Russia, India. La novità è che negli ultimi mesi si sono affacciati sul sito anche gli italiani.
Lo spacciatore si nasconde dietro un banale nickname. C’è «Al Pacino» che vende hashish (da 5 grammi a un chilo), cocaina ed eroina. Conclude una decina di transazioni al giorno, il giro d’affari si può stimare in 3-6 mila euro a settimana. Scorpion 666 spedisce erba in mezzo mondo. Dai 7 grammi di «Super Skunk» per i piccoli consumatori ai 100 grammi di «Commercial Weed». «Solo biologico», scrive il pusher sul suo profilo. «Facciamo partire pacchi tutti i giorni, la marijuana arriva in involucri sottovuoto dentro una busta». Nei commenti sulla bacheca virtuale i clienti sono soddisfatti: «Consegna rapida», «sostanze di alto livello».
Anche «Top Gun» è italiano. Specialità cannabis. Invia fino a un chilo per volta. L’ultimo ad aver comprato da lui è un russo: «Ho aspettato 14 giorni, ma la qualità della sostanza è ottima». L’utente «Boss» tratta coca e eroina: «Spedizioni con doppio involucro sottovuoto in tutto il mondo dal lunedì al sabato, i pacchetti lasciano l’Italia in 24-48 ore». Promette rimborsi del 50% sugli ordini non andati a buon fine. Rivendica di venire dalla strada, ne fa quasi un vanto: «Io sono un grande professionista, per dieci hanno ho venduto nel mondo reale».
È un mercato d’élite. I prezzi sono elevati. La forza di Silk Road è l’immenso assortimento e i rischi «minimi, assicurano sul forum che corre il compratore. Di certo il numero dei pusher virtuali cresce e le polizie sono in affanno.
«Italiano» offre cocaina, benzodiazepine, morfina, viagra, cialis e oppiacei. Parla al plurale: «Siccome viviamo nei pressi di tre frontiere spediamo gli ordini da Italia, Austria e Slovenia. Abbiamo farmaci di alta qualità e cocaina peruviana pura all’85%». La polvere bianca «arriva direttamente dal Sudamerica al porto di Napoli. In Italia non viene più tagliata. Abbiamo un’ottima reputazione. E siamo in questo business da 15 anni». Domandiamo delle spedizioni: «Usiamo Dhl o Fedex, consegna tra in sei giorni in tutta Europa». Qualche giorno di attesa in più se il compratore sta dall’altra parte dell’Oceano. E se qualcosa va storto? «Garantiamo un rimborso tra il 50 e il 70%. Ma il tasso di successo è del 99%». Poi la minaccia: «Su Silk Road facciamo centinaia di transazioni con diversi account. Se cerchi di fregarci, noi siamo in grado di risalire al tuo indirizzo. Semplicemente non lo fare».