Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il governo è sempre più in bilico, ma la situazione è così incerta che conviene raccontare la giornata di ieri ora per ora.
• Cominciamo dalla mattina.
In mattinata Letta è ancora a New York, Berlusconi è a Roma, dove ha preso la residenza e passerà gli arresti domiciliari, Napolitano è a Milano, alla Bocconi, per una giornata-ricordo di Luigi Spaventa. Qui c’è un passaggio politicamente significativo, che il presidente pronuncia con voce vibrante, come se battesse un pugno sul tavolo: «Spaventa si impegnò in Parlamento dal 1976 al 1983, due legislature entrambe accorciate, prassi molto italiana, da scioglimenti precoci delle Camere. Diversamente da quanto accadeva ai tempi di Spaventa, oggi gli scontri politici producono «smarrimento di ogni nozione di confronto civile e di ogni costume di rispetto istituzionale e personale. Cosa è rimasto di quel modo di vivere la politica?». Prima di questo passaggio, al Capo dello Stato, che di Spaventa fu amico, s’è rotta più volte la voce. Gli sono anche scese dagli occhi delle lacrime.
• È arrivato mezzogiorno.
Napolitano arriva a Roma da Milano. Enrico Letta sbarca nella capitale da New York. Va subito a Palazzo Chigi e incontra Alfano. Alla riunione si aggiunge dopo un po’ anche Epifani. Come si saprà poi, il capo del governo dice subito al suo vice che intende farla finita con le minacce del partito alleato. È ora di finirla - dice - con questa confusione tra le vicende di Berlusconi e la vita del governo, i problemi del Paese sono troppo gravi, eccetera eccetera. La riunione si scioglie, Epifani è il primo a uscire, non è rimasto con i due che un quarto d’ora. Alfano va a Palazzo Grazioli, dove c’è il solito vertice Pdl con Brunetta e Schifani. Fa sensazione che Brunetta e Schifani abbiamo pubblicato sul Giornale una lettera in cui sostengono che il presidente Napolitano, per fare quello che chiede il centro-destra, dovrebbe semplicemente applicare la Costituzione, dove sta scritto che le leggi non possono essere retroattive. In pratica, il centrodestra vorrebbe un qualche intervento sulla Giunta che venerdì, invece di rinviare la pratica alla Corte costiotuzionale, applicherà la Severino e voterà la decadenza di Berlusconi. La riunione a Palazzo Grazioli dura tre ore. In quelle tre ore, Letta è salito al Colle a discutere la situazione con Napolitano.
• Sentiamo.
Napolitano preferirebbe che di verifiche o voti di fiducia si discutesse dopo il 4 ottobre. Letta invece vuole un chiarimento immediato. E ha dalla sua tutto il Pd, a cui Berlusconi ha regalato una ritrovata unità: alla direzione del partito, in corso quelle stesse ore, ci si accorda sulle regole del congresso e per le primarie l’8 dicembre. In che consiste il chiarimento immediato di cui parla Letta? Certo, per un passaggio parlamentare. Ma col voto di fiducia o senza? Questo non si sa ancora. In ogni caso Brunetta fa sapere che se si tratta di votare la fiducia non ci sarà problema: il Pdl voterà la fiducia. Il centro-destra, infatti, sostiene questa tesi bizantina: anche se tutti i 196 parlamentari del centro-destra (che hanno consegnato - tranne tre - le loro lettere di dimissioni ai capigruppo) si dimetteranno, i ministri del centro-destra resteranno al loro posto, e il governo, secondo loro, pure. Una tesi difficile da sostenere, francamente, e non condivisa, per esempio, da Maroni, il quale dice che Letta, saputa la storia delle dimissioni in blocco, dovrebbe abbandonare la partita essendo chiaro che il gesto di rinunciare al seggio da parte dei 196 o 193 va letto come un’implicita dichiarazione di sfiducia.
• Siamo arrivati a sera.
Sono le sette e mezza di sera e comincia un consiglio dei ministri che dovrebbe varare il decreto legge col quale si rinvia l’aumento di un punto dell’Iva al prossimo 1° gennaio. Ma non se ne parla. il presidente del Consiglio, mentre incassa la solidarietà piena dei ministri di Scelta civica o indipendenti (Mauro, Cancellieri, D’Alia e Moavero) deve guardarsi negli occhi con i cinque ministri del Pdl. I quali adesso vogliono che il governo inserisca nel suo programma la riforma della giustizia alla Berlusconi, e cioè separazione delle carriere, due Csm e quant’altro. Il decreto sull’Iva salta. Bisogna che prima ci sia il chiarimento politico. Il che significa che questo chiarimento deve avvenire entro lunedì a mezzanotte, perché a mezzanotte e un minuto, da legge, l’Iva passa dal 21 al 22%.
• Che cosa aveva in mente il governo per far slittare l’Iva? Dove trovava i soldi?
Aumento di due centesimi della benzina. Incremento delle anticipazioni Ires e Irap.
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